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“Ho abortito a 24 anni, non sono né un’assassina né una donna coraggiosa”: la storia di Sara, oggi mamma di due bimbi

“Abbiate cura di questo racconto” così Sara Balotta ha condiviso su TikTok l’intimità di un episodio avvenuto a 24 anni, quando non si sentiva pronta per fare la mamma e decise di abortire. Oggi è ancora certa che quella sia stata la decisione migliore per lei, ma ha condiviso i sensi di colpa che la società spesso fa venire alle donne.
A cura di Sophia Crotti
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Credits: Profilo TikTok di @inpuntadipiedini
Credits: Profilo TikTok di @inpuntadipiedini

"Ho abortito e tu ora penserai che sono un'assassina o un'incosciente o forse una donna coraggiosa, in realtà non sono nulla di tutto questo". Inizia così il video che Sara Balotta ha pubblicato sul suo profilo TikTok per raccontare la sua maternità.

Come lei stessa racconta a Fanpage.it, per Balotta diventare mamma é stata una scelta ponderata, frutto di tante domande che ha posto a se stessa e al suo compagno e delle risposte che è stata sicura di avere prima di mettere i suoi bimbi al mondo.

L'amore per i suoi bambini traspare proprio da quelle certezze, raggiunte molto dopo la decisione di abortire avvenuta a 24 anni. Quando è rimasta incinta allora non aveva un contratto sicuro, si frequentava da poco con quel ragazzo che sapeva non essere l'uomo della sua vita ed era ai ferri corti con sua madre, tutti elementi che hanno concorso nel darle la sicurezza che un figlio in quel contesto non lo avrebbe mai messo al mondo. "Sono nata dalla relazione che mia madre ha avuto con un tossicodipendente e non mi sarei mai perdonata di dare la stessa vita a un bambino".

Balotta ha raccontato a noi di Fanpage.it quanto una narrazione romanzata della gravidanza che vuole un amore le madri innamorate già "dell'ammasso di cellule che inizia a formarsi nel loro corpo" influisca a rendere la scelta dell'aborto, anche quando è consapevole, molto dolorosa.

Nel video spieghi che la frase “Ho abortito” fa male sia a chi lo ha vissuto che a chi l’ascolta, cosa intendi?

Ovviamente facevo riferimento alla mia esperienza personale, so che ci sono persone che abortiscono e riescono a non provare alcun dolore dinnanzi alla loro scelta. Per me quella frase fa male a chi l'ascolta perché questa persona potrebbe star cercando un figlio o aver vissuto un aborto spontaneo nella sua vita. Oppure perché potrebbe farlo arrabbiare, convinto che chi opta per l'aborto lo fa perché lo ritiene un metodo contraccettivo. Di conseguenza fa male a chi la dice, che inizia a pensare di aver davvero interrotto una vita, o ripensa a cosa avrebbe potuto fare per evitare quella gravidanza.

Ci racconti come hai preso, a 24 anni, la decisione di abortire?

Io avevo appena chiuso una relazione di tre anni e mi stavo frequentando con un ragazzo da pochissimo e come metodo contraccettivo stavamo usando il preservativo, dal momento che il mio corpo ha sempre fatto molta fatica a tollerare sia la pillola che la spirale, che mi è stata tolta d'urgenza di notte. Durante un rapporto, però, il preservativo si è rotto, ma la cosa non mi ha particolarmente spaventata, era successo tutto in un attimo e credevo fosse impossibile per me essere rimasta incinta. Una mattina, però, mi sono svegliata con una fame mai avuta prima e collegando quel sintomo al mio ritardo di pochi giorni del ciclo mi sono spaventata e sono corsa in farmacia a comprare il test, il risultato è stato chiarissimo, ero incinta. 

Come hai reagito a quella consapevolezza?

Ne ho parlato subito con il mio compagno di allora che ha cercato di infondermi fiducia, anche se oggi sappiamo entrambi che nemmeno lui era pronto. Io alla vista di quelle due lineette rosse mi sono sentita terrorizzata, ero una ragazzina per nulla pronta a fare la mamma. Oggi che ho due figli, di cui uno con una diagnosi di autismo ne ho la certezza, non ero pronta a tutto ciò di cui un figlio ha bisogno. Non avevo neanche un lavoro stabile, ma un contratto precario e part-time, ero tornata per necessità a vivere a casa con mia madre, dopo essermi lasciata con il mio fidanzato storico, e con lei ero ai ferri corti. Mi sono improvvisamente sentita prigioniera di una vita che non faceva per me e non avrebbe tanto meno fatto per il mio bambino che, se fosse nato, sarebbe venuto al mondo in una famiglia disfunzionale.

