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I bambini autistici percepiscono i volti delle persone in modo diverso: “Gli occhi sono la finestra del cervello”

Il ricercatore Jason Griffin ha recentemente condotto uno studio che, attraverso il tracciamento dei movimenti degli occhi, potrebbe aiutare i bambini con autismo a migliorare la propria comprensione delle espressioni facciali: “Bisogna portare il disturbo fuori dai laboratori, nella vita reale”.
A cura di Niccolò De Rosa
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Un nuovo studio condotto dall'Università di Houston ha gettato luce su come i bambini con disturbo dello spettro autistico percepiscono e processano i volti in modo diverso rispetto ai coetanei neurotipici. Analizzando i movimenti oculari di quasi 400 bambini, di cui 280 con autismo, i ricercatori hanno scoperto che i piccoli con disturbo autistico tendono ad avere un approccio "esplorativo" verso i volti, soffermandosi su aree meno rilevanti dal punto di vista sociale.

Movimenti oculari: una finestra sulla socialità

Lo studio, guidato dallo psicologo Jason Griffin e pubblicato su Biological Psychiatry, si è focalizzato sui modelli di movimento oculare durante la percezione di "immagini sociali" (ossia ritraenti espressioni, volti e atteggiamenti d'interazione sociale). I bambini neurotipici, infatti, tendono a fissare subito gli occhi e altre regioni significative del viso, un comportamento che supporta la comunicazione sociale. Al contrario, i bambini con autismo esplorano il volto in modo più ampio, soffermandosi anche su zone prive di segnali sociali evidenti.

Secondo Griffin, questa caratteristica potrebbe riflettere una sensibilità visiva ridotta alle informazioni facciali nei primi momenti di elaborazione visiva, elemento chiave per comprendere le differenze sociali tipiche del disturbo dello spettro autistico.

Un approccio innovativo alla ricerca

Jason Griffin, già noto per i suoi contributi nella comprensione dell'autismo, ha sviluppato tecniche analitiche innovative per studiare i movimenti oculari. La sua ricerca si inserisce in un filone che mira a migliorare la capacità dei bambini autistici di riconoscere volti e interagire con il prossimo, rafforzandone così le competenze sociali.

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In passato, Griffin ha anche contribuito alla creazione di un videogioco educativo per adolescenti autistici, progettato per modificare i loro movimenti oculari e migliorare la percezione delle espressioni facciali. Questo progetto, nato anche dalla sua esperienza personale con un fratello autistico, rappresenta un esempio concreto di come la ricerca possa tradursi in interventi pratici.

L'ispirazione personale di Griffin

Come raccontato dallo stesso Griffin in un articolo comparso lo scorso novembre sulla rivista Science, l'interesse dello scienziato per lo studio dell'autismo affonda le radici nella sua esperienza familiare. Cresciuto con un fratello con disturbo dello spettro autistico, Griffin ha spiegato come il loro legame abbia influenzato la sua carriera. "Mio fratello non parlava molto né faceva contatto visivo, ma eravamo migliori amici – ha dichiarato – Questa relazione ha alimentato il mio impegno per comprendere meglio l’autismo e trovare modi per aiutare chi vive con questa condizione".

Dalla teoria alla pratica: l’autismo nel mondo reale

Oltre ai test di laboratorio, Griffin sta esplorando modi per applicare le sue scoperte alla vita quotidiana. Grazie a nuovi finanziamenti della Autism Science Foundation, il suo team sta utilizzando tecnologie mobili di tracciamento oculare per analizzare il comportamento dei bambini autistici in contesti reali, come le conversazioni faccia a faccia.

Griffin ha sottolineato l'importanza di portare la scienza "fuori dal laboratorio", studiando come i processi sociali si manifestino nella quotidianità. Dopotutto, ha sottolineato il ricercatore, è nel mondo reale che le persone vivono e interagiscono, ed è proprio lì che occorre lavorare per ottenere un impatto positivo sulla qualità della vita di tantissime persone.

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