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Esporre i bambini alle fake news li abitua a riconoscerle: le prove in uno studio

Secondo l’autore della ricerca pubblicata a inizio ottobre su “Nature”, poiché i genitori non possono controllore ogni momento l’attività online dei figli, il modo migliore per allenarli al fact-checking è far sì che i bambini esercitino il loro pensiero critico leggendo anche qualche informazione scorretta.
A cura di Niccolò De Rosa
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Esporre i bambini alle fake news li abitua a riconoscerle

In un mondo dove bufale e disinformazione sono sempre più frequenti, un nuovo studio dell’Università di Berkeley suggerisce una strategia inaspettata per aiutare i bambini a riconoscere le fake news: esporli volutamente ad alcune informazioni errate al fine di stimolarne il pensiero critico e sviluppare i giusti "anticorpi" contro le tante panzane che si aggirano sul web.

La ricerca, guidata dal dottorando in psicologia Evan Orticio, ovviamente non invita i genitori a riempire i più piccoli di falsità e ricostruzioni mistificate, ma propone una leggera “esposizione” alla disinformazione in un contesto sicuro e con il supporto degli adulti, così da trasformare un potenziale rischio in un’opportunità educativa per i più piccoli.

Insegnare il pensiero critico

In occasione della presentazione dell'articolo pubblicato lo scorso 10 ottobre su Nature Human Behaviour, Orticio ha spiegato come l’obiettivo dello studio sia stato quello di valutare se, permettendo ai bambini di entrare in contatto con alcuni contenuti fuorvianti scelti appositamente per lo scopo, questo potesse insegnare loro a riconoscere le falsità. Secondo il ricercatore, infatti, i bimbi non sono affatto quei creduloni che molti pensano. Perché dunque non testarne il naturale scetticismo, anziché provare a proteggerli da un mondo – quello delle fake – con cui prima o poi verranno comunque a contatto?

Per questo il team coordinato da Orticio ha proposto di insegnare ai bambini ad "allenare i muscoli dell'incredulità", spronandoli a esercitare le capacità di pensiero critico fin da piccoli, per far sì che siano in grado di navigare il web in modo più sicuro.

L’esperimento sulla disinformazione controllata

Lo studio è stato strutturato su due esperimenti che hanno coinvolto 122 bambini tra i 4 e i 7 anni. Il primo consisteva nel far leggere ai giovani partecipanti un e-book che mixava alcune informazioni vere e altre false, chiedendo poi ai bambini di valutare la veridicità di quanto avevano letto. Ad alcuni bimbi, ad esempio, erano state mostrate pagine che spiegavano come le zebre avessero le strisce bianche e nere, mentre ad altri era stato detto che le zebre erano rosse e verdi.

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Dopo questa prima fase, i bambini hanno poi valutato la veridicità di una nuova affermazione, stavolta riguardante una specie aliena immaginaria chiamata "Zorpies". Ai partecipanti sono state quindi mostrate alcune immagini su schermo di 20 di questi Zorpies. Uno di loro aveva tre occhi, mentre il resto degli alieni indossava occhiali da sole scuri che ne oscuravano lo sguardo. Ai bambini è stato quindi chiesto di decidere se tutti gli Zorpies avessero tre occhi. Prima di prendere la decisione finale, però, i bimbi potevano verificare l'affermazione toccando un qualsiasi mostriciattolo sullo schermo per rimuoverne gli occhiali.

Secondo i ricercatori, poiché i bambini non sapevano nulla degli alieni, il loro eventuale scetticismo poteva derivare solamente dal fatto che ritenessero affidabile o meno la piattaforma che stavano usando. Ebbene, al termine di tutti gli esperimenti, i bambini che avevano mostrato più dubbi sulle affermazioni relative agli Zorpies erano anche quelli che avevano visionato più informazioni false sugli animali all'inizio dello studio. Chi invece aveva ricevuto informazioni veritiere, non aveva dimostrato grande interesse nel verificare i fatti.

La scoperta: l’importanza del contesto

Dai risultati è quindi emerso come l’esposizione a un ambiente digitalmente “imperfetto” possa innescare un’attenzione maggiore da parte dei bambini verso la verifica delle informazioni. Come osservato da Orticio e i suoi collaboratori, i piccoli si adattano rapidamente alla qualità delle informazioni che ricevono, utilizzando le loro aspettative sul contesto per modulare il livello di fiducia. In contesti in cui le affermazioni false sono più frequenti, i bambini potrebbero sviluppare una cautela maggiore rispetto a quanto osservato nei gruppi che ricevevano informazioni solo accurate.

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Bambini capaci di avere dubbi

Come sottolineato dagli stessi autori, l'intento della ricerca è rispondere alle esigenze di una società dove appare ormai impossibile proteggere del tutto anche i bambini più piccoli dalla foresta di fake news e informazioni scorrette che infesta il mondo online. In un mondo dove persino le piattaforme “sicure” non sono esenti da criticità, dunque, l’approccio protettivo dei genitori, seppur comprensibile, rischia di non essere affatto sufficiente, ma anzi possono offrire un falso (e controproducente) senso di sicurezza.

Per i genitori, dunque, l’indicazione di Orticio è chiara: non essendo realistico monitorare ogni secondo l’uso dei dispositivi, né creare un web completamente privo di rischio, appare molto più utile parlare con i bambini di ciò che vedono online e aiutarli a distinguere tra informazioni affidabili e non. La guida alla verifica dei fatti, a detta dell’autore dello studio, diventa quindi fondamentale affinché i bambini imparino a filtrare in modo autonomo le informazioni.

"Non dobbiamo potenziare lo scetticismo dei bambini a tutti i costi – ha dichiarato Orticio – bensì insegnare loro come utilizzarlo a proprio vantaggio". Solo così, ha concluso il ricercatore, si potrà formare una generazione di ragazzi capaci di distinguere tra verità e inganno nel mondo digitale.

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