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Con la procreazione assistita è più probabile avere dei gemelli? Ora non è più così: la spiegazione dell’esperta

I recenti dati sulle gravidanza ottenute dopo una procedura di procreazione medicalmente assistita (PMA) mostrano una significative riduzione di parti gemellari, un tempo molto più comuni in casi di questo tipo. Intervistata da Fanpage.it, la ginecologa esperta di ferilità Annalisa Racca ha spiegato i motivi di questo cambiamento: “Il merito è di procedure più efficienti e selettive per l’impianto degli embrioni”.
Intervista a Annalisa Racca
Direttore Sanitario dell’Instituto Bernabeu di Venezia
A cura di Niccolò De Rosa
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Fino a qualche anno fa la procreazione medicalmente assistita (PMA) era spesso associata a un’elevata probabilità di gravidanze gemellari. Eppure, secondo i dati, negli ultimi anni le cose non stanno più così. L'incidenza di nascite multiple in seguito a procedure di fecondazione assistita appare infatti in netta riduzione (nel 2023 solo il 6,9% dei 15.085 parti ottenuti grazie alla PMA è stato gemellare, a fronte del 21% registrato nel triennio 2012/2015).

Per comprendere le ragioni dietro a questo cambiamento Fanpage.it ha intervistato Annalisa Racca, Direttore Sanitario dell’Instituto Bernabeu di Venezia. "L’obiettivo delle cliniche di fertilità è cercare di evitare le gravdianze gemellari, perché dal punto di vista medico sono più rischiose sia per la madre che per i bambini" afferma Racca che per fornire un quadro della situazione ha identificato tre elementi in particolare che, combinati con una legge che lentamente si sta adeguando ai tempi, sembrano concorrere alla riduzione del fenomeno: l'adozione di tecniche di congelamento e scongelamento più efficaci, cultiva dell'embrione ampliato e diagnosi pre-impianto che consentono di conoscere lo "stato di salute genetica" dell'embrione prima di utilizzarlo.

Congelamento più efficace

"Dal 2011 di fatto si è introdotta una tecnica di congelamento chiamata vetrificazione" spiega la dottoressa Racca. Le procedure precedenti infatti prevedevano il ricorso al cosiddetto slow freezing, una tecnica che comportava un tasso di sopravvivenza degli embrioni dopo lo scongelamento più basso e dunque poteva richiedere con più frequenza lo scongelamento di un secondo embrione se il primo non riusciva a sopravvivere.

Annalisa Racca, Direttore Sanitario dell’Istituto Bernabeu di Venezia
Annalisa Racca, Direttore Sanitario dell’Istituto Bernabeu di Venezia

"La vetrificazione è invece molto più sicura: nel nostro centro, ad esempio, il tasso di successo nel 2024 è stato del 98,3 percento. Di conseguenza, il congelamento non è più un timore, essendoci molti meno sprechi rispetto a un tempo".

Una procedura maggiormente mirata

Il secondo punto riguarda invece il cultiva della blastocisti, ossia il periodo di incubazione e sviluppo embrionario dallo stadio di ovocita fecondato (ossia dal primo giorno succesivo all'iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo) allo stadio di blastocisti (giorno 5-6 post icsi). In questo lasso di tempo l’embrione rimane in un incubatore specifico che simula l’ambiente uterino.

"Fino a qualche anno fa tantissime cliniche si fermavano alla terza giornata di cultiva" racconta Racca. "Poiché dal terzo al quinto giorno di cultiva di solito si perdono il 50% degli embrioni conservati, si tendeva ad impoiantare due embrioni perché si pensava che non sarebbero arrivati entrambi allo stadio di blastocisti". Questo però significava che se entrambi gli embrioni riuscivano a diventare blastocisti, la gravidanza gemellare era molto probabile.

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Adesso però la tendenza è aspettare fino al quinto giorno di cultiva prima di trasferire la blastocisti. In questo modo si riduce il numero di embrioni a disposizione, ma come in una sorta di selezione naturale rimangono solo quelli più forti e con più probabilità di dare inizio a una gravidanza. "Avendo solo blastocisti con alto potenziale, pertanto, di solito si procede ad impiantare solo un embrione, motivo per cui le probabilità di avere una gravidanza multipla crollano drasticamente".

Nuove modalità di diagnosi

Un ulteriore elemento che concorre al calo di gemelli nelle nascite successive a una procedura di PMA è infine il miglioramento della diagnosi pre-impianto, ossia la selezione degli embrioni sulla base delle informazioni genetiche ottenute sull'embrione prima di trasferirlo.

"Poniamo di avere quattro embrioni in cultiva di cui non sappiamo nulla" spiega l'esperta. "Dieci anni fa ne avremmo impiantati due oggi e, in caso di fallimento, due il mese prossimo. Adesso, invece, in casi selezionati, si aspetta lo sviluppo emnbrionale fino alo stadio di blastocisti per poi eseguire la diagnosi pre-impianto sugli embrioni che sono sopravvissuti. Ciò ci permette d'individuare con ancora maggiore selettività gli embrioni geneticamente normali che possono farcela e scegliere quello da impiantare. E anche in caso in cui fossero più candidati, si procederebbe comunque a trasferirne soltanto uno".

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Tale scelta, conclude Racca, è supportata anche da uno studio condotto a Bruxelles su circa 5.000 cicli di procedure di PMA cui lei stessa ha preso parte. L'indagine ha dimostrato come l'impianto di uno o due embrioni non andasse a influenzare i tassi di bambini nati vivi. "La grande differenza risiedeva però nelle probabilità di parti gemellari: impiantando due embrioni, infatti, le chance di avere due o più gemelli salivano al 25 percento".

Da qui l'adozione di una prassi che, se possibile, tende a prediligere l'impianto di una sola blastocisti per ridurre il "rischio" di gravidanza multipla senza intaccare le possibilità di buona riuscita della gestazione.

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