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Entra in ospedale per un forte mal di schiena e partorisce prematuramente il suo bambino, la storia di Alyssa

Alyssa Forsell ha raccontato la nascita rocambolesca del suo bimbo nato prematuro alla ventisettesima settimana di gravidanza, dopo che lei è entrata in prontosoccorso per uno strano mal di schiena.
A cura di Sophia Crotti
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Credits_ Profilo Ig di @Alyssa Forsell

Alyssa Forsell ha raccontato in diversi post su Facebook e su Huffpost la nascita prematura e rocambolesca del suo piccolo Jacob Ash. La donna, infatti lo ha dato alla luce il 6 gennaio, nell’ospedale in cui si era recata per porre freno al tremendo mal di schiena che la infastidiva da giorni. In meno di 4 ore, infatti, il bambino è nato, alla ventisettesima settimana di gestazione e la vita della donna è cambiata per sempre.

La nascita del bimbo dopo la diagnosi di mal di schiena

Alyssa Forsell  ha raccontato di essersi rivolta al pronto soccorso dopo aver sofferto per una brutta infezione intestinale e aver avuto per giorni un fortissimo mal di schiena. “Il medico di turno ha ipotizzato che io avessi un’ernia al disco e sono stata messa su una barella del pronto soccorso in attesa di una risonanza magnetica, ad un certo punto, però non ho più sentito dolore”. Forsell racconta di aver partorito il suo bambino improvvisamente su una barella del pronto soccorso, con sua sorella a fianco, di non averlo sentito piangere e di essersi molto spaventata. “Io e mia sorella siamo scoppiate a piangere mentre i medici tentavano di rianimare il mio piccolo nato prematuro”. Lei e il marito, chiamato dopo la nascita del bimbo, così nel giro di poche ore si sono trovati non solo a diventare genitori ma anche a vivere per la prima volta nella loro vita l’esperienza della terapia intensiva neonatale. Il bimbo era davvero molto piccolo e i medici hanno prospettato alla coppia almeno 8 settimane di tin, che avrebbero permesso al bambino di prendere i 530 grammi necessari a raggiungere il peso minimo per stare bene. “Era davvero minuscolo, penso di non aver mai visto un bambino così piccolo, sembrava avere enormi calzini e guanti forno su mani e piedi, un ventilatore gli spingeva dell’aria in gola e il pannolino per prematuri era enorme a confronto con la sua sottile vita” ha spiegato la donna all’Huffpost.

Guardare quel piccolino dal vetro dell’incubatrice numero 4 l’ha fatta sentire tremendamente in colpa, la donna infatti racconta di aver guardato il bimbo e avergli detto: “Mi dispiace!”. Devastati dal dolore per un’esperienza che mai avrebbero immaginato sarebbe toccata a loro, lei e il marito hanno deciso di dare al bimbo come secondo nome della sorella Ashleigh di Alyssa, che lo aveva visto nascere. Così hanno guardato crescere da dietro il vetro della terapia intensiva neonatale il piccolo Jacob Ash Jordan, lo hanno preso in braccio la prima volta facendo la marspupio terapia, si sono spesso abbattuti scoppiando a piangere. “Penso di aver provato un senso di vuoto sconfinato nel primo viaggio verso casa dall’ospedale, quando io mi sono seduta davanti e non dietro per tenere la mano al mio bimbo nel seggiolino che infatti non c’era".

La nuova routine

Alyssa Forsell racconta che per lei e il marito è iniziata una routine del tutto nuova, fatta di viaggi verso la terapia intensiva neonatale, verso l’asilo, dove si trovava il loro figlio maggiore, verso casa. “Ero ossessionata dai parametri vitali di mio figlio, mi tiravo il latte tre volte al giorno nella speranza che anche solo una goccia facesse la differenza”. Lei e il marito si sono accorti che con il loro primogenito avevano dato completamente per scontata la loro esperienza di genitorialità, ora si trovavano a non potersi prendere cura in prima persona del loro bambino, a dover chiedere il permesso e fare attenzione per tenerlo in braccio. Attorno a loro però hanno trovato mamme e papà forti e fragili, che sono stati in grado di farli sentire meno soli: “Un giorno mio figlio non ne voleva sapere di mangiare nulla, dunque io sono scoppiata a piangere, una mamma in tin mi ha abbracciata e mi ha portata fuori a bere un caffè, mi sono sentita accolta e compresa. La stessa Forsell racconta di aver provato per infermieri e medici, un senso di immensa gratitudine. Si è sentita però molto in colpa nei confronti del marito: “Per il mio primo parto era stato meraviglioso, mi massaggiava la schiena, mi teneva la mano, mi dava delle caramelle da sgranocchiare e questa volta aveva scoperto tramite una telefonata di essere diventato papà”. Tuttavia dopo 69 giorni sono potuti tornare a casa dalla terapia intensiva neonatale con il loro bimbo, vivendo un’esperienza che difficilmente dimenticheranno. “Vedere Andrew, il nostro primogenito, così felice di abbracciare il suo fratellino ha curato tutte le ferite accumulate fino a quel momento”.

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