I bambini con un alto QI ricevono diagnosi di ADHD più tardive: lo studio e perché può essere un problema
Un recente studio condotto da un team di ricercatori delle Università di Western Ontario e Queen's in Canada ha messo in luce alcuni fattori significativi che influenzano l'età alla quale viene diagnosticato il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD). Tra questi, i ricercatori hanno rimarcato il ruolo del quoziente intellettivo (QI), il dato più comune per misurare le capacità cognitive di una persona, che però, se più alto della media, potrebbe "nascondere" i segnali più tipici del disturbo, ritardandone la diagnosi.
L'indagine ha coinvolto 568 giovani, sia maschi che femmine, tra i 4 e i 22 anni già diagnosticati con ADHD, e ha esaminato anche altri elementi come il genere e lo status socioeconomico.
L'intelligenza può "oscurare" l'ADHD
I risultati dello studio hanno evidenziato come un QI più alto sia collegato a diagnosi più tardive del disturbo da deficit di attenzione e iperattività. Ciò accadrebbe perché l'efficienza delle funzione cognitive nei bambini con alto QI tenderebbe a smorzare gli effetti più "visibili" dell'ADHD, molto spesso associato a comportamenti impulsivi e/o aggresivi, basse prestazioni scolastiche e una certa difficoltà nel rapporto con gli altri, soprattutto le figure investite di una qualche autorità, come gli insegnanti o gli stessi genitori. Un bambino che va bene a scuola e non dimostra particolari comportamenti disfunzionali, infatti, difficilmente viene sospettato di ADHD.
I ricercatori hanno però sottolineato altri elementi che, statisticamente, riducono le probabilità di una diagnosi precoce: oltre al livello di intelligenza, anche un elevato status socioeconomico e l'etnia della madre (non bianca) possono ritardare la diagnosi. Questo suggerisce che i bambini provenienti da contesti più privilegiati o con madri di etnia non bianca potrebbero ricevere una diagnosi di ADHD più tardi rispetto a quanto sarebbe opportuno.
Sintomi esternalizzati e diagnosi precoce
Nella loro pubblicazione, i ricercatori hanno sottolineato come la presenza di sintomi di iperattività e impulsività porti, di norma, a diagnosi più tempestive, sia nei maschi che nelle femmine. La ricerca ha poi sfatato l'ipotesi iniziale che un QI più elevato influisse maggiormente sull'età di diagnosi delle bambine rispetto ai bambini. I dati mostrano infatti che l'effetto del QI è simile per entrambi i sessi,.
L'importanza di una diagnosi precoce
Il disturbo da deficit di attenzione e iperattività può influenzare in modo significativo lo sviluppo e l'apprendimento dei bambini, rendendo fondamentale una diagnosi precoce. Una diagnosi tardiva, o addirittura l'assenza di una diagnosi, può portare a difficoltà comportamentali e a una scarsa performance scolastica sul lungo periodo, elementi che potrebbero non solo ostacolare la carriera e le scelte per il futuro di un ragazzo o di una ragazza, ma può anche danneggiarne la vita sociale e i rapporto con le altre persone. Questo è uno dei motivi per cui la ricerca ha voluto esaminare in modo dettagliato la correlazione tra QI, genere e diagnosi. I risultati indicano che, sebbene le bambine tendano a ricevere una diagnosi più tardi, la questione del QI elevato influisce su entrambi i sessi in maniera simile.
Lo studio offre nuove prospettive per genitori e professionisti della salute, mettendo in guardia su come i bambini percepiti come più intelligenti o che riescono a nascondere meglio i loro sintomi possano essere trascurati. Alcuni dei segnali più sottili dell'ADHD potrebbero infatti passare inosservati, specialmente in bambini che appaiono dotati dal punto di vista accademico. A rendere la situazione ancora più complessa, vi è la possibilità che il disturbo venga confuso con altre condizioni, complicando ulteriormente una diagnosi corretta.
I ricercatori hanno quindi sottolineato l'importanza di considerare le differenze individuali e i fattori demografici nella diagnosi dell'ADHD. Questi elementi, spiegano, potrebbero anche ostacolare alcuni individui nel cercare aiuto e una diagnosi ufficiale. Per affrontare questo problema, il team di studio auspica che studi futuri includano persone non ancora diagnosticate, per garantire che anche le bambine e i ragazzi con sintomi meno evidenti vengano considerati.