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“Entrambi i miei figli soffrono di Alzheimer infantile e ogni loro parola potrebbe essere l’ultima”

Federica (nome di fantasia) ha condiviso con Fanpage la storia della sua famiglia, segnata dal destino e da un errore fatale: “Temevamo che dietro i problemi della nostra figlia ci fosse una componente genetica, ma i medici ci tranquillizzarono. Ora però anche il nostro secondo bambino soffre della stessa malattia rara della sorella”
A cura di Niccolò De Rosa
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La sindrome di Sanfilippo è una malattia genetica che a causa gravi problemi neurologici, danni fisici e un progressivo deterioramento cognitivo. Questa malattia viene anche chiamata "Alzheimer dei bambini" ed è molto rara, ma talvolta una coppia di portatori può trasmettere il gene difettato a più di un figlio.

É il caso di Federica e Paolo, una coppia veneta che ha dato alla luce due bambini, Laura e Fabio (i nomi sono tutti di fantasia) entrambi affetti da questa condizione che riduce drasticamente l'aspettativa di vita di chi ne soffre.

“Laura è nata nel 2018 ed essendo la più grande, è colei che ci ha fatto scoprire questa sindrome” racconta Federica a Fanpage.it, sottolineando come fin dall'inizio sia lei che il marito nutrissero qualche dubbio sulle  condizioni di salute della piccola.

"Nonostante nei primi mesi rispettasse i vari range delle tabelle di crescita e sviluppo, arrivava sempre con un certo ritardo rispetto agli altri bimbi della stessa età. Ogni bambino però si sviluppa con tempistiche differenti e i medici ci dicevano di stare tranquilli”.

Voi però avevate intuito che qualcosa non andava…

Non riuscivamo a stare tranquilli, anche perché dopo più di un anno nostra figlia non parlava. Così ci siamo rivolti a un’associazione molto presente sul nostro territorio che si occupa di diagnosi e terapie per bambini con vari gradi di disabilità, la quale ci indirizzò verso una neuropsichiatra. Intorno ai 18 mesi di vita Laura cominciò dunque a essere sottoposta ad una serie di esami che però non portarono a nulla, se non un sospetto di autismo.

Cosa avete fatto dopo questo primo esito?

Visto che avevamo in programma di fare altri figli, chiedemmo alla neuropsichiatra se potesse esserci una componente genetica dietro a questo problema. Lei ci rassicurò in tutti i modi, anche perché e evidenze scientifiche non hanno ancora dimostrato con assoluta certezza l'ereditarietà dell'autismo. Così nel 2022 nacque Fabio.

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Per quale motivo non avete smesso d’indagare?

Questa diagnosi pigliatutto dell’autismo non ci convinceva. In più Laura cominciava ad avere problemi di respirazione ed udito, tanto che inizialmente collegammo il fatto che non parlasse con questa parziale sordità. Anche dopo l’operazione di adenotonsillectomia che secondo i dottori sarebbe stata risolutiva però, la situazione non migliorava. Abbiamo perciò deciso di rivolgerci presso un centro specializzato per compiere ulteriori approfondimenti e alla fine del 2022 riuscimmo a ottenere un incontro con il primario della struttura. Ricordo che il giorno che Laura fece la visita, Fabio compiva il primo mese di vita.

Cosa accadde in quell’occasione?

Laura si presentò alla visita accompagnata da mio marito e mentre era ancora in piedi davanti alla porta, la dottoressa chiese a Paolo se nostra figlia avesse una malattia genetica rara. Ovviamente Paolo le disse che, per quanto ne sapevamo, non soffriva di nessuna patologia di questo tipo. Al termine dell’esame però, la dottoressa dispose subito un altro test per valutare meglio la situazione e fu un’altra scena ai limiti del surreale…

Per quale motivo?

Non appena la bimba entrò nella stanza per l’esame, la dottoressa responsabile si rivolse alla specializzanda che era con lei iniziando a descrivere i segni della malattia rara che si potevano notare solamente dall’aspetto. Insomma, sembrava che tutti sapessero che Laura era malata tranne noi.

