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Essere mamme a Milano, l’assessora Cappello: “Devo a mia figlia un futuro senza rinunce per diventare madri”

Il Comune di Milano propone una serie di 3 incontri gratuiti per i neogenitori, nell’ambito del progetto Gen.i.al (genitori al lavoro). Ce ne ha parlato l’Assessora Alessia Cappello, che cerca di battersi per una Milano più accogliente per le famiglie e che non obblighi le mamme a dimettersi.
A cura di Sophia Crotti
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Assessora Colombo

Alessia Cappello, Assessora allo Sviluppo Economico e alle Politiche del Lavoro con delega al Commercio, alla Moda e al Design per il comune di Milano, ha raccontato a noi di Fanpage.it il progetto pensato insieme a Terziario Donna dal nome Geni.a.l (Genitori al lavoro).

Si tratta di un ciclo di 3 incontri gratuiti per i neogenitori, che si pone l’obiettivo di consapevolizzarli sull’importanza di distribuirsi equamente i compiti nella coppia, di utilizzare bonus e benefit esistenti, di ritagliarsi del tempo per elaborare i cambiamenti psicologici che investono la coppia quando dopo essere stati a lungo in 2 si sperimenta la vita in 3.

Cappello è mamma di una bambina e ha potuto riprendere a lavorare a pochi giorni dal parto, perché l’azienda di suo marito gli ha garantito un congedo di paternità, misura che secondo lei rientra tra quelle necessarie per ogni famiglia ma che da sola non basta.  “Serve uno stravolgimento culturale, perché ad oggi se un bimbo sta male si è sempre convinti che a rinunciare ai suoi impegni debba essere la mamma, e non c’è servizio che tenga se questo è il pensiero generale”.

L’Assessora consapevole che “se vuoi puoi” è una frase deleteria e irrealizzabile per le donne di oggi, in una realtà come Milano, che per molte giovani coppie è una terra d’approdo, lontana da quei nonni che sono indispensabili al welfare delle famiglie, sogna un mondo in cui sua figlia non sia costretta a scegliere, se non lo desidera, tra essere una lavoratrice realizzata e una mamma presente.

I dati INPS ci hanno parlato del fenomeno della child penality a livello nazionale. In Lombardia, quante donne lasciano il lavoro dopo un figlio o decidono per il “part-time involontario”?

Gli ultimi dati della regione confermano i dati INPS,  poiché nel 2022 in Lombardia ci sono state 15086 dimissioni volontarie, il 70% delle quali arrivava da donne che, diventate madri, uscivano dal mercato del lavoro per gestire i figli.

Perché accade?

I numeri ci dicono che 1 donna su 5 dopo il primo figlio esce dal mercato del lavoro e dopo il secondo figlio si tratta di una donna su due. La prima ragione è economica , le donne hanno spesso contratti più deboli o semplicemente sono meno retribuite a causa del salary gap. Questo comporta che facendo due calcoli si decida di non rinunciare allo stipendio più alto. Ma vi è una ragione anche di stampo culturale che, come spiega e spiegherà in un incontro sul tema l'economista Azzurra Rinaldi,  è un falso mito derivante dal patriarcato. Le donne spesso arrivano a dire “tanto vale che stia a casa io e mi goda mio figlio, se tutto il mio stipendio comunque lo investivo nella tata”, il problema è che poi però il figlio poi cresce, la carriera si è fermata, la pensione non si avrà e non ci si sentirà realizzate dal punto di vista lavorativo.

Ovviamente non mi riferisco a chi sceglie di rinunciare alla propria professione per dedicarsi ai figli, ma a tutte quelle donne per cui è una scelta forzata.

Da quali difficoltà (economiche e morali) è costellata la vita di due neogenitori in questo momento storico a Milano?

La prima premessa importante da fare è che a Milano ci sono molti non milanesi, ragazzi giovani che vengono per trovare lavoro o per studiare, ma di fatto hanno la famiglia di origine ed in particolare i nonni, che sono una rete sociale di welfare grossissima nel nostro Paese, lontani. Da ciò deriva che i genitori debbano pagarsi la tata e l’asilo, e se malauguratamente capita che la baby sitter non può esserci e il bambino ha la febbre lo stesso giorno e non può andare a scuola, mamme e papà devono rinunciare a qualcosa.  Dunque le famiglie sono devastate dal punto di vista economico.

Nel concreto, si può essere genitori, in particolare mamme e donne realizzate lavorativamente parlando, o la maternità è ancora svantaggiosa per le donne?

La maternità è troppo svantaggiosa per le donne, perché il carico familiare, ancora oggi, anche nelle famiglie più illuminate, ricade sempre sulle figure femminili.

