Cristicchi racconta a Sanremo chi si prende cura di figli e genitori: la psicologa spiega la Generazione Sandwich
![Simone Cristicchi](https://staticfanpage.akamaized.net/wp-content/uploads/sites/37/2025/02/GettyImages-2172694457-1200x675.jpg)
"Quando sarai piccola" è il titolo della canzone che Simone Cristicchi porterà al Settantacinquesimo Festival di Sanremo, il testo racconta il dolore straziante di chi, come il cantante, sta vivendo la malattia di un genitore che, invecchiando, sembra farsi piccolo e da dispensatore di consigli, cura e coccole, ne diventa bisognoso.
Così Cristicchi, come scrive nel suo testo, seppur fatica ad accettare di veder cambiare la sua mamma, le promette che rallenterà i suoi passi per aspettarla, le darà le sue parole quando le mancheranno e le insegnerà "a stare in piedi da sola", così da restituirle tutto l'amore che lei è stata in grado di dargli. Un'esibizione che a prescindere dai risultati della kermesse sarà estremamente importante, come ci spiega la dottoressa Laura Turuani, psicologa, psicoterapeuta, socia dell'Istituto Minotauro di Milano, che ha scritto un libro edito da Solferino "Le schiacciate. Vivere i cinquant'anni a testa alta tra lavoro, figli adolescenti e genitori anziani" sul tema, perché anche dal palco dell'Ariston si leverà la voce di una generazione spesso dimenticata, la cosiddetta Generazione Sandwich.
Cristicchi, infatti, non solo si prende cura della sua mamma, come racconta nel brano che porterà in gara, ma anche dei suoi due figli, Tommaso e Stella, nel pieno dell'adolescenza, per tanto incarna alla perfezione una generazione che, come la farcitura di un succulento panino, si trova divisa tra le esigenze di genitori non autosufficienti e di figli in una fase estremamente delicata della vita. "Tornare a prendersi cura, quando i figli sono cresciuti, passando da pannolini a pannoloni è faticoso, ma può insegnare molto alla nostra generazione, che è sempre stata molto narcisista e competitiva. È importante che Cristicchi porti questo tema sul palco anche in quanto uomo, dal momento che il carico di cura ricade spesso sulle donne, se diviso invece può essere più lieve" ha detto Turuani a Fanpage.it.
![Dott.ssa Laura Turuani (psicologa e psicoterapeuta, socia dell'Istituto Minotauro di Milano)](https://staticfanpage.akamaized.net/wp-content/uploads/sites/37/2025/02/TURUANI-foto-1.jpg)
Lei ha raccontato la generazione Sandwich in un suo libro, chi ne fa parte?
Generazione Sandwich oggi è sinonimo della Generazione X, coloro che sono finiti in un cono d’ombra dimenticati tra i boomer, ritenuti anziani, e i giovani su cui ci si concentra molto, dai Millennials alla generazione alpha e beta. Si tratta di persone, per lo più donne, nate tra il 1965 e il 1980, che oggi hanno all'incirca 50 anni e si ritrovano per la prima volta nella storia dell’essere umano a vivere una congiuntura tra generazioni. Per la prima volta infatti la generazione X ha iniziato ad accedere alla genitorialità tardivamente, di conseguenza oggi, attorno ai cinquant’anni si trova a gestire i figli nel pieno dell’adolescenza e i genitori, che entrano in una fase della vita, grazie all’allungamento della stessa, in cui hanno bisogno di assistenza.
Nel testo di Cristicchi canta "Ti insegnerò a rimanere in piedi da sola” sollevando un aspetto psicologico di questa generazione, l’inversione del ruolo genitore figlio. Perché accade e cosa comporta?
É un momento molto delicato, ma che molte persone si trovano a vivere, proprio a causa di questo cambiamento contemporaneo del modo di invecchiare. Fino a metà del secolo scorso, si moriva diversamente, a causa di malattie che arrivano improvvisamente e in breve tempo toglievano la vita a chi ne era affetto, di conseguenza non c’erano figli che si dovevano occupare della vecchiaia dei propri genitori. Oggi abbiamo un innalzamento del numero di malattie neurodegenerative o oncologiche che portano ad un allungamento della vita con bisogni e caratteristiche nuove, solo che la società sembra non curarsene, lasciando sempre al centro la giovinezza. Così facendo delle fragilità della vecchiaia se ne curano solo i membri della generazione Sandwich, senza alcuna preparazione. Questa generazione vive due difficoltà, da una parte il ritorno all’accudimento, che dopo aver avuto un figlio, sembrava essere superato, non a caso nel mio libro parlo di un passaggio da pannolini a pannoloni. Dall’altra, a livello psicologico, come anche canta Cristicchi, è doloroso vivere un’inversione dei ruoli che vede i figli diventare genitori dei propri genitori, che si trasformano in bambini, che hanno bisogno di un passo rallentato, di essere imboccati, di ricevere delle spiegazioni.
