Cos’è la matrescenza e perché diventare madri è come vivere una seconda adolescenza

Esiste un periodo della vita in cui corpo e mente sembrano lavorare più velocemente, orientandosi verso cambiamenti permanenti nella voce e nell'aspetto dei ragazzi che l'attraversano, si tratta dell'adolescenza. Ma secondo l'antropologa Dana Raphael, le transizioni a cui la maternità obbliga il corpo, la mente e la vita delle donne danno vita, non sono da meno, per tanto, negli anni Settanta coniò all'interno del suo libro "Being Female: Reproduction, Power and Change", il termine matrescenza. "La parola matrescenza serve a sottolineare che la maternità è un periodo di transizione critico, perché il parto non rende automaticamente una donna madre" scriveva nel suo testo Raphael, dando una visione della maternità molto lungimirante.
Esattamente come gli adolescenti divisi tra il desiderio di essere trattati da adulti e la consapevolezza di avere ancora estremo bisogno di mamma e papà, secondo l'antropologa, le donne si trovano a vivere forti dissidi interiori, causati da una società che non accetta che diventare e sentirsi mamme, sia molto più che partorire un bambino.
La matrescenza: una lenta transizione verso la maternità
Con il termine matrescenza, ormai entrato a far parte della psichiatria perinatale, ma coniato negli anni Settanta dall'antropologa Dana Raphael si intendono i cambiamenti psicologici, sociali, culturali ed esistenziali che si realizzano quando le donne diventano madri.
Prendere consapevolezza, che esattamente come nel caso dell'adolescenza, termine che assomiglia anche dal punto di vista etimologico a "matrescenza", questi cambiamenti esistono e fanno parte di tutte le esperienze di maternità permetterebbe alle madri di vivere questa transizione più serenamente e alla società tutta di prendere coscienza delle sfide che le donne affrontano quando e se decidono di diventare madri, come specifica un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica Frontiers. Dalla ricerca infatti, emerge l'importanza di definire chiaramente anche dal punto di vista psicologico quanto sia difficoltoso vivere questa transizione e quanti sentimenti, anche contrastanti, porti, senza cadere nello stereotipo di un periodo roseo o al massimo di sacrifici ripagati dal dare la vita. I ricercatori hanno anche specificato che la maternità è caratterizzata da tre fasi, dimostrando quanto sia un periodo in continua evoluzione:
- maternità emergente: inizia nell'esatto istante in cui il bimbo viene al mondo
- maternità intermedia: ossia il periodo in cui i figli affrontano l'adolescenza
- maternità tardiva: fa riferimento all'allontanamento dal nido da parte dei figli, ormai adulti.
Il rischio di non pensare alla maternità come a un periodo di cambiamenti
Ancora oggi sembra estremamente complesso pensare alla maternità come ad un periodo difficile per tutte le donne, si tende sempre a sminuirne la portata dei cambiamenti, con slogan che inneggiano alla possibilità di essere tutto nella vita senza mai dover rinunciare a nulla. Così facendo, però, si crea un circolo vizioso per cui, chi invece il turbinio di cambiamenti lo avverte, anche in maniera particolarmente forte, non riesca a chiedere aiuto, perché alla fine "ci sono passate tutte".

Sul The Guardian, è uscito un articolo di commento al libro di Lucy Jones, scrittrice del libro "Matrescence" sul tema, che sottolinea come a differenza dell'adolescenza, comunemente accettata come un periodo marcato di transizione, nella società è appena accennato l'impatto che la maternità può avere sulla vita di una persona.
Il rischio, spiega Jones, è che si cada dunque nel falso mito secondo cui la maternità non sia così per tutte: "Si finisce per credere davvero di essere sbagliate davanti a quei ‘per me non è stato così'". La scrittrice infatti afferma che i suoi 3 figli le hanno portato estrema gioia, senso di appagamento e un nuovo attaccamento alla vita, ma non solo. "È essenziale sdoganare il fatto che la maternità sia fatta anche di una forte mancanza di controllo della propria vita, enormi sensi di colpa e di una solitudine mai provata prima, basti pensare che il 38% delle neomamme trascorre sola con il bambino più di 8 ore al giorno". Tutte queste contraddizioni e cambiamenti, che accettiamo socialmente in un adolescente, andrebbero accettati anche nelle madri, chiamando la loro esperienza con il suo nome: matrescenza.
Come si manifesta la matrescenza: lo psichiatra
Lo psichiatra George Szasz, in un suo articolo pubblicato sulla rivista scientifica BCMJ ha elencato, per renderla ancora più concreta, quali siano le manifestazioni chiare e limpide di questo lungo e difficile periodo di cambiamenti e contrasti che è la matrescenza:
- Sentimenti di ambivalenza: secondo il dottore la neomamma è come un pendolo che oscilla tra serenità e paura estrema, bisogno di solitudine e di confronto con chi, prima di lei, ha sperimentato qualcosa di simile.
- Non sentirsi abbastanza brave: sono continui i sensi di colpa che la maternità porta con sé, per inseguire il falso mito della mamma perfetta, si accentuano.
- Riflettere sulle figlie che si è state: approcciarsi alla genitorialità porta a riflettere sugli atteggiamenti dei propri genitori, sperando di non emularli.
- Fronteggiare dinamiche familiari del tutto nuove: la nascita di un figlio porta grossi cambiamenti, nella coppia, nella famiglia e con gli amici, che fanno parte di questo periodo di transizione.
- Combattere contro il figlio immaginato: ogni donna immagina il proprio bambino a seconda della sua cultura di riferimento, ma nascite pre-termine o malattie non diagnosticate durante la gestazione, possono portare il bimbo ad essere ben diverso da come lo si era immaginato e le donne si trovano a combattere anche contro i propri sogni.