Cos’è la genitorialità intensiva e quali sono i rischi di essere sempre presenti per i figli
Il mondo contemporaneo mette sotto pressione i genitori in modi inediti, dall’esposizione dei bambini ai social media alla crescente violenza nelle scuole. Per molti genitori, ciò si traduce in un atteggiamento di iperprotezione esasperato, una modalità educativa nota come "genitorialità intensiva" che, secondo alcuni esperti, potrebbe però comportare più danni che benefici.
Cos’è la genitorialità intensiva
Il concetto di genitorialità intensiva è stato introdotto nel 1996 dalla sociologa Sharon Hays, la quale utilizzò l'espressione intensive mothering per parlare della grande fatica – sia pratica che emotiva – con cui le madri lavoratrici vivevano il loro compito di cura e gestione del focolare domestico.
Questo termine, caratterizzato per l'attenzione quasi esclusiva al benessere dei figli (spesso al punto di sacrificare sé stessi) è stato poi allargato all'intero impegno parentale. I genitori intensivi, infatti, dedicano gran parte del proprio tempo a soddisfare le esigenze emotive e pratiche dei figli, fino a trascurare la loro vita personale e il benessere familiare complessivo. Sotto la categoria "ombrello" dei genitori intensivi potrebbero per esempio ricadere i cosiddetti genitori elicottero, sempre pronti a osservare dall'alto i figli per assicurare il loro benessere, o i genitori spazzaneve, i quali non si limitano a sorvegliare i loro pargoli, ma agiscono in prima persona per rimuovere ogni possibile ostacolo che potrebbe turbarne la serenità e il successo.
Perché un genitore "diventa intensivo"?
Chiara Sità, docente di pedagogia generale e sociale presso il Dipartimento di Scienze Umane dell'Università di Verona, in articolo del 2017 pubblicato sulla rivista Consultori Familiari Oggi ha definito tale approccio come un modello che considera l’essere genitore un "compito estremamente laborioso, sia sul piano emozionale, sia su quello dell’investimento di tempo e risorse economiche". Tale concezione, spiega Sità, deriva dalla convinzione che "ciò che un genitore fa o non fa per il figlio nei primi anni di vita abbia conseguenze di cui i genitori sono responsabili".
I genitori intensivi, insomma, sono profondamente preoccupati dal fatto che se non faranno di tutto per controllare e proteggere i propri figli, questi ultimi verranno esposti ai pericoli del mondo e non riusciranno a realizzarsi nella vita.
Ad alimentare simili timori, secondo gli esperti, possono concorrere diversi fattori. La psicologa Anne Walsh, ad esempio, ha recentemente spiegato al sito Parents come l’uso dei social media negli ultimi anni contribuisca notevolmente a intensificare l’ansia nei genitori, poiché il taglia-e-cuci tipico dei contenuti online per mostrare solo gli aspetti positivi della propria vita può provocare insicurezza e spingere le persone a inconsci paragoni con la propria realtà.
A ciò si deve aggiungere anche la tendenza delle nuove generazioni di genitori a prestare la massima attenzione alle esigenze dei figli, una società sempre più permeata dalla mania di controllo (oggi, grazie alle moderne tecnologie, chiunque è sempre rintracciabile e ogni cosa può essere programmata), nonché un mondo dal contesto economico e sociale incerto, che in assenza di un futuro chiaro e luminoso spesso spinge i genitori ad essere ancora più protettivi nei confronti dei loro piccoli
I rischi della genitorialità intensiva
Avere cura dei propri figli e preoccuparsi per loro è normale, tuttavia l'ossessione maturata da alcuni genitori per la totale serenità dei figli può in effetto risultare soffocante ed educativamente inefficace. Secondo gli autori della ricerca Genitorialità intensiva: i rischi di un eccesso di richieste. Tendenze in psicologia (pubblicata nel 2022 su Trends in Psychology), questo approccio rischia di comportare pesanti ripercussioni sia sul benessere dei genitori, che dei loro bambini.
I genitori "intensivi", infatti rinunciano a gran parte della loro vita (carriera, tempo libero, perfino scelte sentimentali) per dedicarsi totalmente ai propri figli, una situazione che alla lunga può causare un continuo di stato di ansia, fatica (sia mentale che fisica), e di frustrazione.
Per contro, i figli che vengono mantenuti sempre sotto costante osservazione, ricevono continui consigli su ciò che dovrebbero fare e non possono scegliere quasi nulla della propria quotidianità (ci ha già pensato il genitore), rischiano di accumulare un senso di sopraffazione e ansia costante. In più, i bambini e i ragazzi che crescono con un padre o una madre troppo presenti, spesso non sviluppano le competenze di autonomia sufficienti per risolvere da soli dai piccoli e grandi problemi della vita.
Strategie per trovare un equilibrio sano
In un recente articolo pubblicato su Parents, alcuni psicologi ed esperti di genitorialità hanno individuato alcune buone pratiche per evitare di diventare genitori "intensivi":
- Lasciare che i bambini si annoino ogni tanto: i bambini devono imparare a gestire il tempo libero in modo autonomo, senza attività organizzate o interventi continui dei genitori. Lasciarli annoiare favorisce la creatività e l’indipendenza.
- Incoraggiare la risoluzione dei problemi: è importante che i bambini imparino a risolvere i propri conflitti senza che i genitori intervengano subito. Questo approccio aiuta a sviluppare competenze sociali e l'autostima.
- Evitare il confronto con altre famiglie: ogni famiglia è diversa, e i genitori dovrebbero focalizzarsi sulle proprie priorità, evitando di confrontarsi con standard imposti da altri. Fidarsi del proprio istinto e scegliere cosa è meglio per il proprio nucleo familiare è fondamentale.
- Dedicarsi alle attività che portano gioia: riconoscere ciò che è fonte di stress e ciò che porta gioia può aiutare a bilanciare l’approccio educativo. Coltivare momenti sereni e piacevoli con i figli permette di costruire legami più rilassati e autentici.
Più in generale, il suggerimento degli addetti ai lavori è quelli di scogliere un po' le briglie e lasciare che i figli vivano le proprie esperienze, ovviamente senza rinunciare all’amore e alla cura dei loro bisogni. Secondo Lauren Canonico, psicoterapeuta e professoressa associata presso l'Affirmative Therapy Collective, il primo passo potrebbe essere proprio quello di concedersi il permesso di “fare meno” per poter offrire di più a sé stessi e ai bambini. A volte, essere un po' più pigri e non correre subito per risolvere i problemi dei propri piccoli può essere la decisione più giusta per insegnare loro a cavarsela da soli.