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Genitori perfetti ed educazione come performance, la parola all’esperta: “Per crescere i figli è meglio essere artigiani che ingegneri”

Intervistata da Fanpage.it, la professoressa ordinaria al Dipartimento di psicologia e scienze cognitive di UniTrento Silvia Fargion ha raccontato il crescente carico di pressioni e aspettative che grava sulle spalle dei genitori moderni: “Le mamme e i papà sono ossessionati dal raggiungimento di standard elevati, ma vivere la genitorialità come una performance rischia di creare ansie e conflitti che poi si riflettono sulla serenità ragazzi”.
A cura di Niccolò De Rosa
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Continuamente bombardati da consigli, pareri e giudizi trancianti, i genitori moderni sembrano sempre più intrappolati tra una costante ricerca della perfezione e il timore costante di compromettere il futuro dei propri figli. Questo atteggiamento, apparentemente motivato dal desiderio di garantire il meglio per i propri figli, finisce però per fissare standard irrealizzabili che generano stress e ansie sociali, andando inevitabilmente a erodere anche le certezze e la serenità dei più piccoli. Sono questi alcuni dei risultati riportati dal lavoro di Silvia Fargion, professore ordinario di Sociologia Generale e Servizio Sociale presso l’Università di Trento che negli ultimi anni ha condotto diverse ricerche per indagare le pressioni sociali attorno al delicato ruolo del genitore.

Intervistata da Fanpage.it, la professoressa non solo ha spiegato come i due principali studi realizzati dal suo team (uno localizzato in Alto Adige, l'altro con rilevanza nazionale) abbiano scoperchiato una realtà che rischia di compromettere il benessere mentale delle nuove generazioni, ma siano anche riusciti a individuare alcune strategie che qualche genitore ha già iniziato ad attuare per sottrarsi a questa sfiancante ricerca della perfezione.

"La percezione è che oggi i genitori siano molto sotto pressione e che in molti casi abbiano ormai interiorizzato la tendenza vivere la genitorialità come un esercizio di bravura, una performance che può essere misurata e valutata spiega Fargion – A livello sociale, poi, questa visione si traduce nella creazione di standard elevati che finiscono per definire un modello da seguire a ogni costo".

Come si manifesta tale atteggiamento?

Oggi un bravo genitore è colui che esercita l’autorità in un certo modo, fa fare tante attività ai figli, impedisce loro di giocare al computer, li obbliga a leggere ed è sempre pronto a impegnarsi in prima persona in tutto ciò che riguarda la vita dei suoi ragazzi. Uscire da questi binari spesso significa andare incontro al giudizio altrui e a sensi di colpa auto-inflitti per la “colpa” di non essere stati all’altezza.

Silvia Fargion
Silvia Fargion

Quali sono le cause di tali aspettative?

Social, trasmissioni, libri e riviste pullulano di esperti, maestri, psicologi e insegnanti che dicono ai genitori cosa devono fare, dove sbagliano e quali comportamenti devono favorire per crescere al meglio i loro figli, dalla musica da ascoltare quando il bimbo è nella pancia ai modi corretti per stimolare la curiosità e la creatività dei più piccoli. Tutto questo esercita una notevole pressione sui genitori, anche perché spesso la questione viene posta in termini molto netti: “Se tu genitore non farai questa cosa, ci saranno gravi conseguenze per tuo figlio”.

In che modo tutto ciò si ripercuote sulla serenità di genitori e figli?

L’idea che i genitori siano i principali artefici del domani dei propri ragazzi non solo investe madri e padri di responsabilità che, probabilmente, vanno ben oltre l’effettiva possibilità d’incidere sul domani dei loro ragazzi, ma soprattutto ottengono l’effetto opposto: per star dietro a tutte queste indicazioni viene meno la serenità e il benessere sia del genitore che del bambino, il quale vive di riflesso tutta l’ansia e la necessità di “performare” trasmessa dall’adulto.

Nella vostra ricerca avete individuato però alcuni tentativi “di resistenza”…

Sì, ci sono mamme e papà che provano a smarcarsi da questo carico di pressioni e aspettative distogliendo l’attenzione dai giudizi altrui e dall’ossessiva ricerca di perfezione. La prima strategia è quella di accettare un dato di fatto: mantenere una relazione con i propri figli è un vero lavoro e non è un compito semplice, dunque è assolutamente accettabile commettere errori. I bambini sono sottoposti a tantissimi stimoli, sono tutti diversi tra di loro e non si può dire di no a ogni cosa, anche perché noi stessi adulti siamo continuamente assorbiti dai nostri smartphone e dalle distrazioni del mondo digitale. Limitarsi a mantenere aperto un canale di comunicazione dove genitori e figli possono confrontarsi, discutere, magari anche litigare, rimane dunque una risposta più che sufficiente per continuare a essere una guida per i propri ragazzi. Molti papà, ad esempio, ritengono già un grosso successo il fatto che i figli continuino a parlare e ad avere fiducia in loro.