Cosa affliggeva Laura?

I risultati successivi confermarono che nostra figlia aveva una mutazione del gene che causava la Mucopolisaccaridosi di tipo 3A, la malattia conosciuta anche come Sindrome Sanfilippo. A questo punto i medici ci chiesero se volessimo sottoporre anche Fabio al medesimo test e dopo poco tempo arrivò il secondo verdetto: anche lui aveva il gene mutato e benché al momento sembrasse perfettamente sano, nel giro di pochi mesi avrebbe seguito lo stesso percorso della sorella.

Quale fu la vostra reazione ad una doppia notizia così terribile?

All’inizio provammo una grande rabbia: com’era possibile che chi aveva avuto in cura mia figlia fino ad allora non avesse sospettato una sindrome genetica nemmeno di fronte ad acclarati ritardi cognitivo, motori e del linguaggio? Per non parlare del fatto che, nonostante i nostri timori, la professionista cui ci eravamo affidati ci aveva tranquillizzati sull’affrontare una seconda gravidanza e ora anche Fabio sarebbe andato incontro ad un destino tanto duro. Ci era crollato il mondo addosso: io stavo tenendo in braccio mio figlio appena nato e sapevo che sulla sua testa pendeva una condanna che non gli avrebbe permesso di diventare un adulto.

Con questa malattia è possibile confidare nel futuro?

Una diagnosi del genere cancella tutto. Non c’è più la curiosità per il domani. Quando stai per diventare genitore immagini, fantastichi, sogni ciò che tuo figlio o tua figlia potrà diventare: che scuola farà, quali sport praticherà, che carriera intraprenderà. I nostri figli, invece non impareranno mai a leggere e a scrivere. Con questa malattia c’è solo il presente. Puoi solo sperare che non stiano troppo male fino al momento dell’inevitabile.

Foto pubblicata per gentile concessione dell'associazione Sanfilippo Fighters
Foto pubblicata per gentile concessione dell'associazione Sanfilippo Fighters

Tu e tuo marito siete però riusciti a non farvi vincere dallo sconforto

All’inizio ho pianto tanto. Sai che tutto quello che gli insegnerai molto presto lo dimenticherà. Un giorno però mi sono guardata con Paolo e ci siamo detti che potevamo scegliere: disperarci per tutta la vita dei nostri bimbi o cercare di estrarre il meglio dal presente. Pertanto abbiamo iniziato a cercare informazioni online, fino ad imbatterci nell’associazione Sanfilippo Fighters che per noi è stato un aiuto fondamentale.

Vi ha aiutato a cambiare prospettiva?

Grazie alle persone che abbiamo conosciuto e alle esperienze condivise abbiamo capito che poteva esserci del bello anche in tanta sofferenza. Per non parlare dell’aiuto concreto e dei tanti consigli ricevuti per la gestione dei bambini. Alla fine si può quasi dire che ottenere la diagnosi è stato quasi un sollievo.

Perché?

Abbiamo dato un nome a tutte quelle cose che non ci spiegavamo e che per noi erano difficili da gestire: perché nostra figlia non cresceva come gli altri? Perché non parlava? Perché non camminava? Perché non riusciva ad imparare i colori? Ora avevamo una risposta e sapevamo che non stavamo sbagliando come genitori, ma che tutto era dovuto a qualcosa di più grande e, purtroppo, più complicato. Questo però ha comportato dei piccoli miglioramenti anche per la stessa Laura.

In che modo? 

Nostra figlia, ad esempio, soffre di gravi disturbi del sonno, Per anni mi sono colpevolizzata perché non mi reputavo in grado di aiutarla nel riposo con una routine della nanna adeguata nonostante avessimo provato di tutto. Le difficoltà a dormire sono però un sintomo molto comune del danno neurologico provocato dalla sindrome e per affrontare la situazione servono dei farmaci che prima non mi sarei mai sognata di somministrare alla bimba.

