“Ho urlato contro mio figlio e non ne vado orgogliosa”: la confessione di una mamma per aiutare i genitori a combattere il senso di colpa
Essere genitori è una delle esperienze più gratificanti, ma anche più impegnative, soprattutto se si è scelto di mantenere uno stile parentale improntato sul dialogo, la comprensione e l’empatia. Lo sa bene Steph Claire Smith, mamma e influencer australiana che ha recentemente deciso di condividere sui social un episodio particolarmente intenso della sua vita familiare quando, dopo un momento di tensione, si è trovata a urlare contro il suo bimbo, contravvenendo a tutti i suoi principi educativi.
"Non ne vado orgogliosa", ha affermato la donna, spiegando di aver scelto di raccontare la propria esperienza per dimostrare a tutti gli altri genitori che anche chi sembra avere tutto sotto controllo può vivere momenti di fragilità.
Il racconto di una notte tormentata
Tutto è iniziato quando il figlio di Steph – Harvey, tre anni d'età – si è svegliato nel cuore della notte e si è presentato accanto al lettone dei genitori, chiedendo di unirsi a loro. Una richiesta apparentemente innocente, ma la madre, che l'indomani sarebbe tornata al lavoro dopo la lunga pausa che si era presa per affrontare la maternità, sapeva che il bimbo avrebbe finito per agitarsi e disturbare il riposo di tutti. Steph ha quindi proposto al piccolo di andare lei stessa a dormire nel letto di Harvey, rassicurandolo sul fatto che sarebbe rimasta lì tutta la notte.
A quel punto, nonostante le promesse e le parole di conforto della madre, il bambino ha iniziato a innervosirsi, spaventato all'idea che la sua mamma lo avrebbe lasciato da solo. "Si è trattato di una reazione esagerata, ma in quel momento eravamo entrambi completamente disregolati", ha spiegato Steph.
La situazione è però degenerata quando la donna, ormai esausta dalla lunga trattativa notturna e indispettita dalle richieste apparentemente illogiche del figlio, ha perso definitivamente la pazienza, arrivando a urlare in un modo che lei stessa ha definito "terrificante". Uno sfogo repentino e senza precedenti, che ha spaventato il piccolo Harvey e lasciato Steph piena di sensi di colpa.
La strada verso la riconciliazione
Grazie all’intervento del marito Josh, dopo qualche minuto la tensione ha iniziato ad allentarsi e il bimbo, ormai calmo, si è rifugiato in un lungo e caldo abbraccio con la sua mamma. Steph però era rimasta molto turbata dall'episodio e il mattino successivo ha deciso di affrontare la questione con suo figlio, cercando di riparare eventuali danni emotivi.
Condividendo questa esperienza, l’influencer che ha fatto della genitorialità gentile il perno dell'approccio materno mostrato a più riprese sui propri profili social, ha voluto lanciare un messaggio di solidarietà. "Voglio far sapere che non sempre riesco a gestire tutto al meglio. A volte perdo la pazienza anche io", ha scritto su Instagram.
Il "mum rage" e il peso delle aspettative sociali
Il termine "mum rage" – la "rabbia delle mamme" – è subito diventato un tema centrale nella discussione. Molte altre madri si sono identificate nel racconto di Steph, condividendo nei commenti le proprie esperienze simili. Molte utenti hanno infatti condiviso le proprie testimonianze ("Anche io ho urlato a mia figlia ieri sera"), sottolineando come la rabbia sia un sentimento umano e assolutamente normale per un genitore di un bambino piccolo.
La vicenda si è poi collegata a un altro recente dibattito che ha coinvolto Steph, criticata da alcuni genitori per aver indossato un bikini troppo provocante mentre giocava in piscina con il figlioletto. Per la donna, simili situazioni rappresentano l'esempio perfetto di come i genitori – e le madri in particolare – siano costantemente esposti al giudizio della società e "condannati" alla ricerca della perfezione per evitare critiche e commenti negativi sul proprio operato.
"La società impone troppe regole alle madri", ha dichiarato al sito australiano News.com, ricordando l'importanza di non farsi mai condizionare troppo dai pareri altrui: "Accetto che le persone abbiano il diritto di avere la propria opinione, ma ciò non significa che le opinioni debbano sempre essere condivise".