Giada scopre un tumore al terzo stadio durante la gravidanza: “Ho avuto paura che mio figlio crescesse senza la mamma”
Giada Bettoni ha 25 anni, uno spiccato accento bergamasco, capelli biondi e due occhi azzurri profondissimi. Spulciando tra i suoi profili social, compare il suo bimbo, Tommaso, di quasi 7 mesi. Quando Giada e il suo compagno hanno scoperto che quel bambino a lungo desiderato stava per arrivare i loro occhi e i loro cuori sono esplosi di gioia, e hanno iniziato, mese dopo mese, ad immaginarsi genitori. Fino a che come una spada di Damocle è inaspettatamente caduta su di loro una di quelle diagnosi che suonano un po' come delle sentenze.
Giada, mentre aspettava Tommaso da 27 settimane, ha scoperto di avere un tumore al terzo stadio e ha dovuto decidere cosa fare, se iniziare le cure e salvarsi, con la possibilità che il suo bimbo non ce la facesse, o aspettare il termine della gravidanza, mettendo a repentaglio la sua vita. Senza ombra di dubbio, lo ripete anche durante l'intervista, lei ha scelto il futuro del suo bimbo, è stata operata durante la gestazione con molta paura e senso di colpa per quella piccola creatura che si dimenava dentro di lei ed è in attesa di sapere se dovrà iniziare le cure.
"So che potrebbe sembrare il contrario ma è stato mio figlio, ancora prima di nascere, a salvarmi la vita, se non avessi fatto quella visita durante la gravidanza non avrei mai scoperto il tumore e forse oggi non sarei qui, perché a 25 anni ti senti invincibile, non pensi che sotto a un neo si nasconda un tumore. Spero di poterlo ripagare rendendolo sempre orgoglioso di me".
Come è stato scoprire di essere incinta e come è andata la gravidanza?
Ho scoperto di essere incinta proprio quando io e il mio compagno, che da tanto stavamo cercando un figlio, avevamo smesso di sperare che arrivasse. Stavamo già pianificando di optare per le tecniche di pma, ma alla fine ho fatto un test e ho scoperto di aspettare Tommaso. La gravidanza è andata molto bene fino a che a metà agosto durante una visita di routine per la gravidanza dalla mia ostetrica, lei mi ha chiesto di poter guardare come si stessero evolvendo i capezzoli e ha subito notato un neo strano.
Mi ha quindi chiesto se avessi sempre avuto quel neo, se avessi notato cambiamenti o se mi facesse male, e mi ha mandata con urgenza a fare una visita dermatologica. Mi sono recata a inizio settembre all’ospedale civile di Bergamo dove mi hanno detto che quel neo andava immediatamente tolto, ma che per avere delle indicazioni più precise avrei dovuto aspettare i risultati dell’istologico, mi hanno richiamata dopo appena 5 giorni, per ritirare il referto.
Ed è arrivata la diagnosi…Come ti sei sentita?
Mi ricordo che sono riuscita appena a ritirare i fogli con i risultati dell’esame istologico, quando mi ha chiamata la dermatologa, mentre ero ancora in ospedale, per dirmi che mi aveva fissato un appuntamento con l’oncologo per l’indomani. Mi è crollato il mondo addosso, non capivo niente, ero lì con il mio pancione a domandarmi come avrei fatto, anzi come avremmo fatto. Poi ho fatto la visita ed è arrivata la vera e propria diagnosi, avevo un tumore al terzo stadio di avanzamento, ma ero anche incinta dunque tutto sembrava essere molto più complesso.
Mi hanno messa dinnanzi a tante opzioni, li ho ascoltati ripetere percentuali e rischi, ma avevo già deciso. Ho detto con fermezza che se la vita del mio bambino sarebbe stata a rischio a causa di operazioni o cure per ridurre la massa tumorale, allora io avrei aspettato per curarmi dopo il parto. Tuttavia mi hanno rimandata all’istituto nazionale dei tumori a Milano dove l’oncologa mi ha spiegato che mi avrebbero dovuto tagliare un piccolo pezzo di seno sotto l’ascella, così mi avrebbero prelevato la sentinella per comprendere fino a che punto si era espansa la massa. A questo punto avrei avuto due cure da poter fare la chemioterapia o l’immunoterapia.
Come è stato per te essere operata mentre eri incinta del tuo bimbo?
Terribile, perché avevo paura. Sono arrivata a Milano il giorno prima dell’operazione per il pre-ricovero, qui i medici mi hanno spiegato nel dettaglio che mi avrebbero svuotato metà seno e l’ascella, ma che il bimbo non ne avrebbe in alcun modo risentito, se non risultando un pochino più rallentato nei movimenti al mio risveglio.
Mi hanno portata in sala operatoria, ed ero terrorizzata, continuavo a ripetere che a me interessava solo che il bimbo stesse bene e che avevo paura che gli accadesse qualcosa per colpa mia. Avevo messo Tommaso davanti a me, neanche mi interessava sapere come sarei stata io. Il giorno dell’operazione mi hanno fatto ascoltare il suo battito prima di addormentarmi, per farmi sentire che lui era lì. Poi mi hanno fatto l’anestesia totale e ricordo che appena sveglia la prima cosa che ho sentito è stato un calcetto del mio bambino, mi stava dicendo “Mamma sono qui con te, ce l’abbiamo fatta”. I medici mi hanno spiegato che io quel tumore lo avevo preso appena in tempo, prima che si formassero delle metastasi. L’incubo però non è terminato, sono andata a far controllare le cicatrici dopo l’operazione e recentemente mi hanno trovato altri due nei simili a quello che avevo sul seno, sulla pancia.
