Crescere i figli anche se i genitori separati non vanno d’accordo: cos’è la genitorialità parallela
Come nelle linee destinate a scorrere vicine ma senza mai incontrarsi, la genitorialità parallela è un modello di gestione familiare utilizzato principalmente da genitori separati o divorziati che vivono un rapporto conflittuale e che hanno difficoltà a collaborare direttamente nell'educazione dei figli.
Questo approccio mira infatti a minimizzare il contatto – e dunque anche le possibilità di scontro tra i genitori – permettendo però a ciascuno di gestire autonomamente le proprie responsabilità genitoriali durante il tempo trascorso con i figli.
"Con la Legge 54 del 2006 che ha riformato l’affido dei figli in caso di separazione, il Diritto di famiglia italiano ha sancito che in assenza di chiari ed evidenti elementi pregiudizievoli, l'affidamento di un minore spetta a entrambi i genitori" spiega a Fanpage.it Riccardo Pardini, psicopedagogista, mediatore familiare e Consigliere Onorario della Corte d'Appello di Milano.
"Ciò significa che il giudice, ancora prima di assumere delle decisioni in merito, invita i genitori ad accordarsi autonomamente per stabilire un progetto educativo condiviso, eventualmente anche rivolgendosi a una figura che vada a mediare tra le parti".
Cos'è la genitorialità parallela
Nella genitorialità parallela dunque, ogni genitore ha un ruolo definito e autonomo, con poca o nessuna interazione diretta con l'altro ex-partner.
Tale modello prevede una chiara suddivisione delle responsabilità e un rigoroso rispetto degli accordi presi, con la comunicazione tra le parti che viene affidata a canali strutturati, spesso scritti, come e-mail o messaggi, per ridurre all'osso i conflitti e le incomprensioni.
Quando però occorre prendere una decisione importante che riguarda la salute, l'educazione o il futuro dei figli, le due parti sono chiamate a confrontarsi per raggiungere un accordo. In questi casi l'incontro tra le parti può essere affidato a figure professionali di mediazione in grado di imbrigliare la discussione e far sì che all'ostilità si riesca a far prevalere un certo senso di collaborazione per il bene dei figli.
"In una situazione di forte conflittualità tra i genitori, il mediatore ha il ruolo di favorire la riorganizzazione delle relazioni familiari e aiutare i due ex-partner a regolare i contrasti, non soffocandoli, ma quantomeno imparando progressivamente a governarli" spiega Pardini.
"Il mediatore, in estrema sintesi, offre la propria consulenza per continuare ad essere genitori nonostante la separazione e imparare a litigare senza che ci vadano di mezzo i figli".
Grazie a questo sistema di conflitto "ammortizzato", anche i genitori più litigiosi possono riuscire a trovare una via comune che magari all'inizio scontenterà tutti, ma avrò il merito di lenire l'antagonismo e silenziarlo quel tanto che basta per rendere la situazione più vivibile per i figli.
"Ricordiamoci però che in un contesto di tale ostilità, due genitori che non riescono temporaneamente a mettere al primo posto i bisogni dei figli, non sono necessariamente pessimi genitori" ricorda l'esperto. "Sono solo persone che, prese dall'angoscia e dalla fatica di una situazione molto complessa, faticano a comprendere le giuste priorità".
Differenze tra genitorialità parallela e co-genitorialità
La genitorialità parallela è, nei fatti, una forma di co-genitorialità, anche se spesso questo termine ombrello viene utilizzato per definire la co-genitorialià collaborativa.
Tale approccio implica una collaborazione attiva e continua tra i genitori nella cura e nell'educazione dei figli. Questo modello richiede un alto livello di comunicazione, cooperazione e coordinazione tra i genitori, che lavorano insieme in modo rispettoso e costruttivo per prendere decisioni importanti riguardanti la vita dei figli.
Le principali differenze tra i due modelli riguardano:
- Forme di comunicazione: nella co-genitorialità, la comunicazione è frequente e diretta, mentre nella genitorialità parallela è limitata e strutturata.
- Forme di coinvolgimento: la co-genitorialità richiede un coinvolgimento congiunto nelle decisioni quotidiane e a lungo termine, mentre nella genitorialità parallela ogni genitore gestisce autonomamente il proprio tempo con i figli.
- Livello di conflittualità: chi riesce a intraprendere la strada della co-genitorialità riesce a stabilire un rapporto di collaborazione con l'ex-partner, basato su intenti comuni e molte (se non tutte) scelte condivise. Nel caso della genitorialità parallela, invece, i due genitori cercano di evitare i conflitti riducendo al minimo l'interazione tra di loro.
Perché vale comunque la pena tentare questo approccio
Riducendo al minimo il contatto tra i genitori, la genitorialità parallela può diminuire il livello di tensione, litigi e ripicche, creando un ambiente più sereno per i figli.
Ogni genitore ha infatti la libertà di gestire le proprie responsabilità senza interferenze, costruendo routine e stili educativi prevedibili che limitano il disorientamento dei figli e li aiutano a crescere con maggiori sicurezze.
Di contro però c'è il fatto che tale rapporto "non belligerante" si regge su un equilibrio precario, dove ogni minima variazione sullo spartito prestabilito (uno spostamento dei figli non comunicato, l'adozione di una regola non condivisa etc…) può diventare il pretesto per infrangere la collaborazione e ricadere nella conflittualità più serrata.
"Esistono delle persone che a causa del loro carattere o delle esperienze pregresse non arriveranno mai ad elaborare un conflitto in modo da tornare a parlarsi, dunque delineare queste due rette che viaggiano parallele senza incrociarsi mai rimane una strada percorribile" conclude Pardini.
"Certo, non è la soluzione ideale, poiché un simile contesto frammentato invia messaggi contrastanti al minore che si trova in mezzo al conflitto. Ma in mancanza di alternative, anche quello che dovrebbe rappresentare solo un primo step all'interno di un percorso più ampio, può trasformarsi in una piccola vittoria per la maggiore tranquillità del bambino".