E mi sono accorta che ciò accade anche in quelle famiglie che hanno le possibilità economiche per avere una tata a disposizione tutto il giorno, le faccio un esempio: ho contattato per invitarla al primo incontro di Geni.al una donna che fa divulgazione online sulla maternità e mi ha detto che il suo bimbo stava male e nonostante la tata e la presenza del compagno, lui da ammalato non voleva stare con nessun altro che non fosse lei. Quindi chi ha rinunciato a qualcosa? Lei.

Il carico sulla mamma è sempre di più purtroppo, anche se oggi c’è maggiore attenzione all’equità, un cambiamento vero e culturale è ancora in divenire.

Si sta cercando di estendere il congedo parentale dei papà, secondo lei può essere una soluzione alla difficile gestione di casa-lavoro delle nuove famiglie? Quanti padri in una città come Milano ne usufruirebbero?

Certo è una grande soluzione e aiuto e lo dico da mamma il cui marito lo ha utilizzato. Avevo scelto di fare l’assessore e di conseguenza avevo un forte senso del dovere nei confronti del mio impegno con la città e la collettività e sono rientrata al lavoro dopo 20 giorni dal parto. Quando sono tornata al lavoro poi io mi sono sentita molto più forte e quindi in grado di esserci per mia figlia. Dunque dico che è essenziale per dividersi i compiti, equilibrarsi e dare l’opportunità a mamme e papà di realizzarsi.

Poi ci tengo a dire che culturalmente è un cambiamento complesso, va mutata la mentalità di tutti, i papà devono capire che anche per loro è un beneficio. Mio marito ha costruito con mia figlia un rapporto strettissimo, che non tutti i genitori riescono a costruire, grazie al congedo parentale. Per questo offriamo un corso ai genitori, che li aiuti a cambiare le proprie prospettive, senza dimenticarci ovviamente che servono servizi in grado davvero di aiutare e tutelare i genitori.

Assessora Colombo

Il secondo incontro di Geni.a.l sarà più psicologico, cambia dunque la percezione di sé dei genitori quando nascono i figli o mancano dei servizi che li supportino? 

È un mix di entrambe le cose, i servizi sono necessari e se ce ne fossero per tutte le famiglie italiane sarebbe molto più semplice gestire la vita di coppia, la propria esistenza e quella del bambino appena nato. Detto ciò, la nascita di un figlio comporta sempre enormi cambiamenti psicologici che riguardano il singolo e la coppia, la donna subisce un forte cambiamento ormonale, diventare genitori cambia improvvisamente la propria prospettiva, il tutto senza essere minimamente preparati alla genitorialità finché non ci si trova a viverla.

Si sperimentano continui sensi di colpa, se si sta troppo al lavoro allora si pensa di non dedicarsi abbastanza ai propri figli, se ci si dedica in toto a loro può accadere che ci si senta poco realizzati lavorativamente parlando. Si tratta di un impatto psicologico molto forte sulla coppia, di cui si parlerà in questo incontro, perché è importante che i genitori lavorino su di loro, per poter dare vita ad una famiglia felice.

Una famiglia o una coppia che segue tutti gli incontri che proponete uscirà con gli strumenti per vivere una genitorialità più serena e consapevole?

Sì penso si esca con più consapevolezza. Il nostro obiettivo è che le giovani coppie, che si cimentano per la prima volta nel ruolo di genitori non cadano nel tranello di dire “eh ma mancano i servizi” senza però nemmeno essere a conoscenza dei servizi o delle agevolazioni, seppur piccole, che già esistono.

Può essere anche un primo passo per vincere la crisi demografica del nostro Paese?

Certo, questi servizi vogliono anche essere una lotta al crollo demografico che investe il nostro Paese. I dati, infatti, ci dicono che i Paesi nordici, in cui la famiglia è davvero messa al centro, la genitorialità è considerata un valore e la parità di genere nel contesto lavorativo è rispettata, sono anche quelli dove nascono più bambini.

Lei ha una bambina, queste battaglie culturali, la nascita di questi servizi, sono anche per lei?

Certo, per me parte tutto da qui, ho sempre fatto nel corso della mia carriera progetti di empowerment femminili, ma quando ho saputo di aspettare una bimba la voglia di fare qualcosa di supporto a queste tematiche è stata anche di più. È un atto dovuto a mia figlia, come madre, cercare di costruire un mondo più paritario, in cui lei possa decidere di diventare chi vuole, senza per forza dover rinunciare, ma lo è anche come donna e assessora per tutte le donne.

Geni.a.l @ambraalessiph025

Lei cosa pensa di chi dice “se vuoi puoi essere mamma e lavoratrice?

Penso che non sia vero che tutto si può fare, ogni giorno è una corsa durante la quale tentiamo disperatamente di incastrare i nostri impegni e quelli dei figli, però mi piacerebbe che un giorno la soluzione non sia dover rinunciare a qualcosa, soprattutto per le donne. Sogno donne realizzate da tutti i punti di vista, se lo desiderano, che facciano fatica, certo, ma che poi riescano a sentirsi mamme e donne realizzate e siano per le loro figlie esempi di questo.

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