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Genitore autoritario o autorevole? La pediatra spiega la fondamentale differenza

Una pediatra americana ha recentemente ribadito l’importanza di fare una chiara distinzione tra la genitorialità autoritaria e quella autorevole: se infatti il primo approccio si propone di imporre una severa disciplina attraverso il comando, il secondo preferisce invece insegnare ai bambini il rispetto delle regole attraverso l’ascolto e la comprensione delle loro emozioni.
A cura di Niccolò De Rosa
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"Una sculacciata non ha mai fatto male a nessuno". Quante volte lo abbiamo sentito dire da nonni, zii o genitori cresciuti in un’epoca in cui l’obbedienza era sinonimo di educazione e l’autorità non si discuteva? Oggi, però, sempre più famiglie si interrogano su quanto quei metodi siano davvero efficaci. E mentre i social e gli esperti parlano di empatia, ascolto e connessione emotiva, c’è ancora molta confusione tra due concetti che sembrano simili solo nel nome: genitorialità autoritaria e genitorialità autorevole. Eppure, saperli distinguere può fare un'enorme differenza per la serenità e la crescita dei bambini.

La pediatra americana Mona Amin, recentemente intervenuta anche sulla CNBC, ha dunque deciso di fare po' di chiarezza, spiegando come l'approccio "autoritario" non abbia nulla a che vedere con un modello "autorevole" che, pur esigendo il rispetto delle regole, accantona grida e castighi per prediligere dialogo e comprensione dei bisogni dei piccoli.

Quando dire "perché lo dico io" non basta

Lo stile autoritario è quello che molti associano ai metodi rigidi di un tempo: un approccio freddo, dall’alto verso il basso, dove il genitore esercita un forte controllo e lascia poco spazio al dialogo. Eppure, benché molti adulti si illudono che un clima da caserma sia il più efficace per disciplinare i bambini, in realtà il valore educativo di tanta intransigenza è decisamente basso.

"Non c’è collaborazione, né riconoscimento delle emozioni del bambino", spiega la dottoressa Amin. I bimbi hanno bisogno di regole, ma esse devono essere coerenti e comprensibili per far sì che i piccoli le facciano proprie. Il classico esempio? Un bambino piange e si dimena in pubblico e il genitore lo minaccia: "Se non smetti, niente parco domani". In questo caso, sottolinea l'esperta, la punizione paventata è del tutto scollegata dal comportamento che si vuole correggere (cosa c'entra un capriccio con il fatto di andare a fare una passeggiata l'indomani?), la reazioni è troppo impulsiva e l'adulto non offre alcun ascolto al disagio del bimbo.

Certo, nel breve termine, questo atteggiamento può anche ottenere obbedienza, ma a lungo andare rischia di lasciare ferite profonde. "I bambini cresciuti così sviluppano più ansia, non sanno comunicare le proprie emozioni e vivono nel timore del giudizio", avverte Amin. Anche la psicologa dello sviluppo Aliza Pressman, citata sempre dalla CNBC, ha sottolineato i rischi di un simile atteggiamento: "Temono i genitori più di quanto si sentano connessi a loro". E questo può portare, da adolescenti, a bugie o comportamenti pericolosi pur di evitare il confronto.

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Autorevoli, non autoritari: una guida con empatia

Lo stile autorevole, invece, è tutt’altra cosa e mescola al punto giusto, fermezza e ascolto, chiarezza e calore. Ovviamente si tratta di una strada più complicata aspettative, ma il risultato raggiunto vale sicuramente lo sforzo profuso. Per spiegare la differenza con lo stile autoritario, Amin ha offerto un altro esempio: se il bambino non riordina la stanza o manca di svolgere un compito che gli era stato assegnato, non scatta subito la punizione, ma si parla insieme del perché sia importante farlo, si validano le emozioni che hanno spinto il piccolo ad agire così (era stanco? Era frustrato? Non ha capito cosa doveva fare?) e solo a questo punto ci si adopera perché la regola venga rispettata.

Questo approccio richiede più pazienza, ma porta frutti duraturi. "È lo stile che, secondo la ricerca, favorisce bambini emotivamente stabili, resilienti e capaci di affrontare le sfide della vita", prosegue la pediatra. I limiti imposti dagli adulti vengono comunque mantenuti, ma anziché percepire l'oppressione (se non il timore) dell'autorità, i figli si sentono guidati e ascoltati.

Crescere sicuri di sé (e dei propri genitori)

Secondo Pressman, inoltre, i figli di genitori autorevoli imparano a conoscere e rispettare i confini, ma anche ad esprimersi liberamente. "Si sentono sicuri all’interno dei limiti, ma abbastanza liberi da essere se stessi". Questo crea adulti più autonomi, capaci di regolare le proprie emozioni e costruire relazioni sane. Paradossalmente, aggiunge la psicologa, quando ci si sente amati per quello che si è non per come ci si comporta, si finisce effettivamente per comportarsi meglio. Un messaggio che sembra semplice, ma che rivoluziona il modo di pensare all’educazione: non si tratta solo di insegnare regole, ma di crescere insieme.

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