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“I miei compagni di classe non sanno cosa significa fare un’interrogazione da balbuziente”: la storia di Andrew

Andrew ha raccontato cosa significa essere balbuzienti in una classe piena di coetanei che sembrano bravissimi a leggere e a ripetere le materie imparate nelle interrogazioni.
A cura di Sophia Crotti
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bimbo balbetta

Andrew è un ragazzo che ha raccontato alle pagine del Washington Post di quanto una sua peculiarità sia neurologica che genetica, infatti nel suo caso ereditaria, lo metta a disagio quando si trova a parlare davanti ai coetanei. “Io penso che i miei coetanei non mi capiscano davvero anche chi mi dice che non sono solo o chi mi dice che non devo preoccuparmi non sa davvero cosa mi succede quando inizio a balbettare ha raccontato il ragazzo alla testata.

Parlare in classe davanti a tutti

Il ragazzo ha raccontato una situazione tipo, che gli capita spesso mentre è in classe con i coetanei, una semplice interrogazione. Ha scelto di portare alle pagine del Washington Post un episodio che avviene in un ambiente a lui familiare, per far capire che la balbuzie in adolescenza e nella vita, è molto più che qualcosa che notano solo gli altri. “È l’ora di storia, sono pronto, ho studiato, conosco bene la materia ma sono molto agitato per l’interrogazione, sono in terza media, tutti mi conoscono, sanno che balbetto ma questo non rende più facile la mia situazione”.

Il ragazzo spiega che tutti si fanno silenziosi non appena lui inizia a formulare la frase a fatica e si ritrova così con 20 occhi puntati addosso, questo provoca in lui sensazioni fisiche che descrive nel dettaglio: un nodo alla gola, un forte calore al petto e il battito velocissimo. “È inutile cercare di concentrarmi su ciò che conosco, su ciò che cerco di dire, la mia mente vaga e continua a ripetermi che devo vergognarmi di me e della mia balbuzie e quello che dovrebbe essere un minuti ci mette un’eternità a passare” spiega.

bimbo si vergogna

Andrew racconta che nessuno si renda davvero conto, a meno che non sia balbuziente, di quanto coraggio e fatica ci vogliano a parlare davanti a tutti, l’idea di combattere questa battaglia da solo, infatti, lo avvilisce e fa soffrire molto.

Il percorso con il logopedista e la rinascita

Andrew è stato iscritto dai sui genitori ad un programma di logopedia presso il Boston's Emerson College, in modo che potesse confrontarsi e lavorare sulle lacune del linguaggio risolvibili. “C’era un’attività che dovevo fare ogni settimana e mi metteva estremamente in imbarazzo, raggiungere il parco vicino alla scuola e intervistare dei passanti presentandomi e facendo loro domande sulla balbuzie” ha raccontato.

Ancora una volta il ragazzo prima di parlare pensava a tutto quello che le persone avrebbero potuto dire faticando a formulare le domande del quiz: “Mentre con disciplina e impegno reimparavo a parlare, la paura mi accompagnava senza scomparire mai completamente”. 

Ma la paura non è il solo sentimento che accompagna Andrew, lo pervadevano anche ansia e un forte risentimento nei confronti dei suoi compagni di classe.

Una volta, racconta di aver letto ad alta voce in classe, si sentiva sicuro, era il paragrafo più corto e iniziava con un suono per lui facile da pronunciare, fino a che non si è imbattuto nella parola Massachusetts, per lui davvero difficoltosa a causa delle tante “s”.

Ho cercato di leggerla, mi sono fermato e ho ricominciato da capo ma niente, mi sembrava fossero trascorse delle ore, invece probabilmente era una situazione di pochi secondi ma un mio compagno mi ha suggerito la parola, facendomi sentire tremendamente sbagliato”.

Andrew racconta che in quell’istante tutte le sue ansie si sono concretizzate e ha iniziato a pensare che per il coetaneo probabilmente lui era uno stupido, incapace di leggere una parola semplice, solo dopo ha compreso che il suo compagno stava semplicemente cercando di aiutarlo.

Comprendere quelle forme di aiuto, accettare la balbuzie come parte integrante della sua persona, ascoltare con le sue orecchie i suoi progressi nel parlare grazie alle registrazioni che la logopedista le aveva fatto all’inizio del suo percorso presso il centro, sono stati elementi fondamentali per imparare a stare bene. “Oggi so che i miei amici e la mia famiglia vedono la mia balbuzie come una parte di me e non mi valutano per questa, è stato ed è un percorso lungo ma voglio che tutti sappiano che si può percorrere e si può stare bene”.

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