Il congedo di paternità più lungo favorisce la collaborazione tra genitori: lo rivela uno studio

Quando una coppia accoglie l'arrivo di un figlio, la distribuzione delle responsabilità genitoriali diventa un aspetto centrale nella quotidianità della famiglia, influenzando il benessere di entrambi i partner e la stessa crescita del neonato. La conferma arriva da un recente studio americano che ha messo in luce i vantaggi di un congedo di paternità più lungo.
Stando ai risultati ottenuti, infatti, i padri che usufruiscono di un continuativo periodo di astensione dal lavoro per dedicarsi al bebè, non solo riescono a creare un legame più forte con il figlio, ma innescano inconsapevolmente una dinamica secondaria che va a modificare la percezione e l'atteggiamento delle madri nei confronti del ruolo paterno.
Un'osservazione cominciata nel pancione
Lo studio, pubblicato sulla rivista Sex Roles, si è basato sui dati raccolti dal New Parents Project, un'indagine di lungo termine condotta su 182 coppie, prevalentemente sposate, di origine caucasica e con un elevato livello di istruzione e status socioeconomico. I partecipanti sono stati monitorati in quattro momenti chiave: durante il terzo trimestre di gravidanza e quando il bambino aveva tre, sei e nove mesi. Quando il neonato ha raggiunto i nove mesi, i ricercatori hanno analizzato il fenomeno del maternal gatekeeping, ossia le modalità secondo le quali la madre incoraggia o ostacola il coinvolgimento del padre nella cura del figlio.
I dati hanno così mostrato che un congedo di paternità più lungo riduce le azioni di chiusura materna (gateclosing), ovvero comportamenti che scoraggiano il padre, come critiche o limitazioni nell’interazione con il bambino. Tuttavia, non è stato osservato un aumento significativo dei comportamenti di apertura (gateopening), come la richiesta di opinioni paterne sulle cure infantili.
Un segnale di coinvolgimento paterno
Secondo i ricercatori dell’Ohio State University, le madri tendono a scoraggiare meno il coinvolgimento dei padri nella cura dei figli quando questi usufruiscono di un congedo di paternità più lungo. Ciò avverrebbe perché – suggeriscono i ricercatori – il tempo dedicato dai padri nei primi mesi di vita del bambino viene percepito come un segnale concreto di impegno nella vita di famiglia e nella crescita dei figli.

"Quando i padri prendono un congedo prolungato, le madri possono interpretarli come più interessati a partecipare attivamente alla cura del bambino e sono meno inclini a ostacolarne il coinvolgimento", ha spiegato Reed Donithen, una delle firme principali dello studio.
Una nuova percezione dei ruoli in famiglia
Oltre a ridurre le resistenze materne, il congedo di paternità più lungo sembra influenzare il modo in cui le madri vedono il ruolo del padre nell’accudimento del bambino. La professoressa Sarah Schoppe-Sullivan, coautrice dello studio, ha evidenziato che un maggiore tempo di congedo aiuta le madri a rivedere i propri standard e aspettative nei confronti della figura paterna. Tale atteggiamento porta le madri a essere meno dipendenti dai giudizi esterni sulle loro competenze genitoriali e a mostrarsi più propense a riconoscere il contributo del partner.
Verso un equilibrio più equo
I risultati dello studio suggeriscono dunque che una maggiore partecipazione dei padri fin dai primi mesi di vita del bambino potrebbe favorire un cambiamento positivo nei modelli tradizionali di suddivisione dei ruoli genitoriali. Donithen ha sottolineato che, nonostante le madri possano continuare a sentirsi il genitore di riferimento, il congedo prolungato sembra aiutare i padri a ottenere un ruolo più attivo nella cura del bambino (senza necessitare di un ulteriore incoraggiamento materno) e contrastare una divisione diseguale dei compiti di cura che ancora oggi caratterizza gran parte delle dinamiche familiari, anche all'interno dei contesti più emancipati.