Quindi sei andata al consultorio…

Esatto sì, dove una ginecologa mi ha accolta con umanità e mi ha solo fatto presente che avrei avuto per prassi sette giorni per pensarci, prima di poter abortire in ospedale. Quei sette giorni sono stati tremendi e interminabili, ma io ho a poco a poco visto crescere la certezza di voler abortire. Che vita avrei dato a un bambino? Probabilmente quella terribile che avevo vissuto io, figlia di una donna che mi ha avuta dopo 3 mesi di relazione, da un tossicodipendente. Nonostante queste certezze, quando mi sono trovata di nuovo davanti alla ginecologa, 7 giorni dopo il nostro primo incontro, sono scoppiata a piangere le ho detto che io volevo vivere la mia vita, che non ero pronta ad essere mamma e a far vivere a quel bimbo una brutta infanzia. La ginecologa mi ha ricordato che la gravidanza che stavo portando avanti non era stata una scelta ma qualcosa di capitato per sbaglio e che dovevo sentirmi libera di abortire, mi ha anzi fatto una domanda ben precisa: "Ma tu questo bimbo lo terresti perché ti senti in colpa o perché è una persona di cui desideri prenderti cura?", lì ho capito che erano solo i sensi di colpa a farmi traballare.

Perché nonostante la certezza di abortire ti sei sentita schiacciata dai sensi di colpa?

Innanzitutto perché abortire non è una passeggiata, anche se sapevo di fare una scelta consapevole e ben motivata l'iter è stato lungo. Non sono stata costretta a guardare l'ecografia del feto, né tanto meno ad ascoltarne il battito, ma quando sono entrata in sala operatoria per il raschiamento, accanto a me c'era una donna a cui stavano per fare un aborto terapeutico. Io sceglievo di uscire da sola da quella stanza, lei no. 

In secondo luogo perché la pressione sociale è tremenda, tutti attorno a me parlavano di aborto con superficialità, credevano che con quel gesto io mi fossi liberata di qualcosa che non volevo e che dunque non avessi motivi per essere infelice. Troppe volte avrei voluto fermarli dicendo loro che non avevano idea di che cosa stessero dicendo.

Come è stato diventare mamma dopo l'aborto e perché la gravidanza ti ha portata a ripensare a quel momento della tua vita?

Io sono diventata mamma tardi, il mio primo figlio è nato quando avevo 35 anni e il secondo a 37, e lo rifarei altre mille volte. Ero finalmente pronta e lo so perché dedicarmi in toto a loro non è stato un ostacolo alla mia vita. A 35 anni ero già stata fino a quel momento una stacanovista sul lavoro, mi ero realizzata, avevo intessuto buoni rapporti con i miei colleghi e le mie amiche, concedendomi uscite serali e vacanze, e sono riuscita, con estrema serenità, ad adattarmi ai tempi e ai bisogni dei miei figli. Al contempo però, tenendo i miei bimbi tra le braccia quel senso di colpa, provato a 24 anni è tornato, mi sono chiesta perché loro avessero il diritto di vivere e quel bimbo no, poi ci ho riflettuto a lungo e ho ricordato le motivazioni che mi hanno spinta a scegliere di abortire.

Oggi hai raccontato di aver deciso di farti asportare le tube, un'altra scelta molto forte. C'entra l'aborto vissuto da ragazza?

Sì, sicuramente, so di per certo di non voler vivere mai più un'esperienza simile, ma c'entra anche la diagnosi del mio figlio più grande, che abbiamo avuto quando il secondo era già nel mio pancione. Perché per quanto si cerchi sempre di edulcorare l'autismo, richiede un impegno notevole da parte dei genitori, sia economico che emotivo. E io ho sempre pensato che avrei dovuto dare ai miei figli tutto ciò di cui avevano bisogno, il futuro che meritavano, non potevo metterli al mondo solo col desiderio di amarli. Dunque dal momento che il mio corpo mal tollerava i contraccettivi, ho pensato che asportare le tube sarebbe stata la scelta migliore per me, certo ho avuto bisogno del sostegno del mio compagno e di un professionista per tornare a vivere bene la sessualità.

Cosa manca nella società perché le donne decidano di abortire prive di sensi di colpa strazianti?

Innanzitutto la corretta istruzione di ragazzi e ragazze che devono conoscere a mena dito i metodi contraccettivi ed essere consapevoli di cosa accade se il preservativo si rompe. In secondo luogo la consapevolezza che abortire non è una passeggiata.

Poi bisognerebbe insegnare alle persone quali parole non vanno usate, se qualcuno mi definisse assassina mi ucciderebbe dentro, e so che molti parlano così delle donne che decidono di abortire.

In ultimo, sarebbe necessario smettere di romanticizzare la gravidanza, dire di un ammasso di cellule "fagiolino ti amo già" fa pensare alle donne di dover amare i loro figli prima di conoscerli, per forza. Anche perché l'immagine del proprio bambino, di cui si può essere innamorate, è qualcosa con cui bisogna anche imparare a fare i conti, per esempio io ho dovuto imparare a conoscere mio figlio e il suo autismo ed accettarlo ben diverso da come me lo sarei immaginato. Così le donne saranno libere di scegliere per il proprio corpo e per il loro futuro.

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