Cristicchi ad un certo punto scrive alla sua mamma che farà tutto questo “per restituirti tutto quell’amore che tu mi hai dato”: la generazione Sandwich si sente dunque un po’ in dovere di ridare ai genitori quanto hanno da loro ricevuto?
Io credo che davanti alla malattia e all’invecchiamento di un genitori siano molteplici le reazioni che un figlio può avere. Alcuni vivono un vero e proprio cortocircuito emotivo, perché decidono di mettere davanti la propria vita, la propria famiglia, senza che la malattia del genitore intacchi la propria quotidianità, così finiscono per arrivare a sentirsi egoisti, pieni di sensi di colpa e intolleranti alle critiche. Altre volte invece accade ciò che canta Cristicchi, si mettono le esigenze del proprio genitore davanti a tutti, sospinti da un senso di dovere o dal forte affetto che si prova per lui. Alcune volte invece dei conflitti che hanno da sempre caratterizzato la relazione genitore-figlio si fanno esasperati con la malattia di un genitore e difficili da gestire. Ci sono poi delle persone che non riescono proprio a guardare alla fragilità dei propri genitori, perché provano troppo dolore nel vederli invecchiare e continuano a spronarli, negando le loro fatiche. C’è anche da dire che i genitori di cui la generazione sandwich si prende cura sono adulti che non amano farsi aiutare, sono stati infatti una generazione molto perentoria, che ha portato avanti la forza e che guarda all’accudimento da parte dei figli come ad un’intrusione e ad una lesione della propria autonomia.
La canzone di Cristicchi canta anche la bellezza di prendersi cura di un genitore, nel dolore che la sua malattia comporta. Quali sono gli aspetti positivi del prendersi cura di qualcuno?
Si tratta di un concetto molto importante, perché accudire un genitore malato, significa accompagnarsi insieme al momento dolorosissimo della sua morte. In questo periodo onorare l’importanza di chi esce dalla propria vita dopo aver dato tanto amore, prendendosi cura di lui, è meraviglioso, è un momento in cui si può arredare di ricordi la stanza dei saluti.
È un momento, come canta Cristicchi, in cui i figli rallentano il passo per aspettare i genitori e per la generazione X, che è stata una generazione narcisista, competitiva, sempre di corsa, che ha dovuto fare tutto e anche molto bene è rivoluzionario. Rallentare è l’ingrediente che insegna alla generazione sandwich a fare qualcosa che difficilmente ha fatto durante la vita: stare nel qui ed ora, abbandonando la nostalgia per il passato e l’angoscia per il futuro che la caratterizza. Diventa anche un monito per i figli, che imparano osservando il genitore che rallenta per il nonno, l’importanza di godersi la vita giorno per giorno.
Cristicchi ad un certo punto parla della rabbia che gli provoca veder invecchiare la sua mamma e la fatica di dover accettare giorno dopo giorno la sua impotenza. Sono sentimenti comuni in questa generazione?
La rabbia dal punto di vista psicologico è spesso la difesa più semplice che usiamo per nascondere la tristezza. Grazie alla rabbia credo che il figlio di un genitore anziano e malato cerchi di non guardare alla fine del percorso, alla possibile perdita del genitore. In realtà la frustrazione, la fatica e la tristezza sono sentimenti tipici dell’accompagnamento di un genitore malato, che è importante vivere e sentire.
Quanto è importante che sia proprio Cristicchi, che è un uomo, a portare il tema della generazione Sandwich sul palco?
É importantissimo per due motivi, da un lato perché prendersi cura non è sempre e solo fatica, sebbene sia doloroso accompagnare un malato pensando di non essere mai abbastanza, può essere una cosa bella, che nutre e fa sentire bene, perché permette di sintonizzarsi sui sentimenti degli altri e sentirsi importanti per loro. Il fatto poi che a cantare questa canzone sia proprio un uomo è ancora più importante, perché il lavoro di cura ricade sempre sulle donne che finiscono per rinunciare a tanti aspetti della loro vita, l’idea invece che la cura possa essere condivisa, che gli uomini ne siano parte attiva è essenziale, anche perché questa diventi la condivisione di qualcosa di bello.