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I bambini di Arezzo si trasformano in “eroi veloci” per salvare i loro nonni da un ictus

I bambini aretini diventano degli eroi, imparando sui banchi e insieme ai loro nonni come poter riconoscere i sintomi di un ictus e intervenire salvando loro la vita.
Intervista a dottor Simone Nocentini
Direttore dell'area dipartimentale 118 della Asl Toscana Sud Est
A cura di Sophia Crotti
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nonno si sente male

Gli eroi, a volte, oltre a non indossare maschere, non hanno neanche 10 anni e sono bambini che con gesti semplici, imparati a scuola, possono salvare la vita delle persone a cui vogliono bene.

Succede ad Arezzo, ma presto in tutta la Toscana, dove i bambini di terza, quarta e quinta elementare grazie al progetto "Fast Heroes", che in Italia è portato avanti da Alice Italia, imparano ad essere Eroi Veloci in grado di riconoscere precocemente i segnali di un ictus nei loro nonni e l'importanza di intervenire chiamando tempestivamente il 112.

Ne ha parlato a Fanpage.it Simone Nocentini, il direttore dell'area dipartimentale 118 della Asl Toscana Sud Est, che ha raccontato di come la stretta collaborazione con l'Associazione Angels abbia portato la sanità Toscana e gli insegnanti ad aderire al progetto. "I bimbi trascorrono interi pomeriggi con i nonni, sono loro i migliori osservatori dei potenziali sintomi di un ictus, in grado di intervenire o di sensibilizzare i nonni sul tema". 

Dottor Simone Nocentini (direttore dell'area dipartimentale 118 della Asl Toscana Sud Est)
Dottor Simone Nocentini (direttore dell'area dipartimentale 118 della Asl Toscana Sud Est)

Eroi veloci è così che si possono definire i bambini che tempestivamente soccorrono i nonni?

Sì certo, ma la parola fast non indica solo la rapidità, è infatti un acronimo che viene insegnato ai piccoli per identificare precocemente i segnali che indicano che il nonno potrebbe aver bisogno del loro aiuto. L'ictus, infatti è una patologia frequente con esiti potenzialmente devastanti se non mortali per chi lo vive. F sta per face e indica la paresi facciale tipica dell’ictus, quell’espressione che in gergo definiamo “bocca storta”; A sta per "arms", braccia, che un nonno che sta avendo un ictus non riesce a tenere sollevate o nelle quali sembra non aver la forza necessaria per alzare degli oggetti. S sta per "speech" e indica le difficoltà del linguaggio, quel farfugliare che un nonno con un ictus potrebbe iniziare a mettere in atto, e in ultimo T, che sta per Time, i bimbi così imparano che devono, appena riconosciuto uno dei segnali chiamare il 112. 

In che senso i bambini sono piccoli eroi per i loro nonni?

I bimbi se intervengono rapidamente possono davvero essere degli eroi per i loro nonni, dal momento che nella maggior parte dei casi trascorrono interi pomeriggi con loro a casa, sono gli osservatori speciali dei cambiamenti nella salute dei loro nonni e possono riconoscere precocemente in loro i segnali di un ictus. Ma non solo, se i bimbi, per esempio, svolgono insieme ai nonni i compiti proprio legati a questo progetto, sensibilizzano i nonni stessi a riconoscere su di loro o sul partner i sintomi dell’ictus.

Ai bimbi di quale età è rivolto il progetto?

Noi come sistema emergenza-urgenza collaboriamo con l’ufficio scuola provinciale di Arezzo, ma in un prossimo futuro anche con Siena e Grosseto, per tanto i bambini aretini di terza, quarta e quinta elementare ricevono le nozioni legate a questo progetto. Ovviamente noi ci occupiamo di educare gli insegnanti a riguardo, che poi intervengono con lezioni specifiche in classe. Ai bambini lasciamo però un quaderno con il quale possono, insieme ai nonni, studiare i sintomi dell’ictus, attraverso a degli schemi da riempire ed esercizi da fare.

bimbi aretini e nonni

Cosa apprendono bambini e nonni riguardo all’ictus grazie alle vostre lezioni?

I bambini imparano insieme ai nonni a riconoscere precocemente i sintomi dell’ictus e poi, direi soprattutto, l’importanza di allertare immediatamente i soccorsi digitando l’112. L’idea ci é venuta infatti, proprio perché nel nostro sistema di emergenza nel quasi 40% dei casi non è possibile intervenire con i trattamenti tempo-dipendenti, necessari per patologie potenzialmente curabili come l’ictus, che non danno per forza esiti invalidanti, se si riesce a intervenire in tempo.

Questo progetto aiuta i bambini a superare la paura dell’ospedalizzazione e dell’ospedale?

Sì e insieme ai progetti svolti riguardo alla defibrillazione nella provincia di Arezzo, crea in loro la cultura dell’aiuto, fin da piccoli imparano che davanti ai momenti brutti della vita non va tirato fuori il cellulare per fare un filmato ma tirarlo fuori per chiamare i soccorsi e chiedere aiuto. Dà loro delle priorità quando si parla di salute e insegna a capire che se si digita il 112 si trova dall’altra parte della cornetta qualcuno disponibile ad aiutarli e guidarli per fare la differenza.

I bambini entrando a contatto con la possibilità che i nonni possano stare male o addirittura venire a mancare riescono a non spaventarsi e a rimanere lucidi?

Il concetto è quello secondo il quale il bambino vede a scuola la maestra e non siamo noi che andiamo a fare formazione nelle scuole ma educhiamo le insegnanti sull’argomento e loro con i modi educativi che conoscono e consapevoli delle caratteristiche dei bambini, sono in grado di portare avanti il progetto. Questo è importante perché i bambini seguono in maniera pedissequa gli insegnamenti delle persone che per loro sono importanti come i maestri o gli allenatori, senza spaventarsi e comprendono quanto possono essere essenziali per i loro nonni.

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