Depressione post partum: uno studio ha scoperto il gene responsabile (e forse la possibile cura)
Un team di scienziati ha identificato un gene che, se mancante o difettoso, può causare obesità, problemi comportamentali e, nelle madri, depressione post-partum.
Secondo gli autori della scoperta, pubblicata sulla rivista Cell, i risultati ottenuti avere implicazioni significative per il trattamento della depressione post-partum, poiché ulteriori test condotti sui topi hanno evidenziato come un trattamento a base di ossitocina ("l'ormone dell'amore") potrebbe alleviare i sintomi di una condizione che nel mondo colpisce una madre su dieci.
Nuove prospettive
La depressione post-partum è associata a un aumento del rischio di suicidio nei Paesi ad alto reddito e rappresenta una insidie maggiori per la salute psico-fisica delle neo-mamme.
Ad oggi le cause cause di questo disagio non sono state identificate con certezza, anche se, l'Istituto Superiore della Sanità indica tra i possibili fattori scatenanti un improvviso calo dei livelli ormonali dopo la nascita del bambino, pregressi problemi di salute mentale o alti livelli di stress.
L'ultima ricerca potrebbe però definire importanti novità nell'approccio a questa condizione, la quale potrebbe essere strettamente legata ad altri problemi come l'obesità o disturbi del comportamento.
Lo studio
Indagando su due ragazzi di famiglie diverse con grave obesità, ansia, autismo e problemi comportamentali scatenati da suoni o odori, un team di scienziati dell'Università di Cambridge (Regno Unito) e del Baylor College of Medicine di Houston (USA) ha scoperto che entrambi i soggetti risultavano privi di un singolo gene, noto come TRPC5, situato sul cromosoma X e coinvolto nella rilevazione di segnali sensoriali, come calore, gusto e tatto.
Ulteriori indagini hanno poi rivelato che entrambi i ragazzi avevano ereditato questa particolarità genetica dalle loro madri che, oltre a presentare un'importante obesità, avevano anche dichiarato di aver sofferto di depressione post-partum.
Per verificare se fosse il gene TRPC5 a causare i problemi nei ragazzi e nelle loro madri, i ricercatori hanno quindi utilizzato modelli animali, modificando geneticamente alcuni topi da laboratorio con una versione difettosa del gene.
I topolini maschi con questo gene difettoso mostravano gli stessi problemi riscontrati nei ragazzi, tra cui aumento di peso, ansia, avversione alle interazioni sociali e comportamento aggressivo. Anche le cavie femmine sembravano soggette a simili effetti, ma quando diventavano madri mostravano anche comportamenti depressivi e una forte riduzione delle cure materne nei confronti dei cuccioli.
Il dottor Yong Xu, coordinatore del Basic Sciences al USDA/ARS Children's Nutrition Research Center presso il Baylor College of Medicine, ha affermato che i risultati dell'esperimento hanno destato una certa sorpresa tra i ricercatori, poiché i comportamenti adottati dai topi erano del tutto simili a quelli riscontrati nei due ragazzi e nelle loro madri.
La strada per una possibile cura?
Approfondendo la questione, gli scienziati hanno dunque tracciato un collegamento tra il gene TRPC5 e i meccanismi dell'appetito, dove agisce sui sui neuroni che producono l'ormone ossitocina– il composto chimico che, tra le alte cose, nelle donne stimola le contrazioni del parto per facilitare la fuoriuscita del feto – e i neuroni che contribuiscono a regolare il peso corporeo.
Sebbene gli studi siano ancora agli albori dunque, gli autori dello studio suggeriscono che il ripristino dell'ossitocina potrebbe aiutare a trattare le persone con geni TRPC5 mancanti o difettosi e, potenzialmente, consentire alle madri che soffrono di depressione post-partum di alleviare i sintomi più impattanti sulla loro condizione psico-fisica.
"Questa ricerca ci ricorda che molti comportamenti che diamo per scontato siano completamente sotto il nostro controllo hanno una solida base biologica, che si tratti del nostro comportamento alimentare, dell'ansia o della depressione postnatale" ha affermato Sadaf Farooqi, professore dell'Institute of Metabolic Science dell'Università di Cambridge.
"Ciò dovrebbe poi spingerci ad essere più comprensivi e solidali nei confronti delle persone che soffrono di queste condizioni".