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“Gli alunni plusdotati ci insegnano che la scuola dovrebbe rendere gli studenti protagonisti e non annoiarli”

La notizia del ragazzo plusdotato bocciato dalla scuola e promosso dal tar, fa luce su un tema importante: la scuola usa lo stesso metodo per tutti gli alunni e così finisce per non sviluppare i talenti di ognuno.
Intervista a dott.ssa Anna Granata
Professoressa associata di pedagogia presso l’Università di Milano Bicocca
A cura di Sophia Crotti
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alunno plusdotato

In Veneto un alunno plusdotato di 12 anni è stato bocciato. Questa frase, che all’apparenza sembra un ossimoro, non è nient'altro che la perfetta rappresentazione della scuola di oggi, secondo la professoressa associata di pedagogia presso l’Università di Milano Bicocca Anna Granata.

La famiglia del ragazzo ha fatto ricorso al Tar e ha vinto, lo studente quindi continuerà il percorso scolastico insieme ai compagni e il suo percorso di studi non è più in pericolo, ma la vera questione su cui questa faccenda fa luce è un'altra, secondo la docente.

"È evidente che la scuola si ostini a proporre lezioni frontali, volte a interessare un alunno "standard" che non esiste. I ragazzi plusdotati ci ricordano che gli alunni non sono vasi da riempire, ma che hanno bisogno di portare il loro contributo, altrimenti si annoiano e i loro talenti non vengono sostenuti dalla scuola ma colti, forse dalla società, quando saranno grandi".

dott.ssa Anna Granata (professoressa associata di Pedagogia all'Università di Milano Bicocca)
dott.ssa Anna Granata (professoressa associata di Pedagogia all'Università di Milano Bicocca)

La notizia del ragazzo plusdotato di 12 anni, bocciato a scuola, ci lascia con una domanda: com'è possibile che un ragazzo con un q.i. più alto dei compagni rischi l’anno?

C’è un evidente paradosso, la scuola che dovrebbe essere il luogo di valorizzazione dei talenti, delle intelligenze multiple e diverse, diventa il luogo che considera la plusdotazione un elemento problematico. Questo ci dice tanto dell'incapacità della scuola di oggi a riconoscere i diversi ritmi di apprendimento dei ragazzi.

Il caso di cronaca è davvero molto interessante, proprio perché è la spia di un sistema scolastico che non funziona. Ci dice infatti che nella scuola di oggi, anche un bambino molto intelligente, con grande creatività intellettuale, grande curiosità e motivazione all’apprendimento è uno studente che in classe si annoia, è demotivato e frustrato. Emozioni che si traducono con atteggiamenti anche oppositivi, come quelli che hanno portato il ragazzo a rifiutarsi di studiare.

Di tutta risposta la scuola, che non è stata in grado di riconoscere un’intelligenza più rapida della media, decide di esprimere la più alta forma di sanzione in suo possesso: la bocciatura. 

alunni annoiati

Ragazzi plusdotati, gifted, con un q.i. superiore alla media: cosa indicano queste etichette?

Si tratta di modi diversi di indicare uno stesso fenomeno, che oggi coinvolge circa il 5-8% degli alunni, ma che è in crescita, i quali hanno un quoziente intellettivo superiore alla media.

La scuola inserisce gli alunni plusdotati tra coloro che hanno bisogni educativi speciali (BES), ossia studenti che necessitano di un percorso di studi personalizzato, tra i percorsi di apprendimento scolastici.

Già questo fa riflettere, perché evidenzia che nella scuola abbiamo tante forme di intelligenza quanti sono gli alunni e che non esiste un’idea standard di studenti. Poi però nella realtà dei fatti nelle scuole vi è l’idea dell’alunno medio, per il quale si pensa invece ad un percorso standardizzato di apprendimento fatto di tempi uguali per tutti, metodi identici, lezioni sempre frontali. Modalità che vanno bene in realtà per un numero irrisorio di alunni, proprio perché è una concezione standard che non rispondono allo stato di alunni o alunne che può anche variare nel corso della giornata scolastica.

Quindi la scuola per come è ora non esclude solo gli studenti plusdotati?

No, esatto, il nostro sistema scuola, in parte infragilito anche dal fenomeno della precarietà dei docenti, dalla scarsa compresenza degli studenti in classe che consentirebbe di diversificare i processi di apprendimento, non va bene per nessun alunno, al di là dei plusdotati. 

A scuola viene sempre premiato l’atteggiamento di esecuzione di un compito, adesione alle regole di comportamento, rispetto dei ritmi standard della classe, escludendo così le punte. La nostra scuola non vuole le punte, né quelle di intelligenza, che vedono i bambini andare più veloci degli altri, perché hanno maggiori esigenze, né quelle legate ai ritmi più lenti, perché punta all'omologazione in una società in cui l’eterogeneità fa da padrona. 

Così la scuola non si accorge dei talenti che ha al suo interno, intelligenze critiche, capacità di fare domande e non solo di dare risposte corrette. Va a finire che i ragazzi, ai quali non è stata data alcuna fiducia, poi escono da scuola e solo una volta introdotti nella società vedono le loro doti e i loro talenti finalmente riconosciuti.

bimbo annoiato

Chi si accorge che un bambino è plusdotato?

È un tema per cui scuola e famiglia sono chiamate a collaborare, gli insegnanti osservano i processi di apprendimento del bambino e per tutti i bes si arriva ad una certa diagnosi in accordo tra scuola e famiglia, dopo aver contattato uno specialista che deve fornire un certificato.

Queste diagnosi di plusdotazione talvolta si registrano tardivamente in età adulta, ma più spesso è evidente una certa curiosità spiccata e forte capacità di fare domande, spesso anche dovuta a un bagaglio culturale che i piccoli hanno costruito prima di arrivare a scuola, già alla scuola primaria.

Come dovrebbe essere strutturata una lezione tipo per un alunno plusdotato?

Il ragazzo plusdotato ci permette di capovolgere la prospettiva, perché noi abbiamo ancora l’idea sbagliata dell’alunno che arriva a scuola come un vaso vuoto da riempire, e deve ricevere dei contenuti, delle conoscenze, invece dovremmo pensare a una scuola in cui ogni alunno porta il suo contributo in termini di saperi, conoscenze e lingue parlate.

Noi rendiamo reattivi gli alunni e comprendiamo che tra loro c’è qualcuno che ha un contributo particolare da dare. Un tipo di scuola che rende gli alunni protagonisti diventa l’antidoto alla noia e alla demotivazione. Io suggerisco per esempio di organizzare delle lezioni simili ai contesti pluriclasse, in cui fanno lezione insieme piccoli di età diverse, in questo modo il bambino che ha maggiori conoscenze in un determinato ambito le può offrire ai compagni più giovani o che ne hanno sviluppate in altri ambiti. Basta pensare alla scuola come una comunità di apprendimento, un luogo in cui gli alunni portano i saperi, così che venga valorizzata l’intelligenza di tutti e tutti gli alunni si sentano protagonisti. 

Un bimbo che si sente valorizzato per come è, poi desidera imparare e apprendere, è predisposto ad aiutare gli altri e magari a spiegare loro ciò che non hanno ancora capito.

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