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“Il metodo della sedia del pensiero è sbagliato e non ha nulla di montessoriano”: il pedagogista

La sedia del pensiero prevede che un bimbo che ha sbagliato, venga messo da solo su una sedia a riflettere, lontano dai compagni di classe. Il pedagogista Luca Frusciello ha spiegato a Fanpage.it, perché non esista nulla di più sbagliato.
Intervista a dott. Luca Frusciello
Pedagogista
A cura di Sophia Crotti
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sedia del pensiero
Immagine di repertorio

È della scorsa settimana la notizia della condanna ricevuta da una maestra d’asilo che nel 2017 sottopose una sua alunna ad un metodo definito montessoriano, quello della “sedia del pensiero”, ritenuto dai giudici “un abuso di mezzi di correzione”.

Il pedagogista Luca Frusciello ha spiegato a Fanpage.it di che metodo si tratta e perché può o non può essere considerato un metodo educativo efficace.

Luca Frusciello
dott. Luca Frusciello (pedagogista)

Il metodo della sedia del pensiero: “Non ha nulla di montessoriano”

Nel 2017 una bimba di 2 anni e mezzo venne sottoposta in classe, dalla sua maestra, al metodo della sedia del pensiero. In breve la piccola è stata isolata dai suoi compagni di classe a causa dei suoi comportamenti, dalla docente, e posta a riflettere, da sola su una sedia, posizionata lontano da tutti. Simile al tanto contestato metodo del time-out, questo isolamento permetterebbe al bimbo di stare in un ambiente privo di stimoli, calmarsi e nella solitudine capire di aver sbagliato.

Il pedagogista Luca Frusciello critica innanzitutto il nome di tale tecnica: “Quando parliamo di metodo intendiamo una serie di interventi, intenzioni e processi codificati, e per tanto ripetibili, che vanno verso un fine da raggiungere. Per utilizzare questo termine dovremmo assicurarci che il metodo abbia sempre funzionato, che sia rigoroso, non basta utilizzarlo e poi applicarci vicino il nome di Maria Montessori”. Secondo l’esperto, infatti, nonostante sia stato definito un metodo montessoriano, quello della sedia del pensiero non sarebbe un metodo e non avrebbe nulla a che fare con la grande pensatrice, troppo spesso utilizzata per validare anche ciò che è educativamente riprovevole.

Le intenzioni dell’insegnante: “A due anni e mezzo chi è capace di riflettere sui propri errori?”

Secondo il pedagogista Luca Frusciello, il metodo della sedia del pensiero, dovrebbe essere definito più una scelta: “È stato un intervento, messo in atto dall’insegnante, che ha probabilmente pensato che grazie a questa scelta la bimba, da sola sulla sedia, si sarebbe trovata costretta a riflettere sulle sue azioni e avrebbe capito che quello altro non era se non l’effetto delle sue azioni, che ne erano invece la causa”. Tuttavia, secondo il pedagogista è improbabile che una bimba così piccola, di due anni e mezzo, possa comprendere, messa da sola e in silenzio, i suoi errori.

“Per spiegare alla piccola che ogni azione ha una reazione, sarebbe stato necessario prenderla da parte e verbalizzare questo concetto con lei, ancora troppo piccola e senza le strutture astratte necessarie per metterselo in parole da sola”.

Secondo l’esperto la bimba avrebbe avuto bisogno di un contenitore emotivo, l’insegnante invece le ha dato un contenitore fisico, quella sedia lontana da tutti, per arginare i comportamenti che secondo lei non funzionavano. La conseguenza per la piccola è stata dunque tremenda: “La bimba, così piccola, a prescindere dalle intenzioni dell’insegnante, ha registrato solo la squalifica, senza riuscire a darle significato. Avrà solo pensato che a lei era toccata quella sedia su cui stare da sola, mentre ai suoi compagni no, e in questo pensiero non c’è nulla di educativo”.

A prescindere dall’età della piccola, secondo Frusciello sarebbe meglio non applicare mai la sedia del pensiero e non fare l’errore di ritenerlo un metodo educativo, il rischio è quello di eccedere nella punizione, senza che i bimbi imparino nulla, se non la vergogna e la sofferenza che provoca il sentirsi esclusi dal contesto classe. 

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