Come si affronta un tumore in gravidanza: “Solo una donna informata può scegliere il meglio per lei e il bimbo”
Una diagnosi di tumore sconvolge la vita, sempre, quando questa arriva durante la gravidanza, fa temere oltre che per la vita della mamma per quella del bambino. Abbiamo chiesto alla dottoressa Giovanna Scarfone, responsabile di Struttura semplice di ginecologia oncologica al Policlinico di Milano, quali sono le indicazioni cliniche se la paziente è gravida ed è affetta da una patologia tumorale e se vi è una modalità di accompagnamento , qualora ce ne fosse la necessità, nella scelta di dover interrompere la gravidanza per eseguire terapie che risultano incompatibili ma essenziali per la cura della paziente.
"La donna è seguita da un team di esperti, ostetrici, ginecologi, oncologi, psicologi, che la informano sia sullo stato di avanzamento della malattia che sull'andamento della gravidanza e rispondono alle sue perplessità. La futura mamma viene informata di tutto, delle percentuali, dell'avanzamento della malattia e dello stato della gravidanza, così che, qualora ce ne fosse necessità, possa scegliere consapevolmente cosa fare".
Scoprire un tumore in gravidanza rende più complesso curare la patologia?
Partirei con una premessa, citerei qualche numero, purtroppo sappiamo che, rispetto a qualche anno fa oggi circa 5.000 donne nel nostro Paese hanno bisogno di trattamenti oncologici prima di aver portato a compimento il loro desiderio di maternità. In Italia si stima che ogni giorno vengono diagnosticati almeno 30 nuovi casi di tumori in pazienti in età inferiore ai 40 anni, ( 3% di nuove diagnosi di tumore).
Direi che è più complesso se pensiamo che si tratta di donne giovani, con un forte desiderio di portare a compimento il loro desiderio di maternità e la cui diagnosi di tumore non è così immediata. I motivi sono principalmente culturali: è difficile pensare che una donna in gravidanza possa avere anche una patologia così importante, in secondo luogo la gravidanza spesso maschera la patologia pensiamo per esempio al tumore della mammella, che è il tumore più frequente nella donna, quando interessa un organo che si modifica strutturalmente proprio in gravidanza e questo rende difficile la visita. Ovviamente non rende impossibile la valutazione clinica con ecografia, mammografia, risonanza magnetica senza mezzo di contrasto che però rappresentano lo step successivo dopo un sospetto diagnostico. La diagnosi oggi è complessa ma non impossibile grazie alle nuove metodiche strumentali anche nelle prime settimane di gravidanza.
Durante la gestazione ci si può sottoporre a chemioterapia o radioterapia?
La chemioterapia, per esempio, indicata per numerose patologie tumorali, è fattibile dal secondo trimestre, in particolare dalla tredicesima- quattordicesima settimana di gravidanza fino a circa 3 settimane prima del parto poi ovviamente questo termine può variare a seconda della settimana di gravidanza raggiunta dalla paziente ma soprattutto dal percorso che dopo il parto la paziente dovrà seguire salvo anche l’assenza di eventi nuovi che accadono durante la gravidanza riferito alla mamma come anche al feto. Gli schemi di terapia proposti alle pazienti sono quelli quanto più vicini o realmente sovrapponibili alle linee guida internazionali per la cura della patologia, non bisogna infatti pensare che le donne durante la gravidanza, per la loro condizione, ricevano un trattamento non efficace o non indicato per quella patologia, non sarebbe etico. La cura della mamma è al centro della nostra pratica clinica garantendo il benessere materno-fetale sempre.
Mentre la radioterapia, che per esempio è indicata per alcune patologie tumorali quali il tumore della mammella, il tumore della cervice uterina non è perseguibile in gravidanza.
Viene lasciata alla mamma la possibilità di scegliere se curarsi o se non farlo, se le cure possono fare del male al bambino?
Un tempo non vi erano evidenze scientifiche che potessero rassicurare medici e pazienti pertanto la scelta più comune era quella di interrompere la gravidanza ed avviare le cure nelle prime settimane oppure iniziare le terapie dopo il parto, oggi la paziente è al centro di un team multidisciplinare che affronta sia l'aspetto ostetrico che quello oncologico partendo dall’assoluto desiderio della paziente di portare a termine la gravidanza.
