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Il batterio ‘buono’ in gravidanza: scoperto un nuovo fattore che favorirebbe lo sviluppo cerebrale del feto

Secondo una nuova ricerca dell’Università di Cambridge, il batterio intestinale “Bifidobacterium breve” potrebbe giocare un ruolo rilevante nella crescita cerebrale del feto: “Integrando questi microrganismi nel corpo della madre potremmo migliorare la crescita e lo sviluppo del suo bambino”
A cura di Niccolò De Rosa
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Microbioma in gravidanza

Un recente studio condotto su topi ha rivelato che il batterio Bifidobacterium breve, se presente nell'intestino della madre durante la gravidanza, può favorire lo sviluppo sano del cervello nel feto.

Una scoperta che, se confermata anche per gli esseri umani, potrebbe aprire nuove prospettive sul ruolo del microbioma intestinale materno nei confronti dela crescita del nascituro, suggerendo potenziali terapie per prevenire anomalie nello sviluppo fetale.

Lo studio

Lo studio, pubblicato sulla rivista Molecular Metabolism ad opera di un team dell'Università di Cambridge, ha confrontato lo sviluppo cerebrale dei feti di topi le cui madri erano prive di batteri nell'intestino con quello dei feti portati "in grembo" da madri alle quali era stato invece somministrato il Bifidobacterium breve – un batterio "buono" che si trova naturalmente nel nostro intestino ed è disponibile anche come integratore in bevande probiotiche e compresse durante la gravidanza.

Queste madri incluse nel secondo gruppo erano prive di altri batteri intestinali in modo da permettere ai ricercatori di isolare gli effetti specifici del Bifidobacterium breve, che era oggetto dell'indagine.

I risultati hanno mostrato un rilevante aumento nel trasporto di nutrienti al cervello dei feti delle madri trattate con il batterio, accompagnato da miglioramenti anche in diversi processi cellulari legati alla crescita. In altre parole, quando il batterio intestinale proliferava nel ventre delle topoline, i loro cuccioli sembravano crescere più sani e intelligenti rispetto agli altri.

Un nuovo alleato per la salute dei bambini?

La ricerca nasce dalla crescente consapevolezza che fattori come l'obesità o lo stress cronico possono alterare il microbioma intestinale delle donne in gravidanza, con conseguenze negative sullo sviluppo fetale. Fino al 10% dei neonati primogeniti oggi nasce con un peso inferiore alla norma o con restrizioni nella crescita fetale, aumentando il rischio di condizioni come la paralisi cerebrale infantile e disturbi come ansia, depressione, autismo e schizofrenia in età adulta.

Le informazioni ottenute suggeriscono pertanto che integrare la dieta materna con Bifidobacterium breve durante la gravidanza potrebbe sostenere lo sviluppo di un bambino sano, migliorando in particolare il metabolismo cerebrale fetale.

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"Fornendo ‘batteri buoni' alla madre potremmo migliorare la crescita e lo sviluppo del suo bambino durante la gravidanza" ha affermato Jorge Lopez-Tello, ricercatore presso il Centre for Trophoblast Research dell'Università di Cambridge e tra le firme principali dello studio.

Secondo Tello, il filone inaugurato all'interno di un bacino di studi ancora poco battuto potrebbe indicare una futura direzione per il trattamento delle restrizioni nella crescita fetale, concentrandosi sull'alterazione del microbioma intestinale materno attraverso probiotici, anziché ricorrere a trattamenti farmaceutici che potrebbero avere effetti collaterali indesiderati.

La professoressa Amanda Sferruzzi-Perri, anch'essa del Centre for Trophoblast Research di Cambridge e co-autrice del documento, ha invece sottolineato come la progettazione delle terapie per le restrizioni della crescita fetale si sia storicamente concentrata sul miglioramento del flusso sanguigno materno, mentre il lavoro appena presentato suggerirebbe la necessità di concentrarsi maggiormente sulla salute intestinale materna.

È noto infatti che un intestino sano, caratterizzato dalla presenza di specifici microbi, aiuta l'organismo ad assorbire nutrienti e a proteggersi dalle infezioni e dalle malattie.

I limiti e le prospettive future

Il modello di studio basato sui topi ha permesso ai ricercatori di valutare gli effetti del Bifidobacterium breve in un ambiente controllato, impossibile da replicare negli esseri umani, consentendo il controllo preciso della genetica, degli altri microrganismi e dell'ambiente. I ricercatori credono comunque che gli effetti misurati nei topi possano essere simili negli esseri umani.

Il prossimo passo sarà quello monitorare lo sviluppo cerebrale dei neonati dopo la nascita e comprendere come il Bifidobacterium breve interagisca con gli altri batteri intestinali presenti in situazioni naturali.

Precedenti ricerche dello stesso team avevano già dimostrato come trattare i topi in gravidanza con Bifidobacterium breve migliorasse la struttura e la funzione della placenta, facilitando una migliore fornitura di glucosio e altri nutrienti al feto e favorendo la sua crescita, tuttavia questa ricerca potrebbe gettare le basi per futuri studi clinici che esploreranno il ruolo critico del microbioma materno nel supportare lo sviluppo sano del cervello prima della nascita.

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