Il grembiule verde a scuola piace ai pedagogisti: “Aiuta a fare gruppo e combatte la solitudine”
La notizia che ha visto l'introduzione da parte di alcune scuole del Salento di un unico grembiule di colore verde per non fare distinzioni tra maschi e femmine, non ha mancato di sollevare alcuni dubbi sull'effettiva utilità dell'iniziativa.
Se infatti l'utilizzo del grembiule a scuola è già da anni oggetto di discussione tra coloro lo ritengono uno strumento d'uguaglianza e chi invece lo vede come un freno alla libertà individuale, l'adozione di un unico colore "più inclusivo" ha espresso qualche perplessità sulla sua effettiva utilità, per non parlare dei tanti detrattori che hanno visto nella proposta la longa manus della sempre odiata (ma mai dimostrata) teoria del gender.
Per Paola Daniela Virgilio, vicepresidente dell'Associazione Nazionale Pedagogisti e docente a contratto presso l'Università degli Studi di Palermo, il grembiule verde rappresenta però una novità positiva, molto utile per la vita degli studenti nei primi anni di scuola.
"I bambini non sono né rosa, né celeste. La differenza di genere la suggeriamo noi adulti e questo talvolta comporta un'imposizione su chi invece non rientra nei binari che potremmo definire tradizionali" spiega Virgilio, che oltre agli impegni accademici si occupa anche di valutazioni e dispersione scolastica per l'Ufficio scolastico regionale per la Sicilia.
"Ci sono ragazzi e ragazze che si sentono in difficoltà quando devono utilizzare i servizi igienici perché non sanno quale bagno usare senza sentirsi in imbarazzo. Scegliere un unico colore più inclusivo per tutti la trovo dunque una scelta saggia e rispettosa".
In che modo un semplice colore può fare la differenza nel ridurre differenze e stereotipi?
Faccio un esempio: seguo una giovane che sin da quando aveva tre o quattro anni veniva vestita dalla madre con vestitini rosa e ogni volta per lei era una sofferenza, poiché non si sentiva a proprio agio con questi indumenti. Simili disagi – che per noi genitori possono sembrare stupidi o banali – poi si trascinano per anni e con l'adolescenza possono trasformarsi in veri e propri complessi. E a differenza di quello che molti pensano, questo non è un problema di pochi, ma di tanti.
Lei è favorevole ai grembiuli a scuola?
Assolutamente, anzi, per me dovrebbero portarlo anche dopo la scuola dell’infanzia e le elementari. A mio parere stimola il senso di appartenenza e copre un abbigliamento griffato che, oltre ad essere talvolta poco idoneo, può evidenziare differenze di status socio-economico tra gli alunni. Personalmente ho utilizzato il grembiule anche da studentessa ai licei magistrali e mi ha lasciato un notevole senso delle istituzioni e del rispetto delle regole, anche quelle che non vedevamo l'ora di trasgredire: sotto quell'uniforme noi ragazze portavamo le minigonne più vertiginose, ma le sfoggiavamo solo all'uscita da scuola.
Non c’è il rischio di svilire l’individualità dei ragazzi, uniformata da una divisa monocolore?
Innanzitutto il grembiule non è una divisa. La divisa la vestono militari, il grembiule i pittori. Già fare questa distinzione aiuta a non partire già con un’accezione negativa. Detto questo, oggigiorno l'uniforme scolastica può davvero aiutare a rafforzare un senso di collettività in una società dove l'Io è molto, forse troppo, spiccato. E l'eccesso di simili individualismi spesso porta alla solitudine, una situazione che la scuola deve combattere con forza.
Il grembiule aiuta a ridurre la solitudine?
Può aiutare a fornire un piccolo punto di riferimento ed educare al gruppo. Il grembiule fa sentire i bambini parte di qualcosa ed evita distinzioni per l'abbigliamento e, in caso del colore verde, il genere. Non solo: il grembiule attenua anche le posture, intese sia come pose che come atteggiamenti. Un bullo che vuole intimidire anche attraverso un abbigliamento più aggressivo o costoso si trova con uno strumento di prevaricazione in meno e il suo atteggiamento viene depotenziato. Almeno alla vista, rimane uguale a tutti gli altri.