Un neonatologo poi, nello specifico, informa la paziente sul benessere del neonato tenuto conto dell’età gestazionale in cui nasce. Solo a quel punto la donna ricevute tutte le informazioni che la riguardano e che riguardano il suo bimbo decide di seguire il percorso diagnostico-terapeutico proposto; una paziente realmente informata può scegliere per questo noi offriamo alla paziente una consulenza quanto più completa possibile.
Il tipo di cure cambia anche a seconda della fase della gravidanza in cui si scopre il tumore e il suo stadio?
Non cambia l’indicazione alla cura della paziente ma dalla consulenza multidisciplinare può emergere che il tipo di terapia in indicazione non assicura il benessere per quella paziente o per il feto proprio perché in considerazione delle settimane di gravidanza la possibilità di eseguire la terapia più idonea per quella paziente incide sul benessere del feto; se la malattia è molto aggressiva, la consulenza dovrà essere esaustiva in termini di prognosi e possibilità di cura.
Pertanto settimana di gravidanza, benessere materno in termini di cura e benessere fetale sono fondamentali per la scelta del tipo di cura.
Ovvio è più semplice curare una paziente che è in prossimità del termine della gravidanza, superato il terzo trimestre di gravidanza, l’indicazione in genere è quella di iniziare le terapie dopo il parto.
Se la mamma deve essere operata per rimuovere la massa cosa succede al bimbo durante la sedazione totale?
Si diversifica per patologia, se la donna per esempio ha un tumore alla mammella, può essere sottoposta a chirurgia, in genere un tumore allo stadio iniziale, ininfluente è il trimestre di gravidanza; se la paziente ha superato il l terzo trimestre di gravidanza o in prossimità del parto si può decidere di rimandare la chirurgia.
Le cose cambiano, però, quando si parla di un tumore ovarico invasivo, rarissimo in gravidanza e nelle donne giovani o un tumore della cervice uterina, anche questo molto raro, in genere la scelta ancora una volta dipende dall’età gestazionale in cui ci troviamo ad affrontare la problematica della malattia; la chemioterapia spesso rappresenta un’opzione per queste pazienti fino ad una settimana utile per il parto(taglio cesareo) con conservato benessere fetale; fondamentale ricordare l’aggressività tumorale sempre in termini di prognosi quando decidiamo di trattare o di rimandare un trattamento elettivo per patologie come per il tumore ovarico invasivo o quello della cervice uterina.
Vi sono altre patologie che possono insorgere in gravidanza e che richiedono un intervento chirurgico, quali i tumori della tiroide. Più complesso è quando si parla di patologie ematologiche, come i linfomi o le leucemie , quelle più aggressive che richiedono schemi di chemioterapia complessi e che rendono molto problematica la consulenza a queste pazienti.
Capita che le pazienti si sentano in colpa perché curando se stesse, mettono a repentaglio la vita dei loro figli?
Le nostre pazienti hanno anche la possibilità di ricevere una consulenza psicologica,consulenza che sin dall’inizio come nell’inquadramento clinico è offerta al papà del bimbo, prima, durante e dopo la gravidanza, anche e soprattutto quelle che decidono di interrompere la gestazione. Per la mia esperienza devo dire che nessuna delle pazienti trattate ha reali sensi di colpa, anzi sono curiose e in trepida attesa di vedere il bambino al parto e dopo i trattamenti in realtà.
Quando il piccolo nasce, poi, è un tripudio di emozioni contrastanti perché la paziente fino a quel momento ha spesso dimenticato la sua malattia, molto concentrata sulla gravidanza, quando poi accoglie il bimbo ricorda la malattia e le cure che probabilmente seguiranno.
Fondamentale alla fine è il ruolo del neonatologo che completa il quadro del bimbo alla nascita e fino all’età scolare per molti dei nostri bambini e per alcuni anche oltre questo ultimo aspetto è spesso rassicurante e di conforto per i genitori.