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“Con il coming out i figli dicono ai genitori che si fidano di loro e che confidano nel loro supporto”

Il coming out di un figlio, seppur oggi l’omosessualità sia accettata molto più che un tempo, può ancora sconvolgere i genitori e abbiamo chiesto al docente di sociologia Luca Trappolin di spiegarci perché.
Intervista a Luca Trappolin
docente di sociologia all'università di Padova
A cura di Sophia Crotti
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coming out

La nostra redazione riceve lettere e testimonianze relative a storie che riguardano la maternità e l’essere genitori. Se avete una storia da raccontarci, o leggendo queste parole pensate di avere vissuto una situazione simile, potete scriverci cliccando qui.

“Mamma, papà, sono gay”, 4 parole che qualcuno pronuncia velocemente con lo sguardo basso, qualcun altro fieramente, stringendo sotto al tavolo la mano di un fratello, una sorella o un cugino che già sanno. È ciò che avviene in tantissime famiglie italiane e che oggi, venerdì 11 ottobre, si celebra nella giornata internazionale del coming-out. 

Una frase che spiazza molti genitori, facendoli sentire in colpa per tutti quegli stereotipi che in una società ancora troppo eteronormativa come la nostra, hanno involontariamente inserito nell’educazione dei propri figli.

Abbiamo chiesto al professore Luca Trappolin, docente di sociologia presso l'università di Padova, di spiegarci cosa succede all'interno delle famiglie quando avviene un coming out:  “Il coming out fa due regali enormi ai genitori, innanzitutto rompe il tabù della sessualità ancora molto presente tra genitori e figli. Poi, dopo tanta sofferenza permette finalmente ai figli di socializzare i genitori, rassicurandoli sul fatto che non c’è nulla di sbagliato in come li hanno cresciuti e raccontando loro perché si siano sentiti dei figli a volte sbagliati”.

LUCA-TRAPPOLIN
professor Luca Trappolin, docente di sociologia all'università di Padova

Quando un figlio fa coming out con i suoi genitori, cosa sta dicendo loro in realtà?

Innanzitutto quando un figlio decide di fare coming out con un genitore, gli sta dicendo che per lui è una figura importante. A mio avviso il ragazzo o la ragazza, infatti, non sta realmente rivelando qualcosa di sé, ma qualcosa del genitore, gli sta chiedendo supporto e sostegno, perché di lui si fida.

Quali sono secondo lei le domande che un genitore si fa e non dovrebbe verbalizzare davanti al coming out di un figlio?

Io penso che i genitori si chiedano se l’orientamento sessuale che il figlio sta comunicando è episodico, la famosa “fase”, o se sarà per sempre e se soprattutto i ragazzi sono “nati così”. La verità è che queste domande sono del tutto inutili, nemmeno la scienza conosce l’eziologia dell’omosessualità e non sarà certo un genitore a scoprirla interrogando il figlio. Questi interrogativi portano anche i genitori a domandarsi: “Ma cosa ho sbagliato quando mio figlio era piccolo?” altra domanda inutile che invito i genitori a tenere per sé, focalizzandosi sul presente: i figli stanno chiedendo il loro sostegno ed è l’unica cosa che conta qui e adesso.

Perché se ad oggi è molto più accettata l’omosessualità a livello sociale rispetto ad un tempo è spesso uno shock per i genitori ascoltare il coming out dei figli? 

Innanzitutto perché i genitori di oggi non sono in grado di parlare di sessualità con i figli. Il disorientamento che provano i genitori davanti al coming out di un figlio, è lo stesso che proverebbero nello scoprire, per esempio, che la loro figlia di 13 anni ha avuto un rapporto sessuale con un ragazzo. I figli di conseguenza non parlano con i popri genitori di sesso ma si confrontano con i pari e se hanno qualche interrogativo lo pongono al web. Sono davvero convinto che il coming out sconvolga perché riesce a sfondare con audacia il fortissimo tabù della sessualità. Ed è un bene, da lì in avanti il rapporto tra genitori e figli può evolvere solo in meglio.

Poi c’è un altro falso-mito che porta i genitori a sentirsi persi davanti al coming out dei figli, quello secondo cui il binomio omosessualità e genitorialità non possa esistere. Ebbene sì i genitori italiani temono che i loro figli omosessuali non possano a loro volta diventare genitori: “Quindi non mi darai mai nipoti?” “Allora invecchierai da solo”, sono falsi miti molto presenti nei genitori, che temono appunto che i figli, una volta cresciuti quando loro non ci saranno più, saranno completamente soli. Ad oggi però le coppie gay o lesbiche, nonostante le nostre politiche, per fortuna se lo desiderano riescono a vivere la genitorialità.

A chi un figlio racconta prima il suo orientamento sessuale in famiglia?

Gli studi sulla sessualità nella socializzazione ci dicono che un figlio quando decide di parlare del proprio orientamento sessuale in famiglia, prima lo fa con i fratelli, se li ha, dal momento che le famiglie italiane sono sempre più piccole ad oggi. La seconda persona a saperlo tendenzialmente è la mamma che assume in famiglia ancora la funzione di leader espressivo, con cui si può parlare di sentimenti. Insieme alla mamma poi si decide se e quando dirlo al papà.

Questi passaggi possono creare una sorta di gelosia tra i genitori?

No, non penso. Se questi passaggi causano gelosia nel genitore che lo ha saputo dopo, allora significa che ci sono dei problemi più profondi suoi o nella coppia che vanno indagati.

Perché ai genitori viene spontaneo pensare ad un loro errore educativo se i loro figli si dichiarano omosessuali?

Perché il nostro Paese è ancora molto eteronormativo, tutti gli altri modi di vivere la vita sessuali sono pensati come periferici e lo schema cognitivo del normale-anormale è ancora imperante. Però vorrei dire ai genitori che devono sapere che questa lotta tra normalità e anormalità, i loro figli la stanno combattendo da molto prima del coming out, nel senso che i figli generalmente vengono educati a credere che l’eterosessualità sia la normalità. Quindi quando arrivano a fare coming out con i loro genitori in maniera esplicita e verbale, non lo dicono spinti dall’emotività del momento ma dopo che hanno a lungo lottato contro se stessi.

I genitori potrebbero vivere una sorta di senso di colpa per le frasi usate fino a quel momento con un figlio pensando che non fosse omosessuale?

Sì, pensiamo alla tipica domanda dei genitori Quando porti a casa il fidanzatino-a”, quando un figlio fa coming out, ricordare di averla fatta fa più male. Io però mi sento di dire che seppur questo interrogativo sia di per sé priva di senso, risponde a una responsabilità di cui il genitore si fa carico quando mette al mondo una creatura: dargli il meglio, secondo le proprie idee. Ed è normale poi sentirsi male quando si capisce che seppur mossi dalle migliori intenzioni si abbia sbagliato. In questo caso, secondo me è bene che il genitore instauri una conversazione a riguardo con il figlio o la figlia dicendo, “Forse ho sbagliato a farti certe domande, ne parliamo?”. Sarà bellissimo, è la parte più bella del coming out, perché il figlio o la figlia in quel momento riusciranno a socializzare i genitori, spiegando loro perché non c’è nulla di sbagliato, e raccontando anche loro che per primi hanno speso del tempo a sentirsi dei figli sbagliati.

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