Come è stato ricevere una diagnosi del genere in un momento della tua vita che ti fa pensare al futuro?
Mi ha cambiata completamente, io agli altri non davo a vedere come stavo, ma mi sentivo male, stavo per diventare mamma e temevo di non riuscire a dargli tutta me stessa. Ora guardo alla vita in un modo diverso e sono mamma in un modo diverso.
Hai detto più volte che il tuo bambino era più importante della tua stessa vita, ti saresti mai immaginata di poter provare questo per una persona?
Non so spiegarlo ma mi è venuto naturale. Quando si è iniziato a parlare di percentuali di sopravvivenza del mio bambino, io ho capito che se fosse stata alta la probabilità che lui non ce l’avrebbe fatta, per guarire me, allora io non avrei voluto guarire o essere aiutata, mi sarei curata dopo la gravidanza. Per me il bambino era in primo piano, anche se i medici mi hanno detto chiaramente che a causa degli sbalzi ormonali della gravidanza, il mio tumore stava lavorando molto più velocemente di quanto non avrebbe fatto in un’altra situazione. Io ho rifiutato di fare la chemio, perché gli avrebbe potuto fare del male. Ad oggi con la comparsa di questi due nuovi nei sulla pancia, è probabile che io debba invece farla questa cura.
Tu non hai potuto allattare?
No, i medici mi hanno sconsigliato di farlo, perché avrei potuto farlo con un solo seno, insomma mi sono sentita proprio uno schifo, e uso questa parola non per criticare chi sceglie liberamente di non allattare al seno. Quello è un diritto, ma io sono stata costretta a scegliere di non allattarlo al seno.
Ti sei sentita in colpa?
Sì, tantissimo, perché la mia paura più grande era che stesse male per colpa mia. Quando ho fatto l’operazione mi sono sentita una mamma sbagliata, forse nemmeno una mamma, il mio bimbo non era ancora nato e stava rischiando la vita a causa mia.
Sei stata aiutata da qualcuno dal punto di vista psicologico?
No, da nessuno, ero sola nel mio letto di ospedale con i miei pensieri e quel pancione che non sapevo se avrei rivisto. In ospedale poi ci sono tante situazioni e dunque anche tante mamme e tante donne che aspettavano di partorire e io mi chiedevo perché non potessi essere contenta quanto loro. Ricordo che chiedevo di continuo alla mia compagna di stanza, che era già mamma, perché in un momento della mia vita così bello fosse toccata proprio a me una sofferenza così forte. Penso di essere proprio entrata in un tunnel, dal quale sono uscita anche e soprattutto grazie al mio compagno che è stato per me un vero e proprio punto di riferimento. Oltre a lui devo ringraziare la mia mamme e alcune mie amiche.
Poi Tommaso è nato, cosa hai pensato?
Che finalmente era qui con me, l'avevo tra le braccia, era il mio miracolo e anche la persona a cui devo la vita. Se non fossi stata incinta di Tommy non avrei mai fatto una visita dermatologica o la mammografia, sono giovane, ho 25 anni, non ho mai avuto problemi o sintomi di alcun tipo, il mio neo a me sembrava uguale a tutti gli altri.
È cambiato il rapporto con il tuo compagno?
Sì, ma in meglio, mi è sempre stato accanto, appena sono uscita dalla sala operatoria l’ho trovato ad aspettarmi con un pacco di biscotti, ma è stato complesso, io ero in un tunnel fatto di depressione, paura e tristezza dal quale non riuscivo ad uscire. È difficile avere a che fare con chi ha così tanta paura di morire e sentirsi un po' impotenti.
Avevi paura di non esserci per il suo bambino?
Sì, ho avuto paura per lui, pensavo alla sua vita senza la sua mamma, senza di me che avrei voluto essere il suo punto di riferimento. Io sono cresciuta senza il papà, so cosa si prova quando una persona fondamentale per la tua vita non c’è.
Racconterai a Tommaso la tua gravidanza?
Sì, nonostante sia piccolo già lo faccio, lo guardo e piango pensando a ciò che abbiamo passato e passeremo.
Che mamma ti senti oggi?
Una mamma forte e determinata, libera e senza alcuna paranoia. Prima mi spaventava tutto, oggi vivo la mia vita, e il mio bimbo giorno dopo giorno.
Perché hai deciso di raccontare la tua storia sui social?
Perché quando ho ricevuto la diagnosi mi sono sentita la sola al mondo, e invece avrei tanto avuto bisogno di leggere la storia di qualcun altro, simile alla mia. Ho cercato su internet e non ho trovato nulla, quindi ho deciso di parlarne io, a quel punto tante mamme mi hanno scritto per raccontarmi di aver vissuto lo stesso, altri mi hanno accusata di esibizionismo, ma i social si sa sono fatti così, io sono felice.
Hai qualche desiderio per il futuro?
Sì che quando Tommy sarà un pochino più grande e comprenderà la mia storia, scoprendo come ho vissuto i 9 mesi di gravidanza, mi dica che ho fatto le scelte giuste e che lui è orgoglioso di me.