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Un altro approccio molto utile porta invece i genitori a “rallentare” e diventare più riflessivi. Un genitore capace di continuare a pensare e a porsi domande è già un genitore ben centrato sul proprio obiettivo educativo. Poi non è detto che le risposte arrivino, ma già il fatto di aver lavorato su alcuni interrogativi porta sicuramente il genitore a dimostrarsi attento e propositivo riguardo ai bisogni dei figli. E questo ci porta a una terza strategia.

Quale?

Continuare a pensare e lavorare su se stessi porta i genitori a ricercare un equilibrio tra autorevolezza e autorità, tra regole e libertà, tra ciò che bisogna assolutamente correggere e quello su cui invece si può passare sopra.

Lei e il suo team vi siete occupati di approfondire simili dinamiche anche in contesti familiari più complessi…

Chiaramente questa resistenza agli standard diventa più complicata in un contesto dove le relazioni con i figli e gli stessi genitori risultano complesse, come nei casi dei divorzi conflittuali o nelle situazioni di disagio sociale ed economico. In simili casi, infatti, la pressione esercitata dalle aspettative di perfezione genitoriale possono essere ancora più opprimenti. Pensiamo ad una famiglia in difficoltà economica, dove tanto i genitori quanto i figli vedono tutti gli altri bambini partecipare a mille attività, frequentare corsi di danza, fare sport e vivere esperienze formative nei weekend: come può sentirsi una mamma o un padre che non può permettersi tutte queste cose? Il pericolo di sentirsi inadatti diventa ancora più alto e, anzi, spesso è proprio il mancato raggiungimento degli standard genitoriali desiderati a provocare quei litigi distruttivi che caratterizzano alcune separazioni.

In che senso?

Di fronte alla volontà di essere madri o padri perfetti anche (o meglio, nonostante) la separazione può portare alcuni genitori a irrigidirsi e a vedere ogni “deviazione” dal percorso stabilito come un pericoloso segno di debolezza che può mettere a repentaglio il successo del suo progetto educativo. Così facendo però si finisce per osteggiare l’ex partner troppo permissivo che, quando i bambini vanno a trovarlo, permette loro di saltare la lezione di pianoforte o li lascia giocare con i videogame più di mezzora. L’idea insomma è sempre quella: il bravo genitore non può cedere perché altrimenti ne andrebbe del futuro dei suoi figli…

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Come si può uscire dunque da questa logica che rischia di portare i genitori a paralizzarsi sotto il peso delle loro stesse aspettative?

Non c’è una ricetta esatta, anche perché il mio consiglio andrebbe ad unirsi a quell’oceano di suggerimenti e avvertimenti che hanno contribuito a creare tutti questi standard di cui stiamo parlando! (Ride ndr.). Posso però sottolineare gli aspetti positivi di genitorialità che ho riscontrato durante le nostre indagini. Lavorare sulle esperienze dei genitori e valorizzare i propri sforzi può essere già un bel passo in avanti per smettere di non sentirsi all’altezza. In più, è bene aver fiducia non solo in ciò che si sta facendo, ma anche negli stessi figli. Bambini e ragazzi non sono soggetti inerti e passivi, ma i veri protagonisti delle loro vite: sosteniamoli e lasciamo che prendano in mano la loro stessa crescita. Non serve imboccarli in tutto e per tutto.

Anche la società può attrezzarsi per abbattere o, almeno, ridurre questi standard sulla genitorialità?

Probabilmente l’aiuto più utile sarebbe un rafforzamento di quegli spazi e servizi a bassa soglia che permettono a mamme e papà di conoscersi, parlare tra loro e creare quello che chiamo "l’effetto della sala d’aspetto del pediatra". In sala d’attesa, infatti, spesso i genitori si confrontano e si scambiano esperienze concrete alla pari, senza un esperto calato dall’alto che detta loro le istruzioni da seguire come bravi soldatini. Si tratta di una differenza d’approccio molto importante, che permette al genitore la possibilità di attingere dalle esperienze altrui per provare cose nuove e tentare nuove strategie senza percepire l’ansia di dover seguire spartiti pre-impostati o teorie astratte. E quando si tratta di genitorialità, forse è meglio essere volenterosi artigiani che ligi ingegneri.

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