Dunque sono aumentate anche le vostre consapevolezze….

Gli specialisti ci hanno detto che il modo in cui abbiamo seguito nostra figlia le ha permesso di raggiungere delle tappe come lo spannolinamento che di solito gli altri bambini Sanfilippo non riescono a superare. Certo, ora Laura è tornata a portare il pannolone, ma intanto ha vissuto un’esperienza. E in simili condizioni non è affatto cosa da poco.

Cosa vi dà la forza di andare avanti?

La chiave è cercare di dare a questi bambini la miglior vita possibile e cercare di gioire delle piccole vittorie quotidiane, che sia l’apprendimento di una parola nuova o il fatto che tua figlia possa raccontarti il cartone animato che ha appena guardato.

Il sistema sanitario vi ha supportato?

Diciamo che quello che potevamo richiedere, lo abbiamo sempre ottenuto, anche se con fatica. Ciò però non significa che sia sufficiente.

Foto pubblicata per gentile concessione dell'associazione Sanfilippo Fighters
Foto pubblicata per gentile concessione dell'associazione Sanfilippo Fighters

Perché le misure attuali non bastano?

La legge italiana prevede che le famiglie con figli disabili abbiano un supporto adeguato per permettere a bambini e i ragazzi di partecipare alle attività che competono alla loro età. Per il periodo scolastico, il Comune di residenza delega le scuole per il supporto attraverso assistenti e insegnanti di sostegno. Quando la scuola è chiusa, però, spesso i Comuni demandano alle aziende sanitarie locali l'assistenza. Però questa consta di sole 50 ore per l'intero periodo di chiusura delle scuole. Ovviamente risultano insufficienti per garantire la permanenza ad un centro estivo: il comune di residenza dovrebbe integrare fornendo personale o contributi, cosa che non succede mai o comunque in modo parziale. Ad oggi io non posso iscrivere nostra figlia al centro estivo se non garantendo la presenza di una professionista di supporto che, ovviamente, dobbiamo pagare come famiglia.

Avete dovuto provvedere per conto vostro?

Per fortuna quest’anno l’associazione ci ha aiutato economicamente. Abbiamo potuto ingaggiare un'insegnante di sostgeno. Lo scorso anno però abbiamo dovuto sborsare di tasca nostra più di 2.500 per quattro ore al mattino al centro estivo per il solo mese di luglio.

Il Comune non vi è venuto incontro?

Di fronte alle nostre pressanti richieste, mi è stato detto che di solito le mamme dei bambini disabili stanno a casa con i figli. Ho dovuto trattenermi. Io ho studiato e ho un lavoro al quale non intendo rinunciare per qualcosa che, almeno in teoria, spetterebbe di diritto.

Come state trattando la malattia?

Laura e Fabio hanno avuto la fortuna di essere inseriti in un programma sperimentale che include solamente 12 bambini e che per la prima volta testa sull’uomo una terapia enzimatica sostituiva che infonde nei piccoli l’enzima mancante a causa del difetto genetico. È molto dura: per i prossimi cinque anni, dobbiamo volare ogni giovedì in Germania per fare tre ore di flebo, però i risultati sono promettenti e la malattia dovrebbe smettere di progredire. Per  Laura dunque i danni non aumenteranno e forse Fabio potrà vivere una vita un po’ più “normale”.

Hai mai avuto modo di confrontarti con la neuropsichiatra che non vi fece fare un test genetico?

So che adesso prescrive screening di questo tipo continuamente, tanto che la struttura dove si eseguono questi esami ha dovuto scriverle chiedendole di filtrare i casi sospetti, perché non tutti i problemi del neurosviluppo sono causati da malattie genetiche rare.

Cosa vi aspettate dal futuro?

Manteniamo un barlume di speranza e ci godiamo ogni ora, ogni sorriso e ogni parola. Quando mia figlia mi chiama "mamma" è un regalo immenso, perché dopo due ore potrebbe non parlare mai più.

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