I 6 consigli della prof per affrontare il primo giorno di superiori: “Non preoccupatevi della prima impressione”
Sta per suonare la prima campanella di molte scuole superiori, e a farsi largo saranno i primi nati della generazione alpha, classe 2010.
Le generazioni cambiano ma le paure, spesso, rimangono le stesse, che i ragazzi affrontano da soli nelle loro camerette, che raccontano agli amici o ai genitori e a volte anche agli insegnanti. Abbiamo chiesto a Ernestina Morello, docente di materie letterarie e latino presso l'istituto IIS Copernico-Luxemburg di Torino, che come già aveva raccontato a Fanpage.it, si batte per una scuola senza voti, quali consigli si sente di dare ai cosiddetti “primini”.
“Vorrei dire ai ragazzi che un docente che sembra scontroso e arrabbiato a volte ha solo paura, anche per lui è la prima volta, è il primo incontro con una nuova classe”
Non preoccupatevi troppo della prima impressione
Scegliere l’outfit per il primo giorno di scuola e selezionare accuratamente le parole da dire o non dire, per paura di fare fin da subito una cattiva impressione agli insegnanti o ai compagni, è uno dei terrori ricorrenti di chi si accinge a iniziare il nuovo percorso scolastico.
“Vorrei dire ai ragazzi che stanno per iniziare le superiori di non preoccuparsi della prima impressione, perché non è quella definitiva. Ogni volta che si presenteranno ad un nuovo compagno e ad un nuovo insegnante, che decideranno di intervenire o non intervenire di portare o no il loro parere in classe sarà sempre una nuova impressione, come è poi nella vita” ha detto a Fanpage.it Ernestina Morello.
Dietro ad un insegnante severo si nasconde molto di più
Alcuni studenti si preoccupano del fatto che cambiare istituto scolastico e grado di istruzione significhi trovarsi davanti insegnanti più pretenziosi e a volte crudeli, secondo la professoressa Morello, che si è trovata spesso davanti ad alunni nuovi e dagli occhi un po’ spaesati, questa paura è infondata.
"L'insegnante è un essere umano, può sembrare truce e severo quando in realtà ha le stesse paure dei suoi studenti, anche per lui è la prima volta che se li trova davanti”.
Se il percorso di studi non vi piace, si può cambiare
I ragazzi che iniziano le superiori hanno per la prima volta, da quando è iniziato il loro percorso scolastico, scelto l’indirizzo che sentivano più adatto a loro, ecco che quindi accettare di aver sbagliato può essere molto complesso. Secondo la docente Morello, in questo caso è fondamentale l’approccio dei genitori alla scelta: “Va ricordato ai ragazzi che a 14 anni sono davvero troppo piccoli, per fare una scelta pienamente consapevole e per forza corretta, infatti non è definitiva. Agli alunni deve essere chiaro che si può sempre cambiare strada in corso d’opera”.
La cosa fondamentale però è che i ragazzi si sentano supportati dai genitori, secondo l’insgenante, non forzatamente indirizzati verso quella che loro, spinti da pregiudizi su alcuni indirizzi scolastici, pensano sia meglio per i figli.
“I ragazzi, nella scelta, devono essere lasciati liberi di assecondare le proprie passioni, perseguendo la loro felicità, che comporta anche svincolarsi dalle aspettative genitoriali. Altrimenti il rischio è che, scelta una scuola che a loro non piace, spendano molte energie inutilmente, arrivando ad odiare la scuola. Chi odia la scuola, odia il sapere e questo è molto grave”.
Meglio non piacere ai compagni rimanendo se stessi
Una delle paure indissolubilmente legate ai cambiamenti è quella di non piacere o viceversa di non trovare piacevoli i nuovi compagni di classe. In realtà, anche queste sfide, contribuiscono a formare la personalità dei ragazzi, la professoressa Morello suggerisce di essere limpidi.
“La cosa importante è non mettersi una maschera nel tentativo di essere apprezzati per forza da compagni di classe che possono essere molto diversi dal ragazzo, perché è meglio generare sentimenti di antipatia con la propria personalità che con una personalità costruita e artefatta, di cui gli altri si accorgono”.
In secondo luogo la professoressa, convinta che sia molto complesso in una classe di 20 alunni, non trovare nemmeno un ragazzo affine, invita a superare un bias che spesso grandi e piccini hanno: “Si chiama bias alone e provoca una distorsione del giudizio che abbiamo degli altri, che finiamo per valutare negativamente quando magari di loro non ci piace un solo tratto della personalità, dovremmo tutti liberarci da questo enorme peso”.
Secondo la docente, poi, incontrare persone che non sempre apprezzano e accettano le personalità del singolo alunno è anche un insegnamento di vita per i ragazzi, la speranza è che se a non apprezzarli fossero i docenti, questi cerchino comunque di sorridere e non gravare eccessivamente su di loro a livello psicologico ed emotivo.
Il voto non rappresenta la persona e i rimproveri non vogliono ferirti
Per spiegare questo concetto ai ragazzi, secondo la prof. Ernestina Morello, è importante una stretta collaborazione tra docenti, genitori e alunni. Innanzitutto basta spiegare a parole e gesti ai ragazzi che i voti non sono tutto e non dicono nulla della loro persona: “Tra docenti e alunni deve instaurarsi un’alleanza educativa, che permetta loro non solo di trasmettere il sapere ma di farlo nel miglior modo per ciascun ragazzo”.
Al genitore, poi, secondo la professoressa spetta il ruolo forse più complesso: “C’è una tendenza a controllare il figlio, assicurandosi che tutto vada bene, che faccia i compiti, che prenda voti sufficienti, come fossero queste le cartine tornasole del suo benessere, invece con intelligenza emotiva dovrebbero comprendere se il modo in cui educano loro figlio lo rende felice e gli permette di svilupparsi a pieno”.
Spesso infatti, questa paura dei voti, secondo la docente deriva dal fatto che una volta che il ragazzo torna a casa e racconta dei suoi risultati o dei rimproveri collezionati, i genitori lo mettano un po’ in soggezione.
Gli alunni del quinto anno sono degli alleati
Un’altra paura che gli studenti potrebbero sviluppare è quella di essere i più piccoli, arrivando da una scuola in cui erano i più grandi e trovandosi davanti ragazzi e ragazze che nell’aspetto a 19 anni sembrano già adulti. La docente spiega che favorendo anche lezioni di cooperative learning, per le quali i ragazzi del primo e dell’ultimo anno si trovano insieme, può svilupparsi tra gli studenti una bella coesione e cooperazione.
“So che a 14 anni anche solo 5 anni in più sembrano tantissimi, ma bisogna guardare ai ragazzi del quinto anno come ad alunni che ce l’hanno fatta ad arrivare lì, che hanno affrontato delle difficoltà per le quali saranno disposti a dare il loro aiuto, come guide e non come idoli irraggiungibili”.