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Come si affronta la morte di un bambino a pochi giorni dal parto, dalla memory-box al ritorno a casa

La morte di un bambino è un evento drammatico, anche se si trovava ancora nella pancia della mamma. Abbiamo parlato con la dottoressa Smid e la dottoressa Di Mattei, che lavorano rispettivamente nel reparto di ostetricia e psicologia dell’Ospedale San Raffaele per aiutare le coppie ad elaborare il lutto. Dal linguaggio comprensivo alla box con i ricordi del bambino, ci hanno spiegato la prassi che mettono in atto.
A cura di Sophia Crotti
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lutto bambino

Non sentire più il feto muoversi nella pancia, correre in ospedale, aspettare l’ecografia, ascoltare la diagnosi e trovarsi a dover elaborare il lutto, in un momento della vita che doveva essere il preludio di una grande gioia. È questa la prassi che una coppia che si trova a vivere un lutto endouterino, dunque la morte di un bambino a poche settimane dal termine della gravidanza, è costretta a vivere, per la famiglia e per gli esperti che assistono il parto.

In questi casi inizia un lavoro di squadra all’interno dell’ospedale in cui ginecologi, ostetrici e psicologi collaborano fianco a fianco al fine di aiutare la coppia ad elaborare quanto appena accaduto.

Ne abbiamo parlato con la dottoressa Maddalena Smid, responsabile del reparto ostetricia dell’Ospedale San Raffaele e con la prof.ssa Valentina Di Mattei, associata presso Università Vita-Salute San Raffaele e coordinatrice del Servizio di Psicologia Clinica della Salute dell’IRCCS Ospedale San Raffaele.

Maddalena Smid, responsabile del reparto ostetriciadell’Ospedale San Raffaele
Maddalena Smid (Responsabile del reparto ostetricia
dell’Ospedale San Raffaele)

Non c'è più battito: la prassi ospedaliera

La dottoressa Smid ci ha spiegato che i casi di morte endouterina sono fortunatamente molto rari. Ciò però non significa che eventi del genere siano impossibili, per questo il team che lavora in sala parto è pronto a gestire queste evenienze, seppur non esistano delle linee guida univoche. La dottoressa ci ha dunque spiegato nel dettaglio la prassi che seguono all'interno dell'ospedale: “La prima fase, la più terribile, è la diagnosi. Questa avviene attraverso un'ecografia che viene fatta alla donna quando arriva in ospedale dicendo di non sentire più il feto. È atroce perché nessun genitore si aspetta che il bimbo che è stato nella pancia per quasi 9 mesi possa morire”.

Valentina Di Mattei, associata pressoUniversità Vita-Salute San Raffaele e coordinatrice del Servizio di Psicologia Clinica della Salute dell’IRCCS Ospedale San Raffaele.
Valentina Di Mattei (docente associata presso
Università Vita-Salute San Raffaele e coordinatrice del Servizio di Psicologia Clinica della
Salute dell’IRCCS Ospedale San Raffaele)

A questo punto il personale sanitario deve comunicare il lutto alla coppia, nel modo più chiaro e rispettoso possibile, perché, come ci ha spiegato la psicologa Di Mattei, l’impatto emotivo dell’esperienza dipende anche dalla qualità delle parole scelte: “Dire "sta perdendo suo figlio" rispetto a "sta abortendo" può cambiare profondamente come i genitori vivono ed elaborano l'evento, servono accuratezza e sensibilità nella scelta delle parole. È meglio evitare tecnicismi medici e sostituire le parole “feto” o  ”prodotto del concepimento” con il nome del bambino se già era stato scelto”.

diagnosi

Dopo la comunicazione si presentano alla coppia diverse possibilità, quella di ritornare a casa per un momento di rielaborazione personale dell’accaduto, oppure quella di far arrivare un parente o un amico con il quale condividere ciò che sta accadendo. Se la coppia decide di rimanere nell'immediato in ospedale si seguono alcune accortezze: "La coppia nella struttura ospedaliera viene generalmente messa in una situazione protetta, quindi si sceglie o una stanza singola in cui la donna possa stare tutto il tempo che desidera con il partner, in modo anche che sia separata dalle altre mamme o donne gravide" dice la dottoressa Smid.

Il parto di un bimbo morto

Il parto, anche nel caso in cui sia ormai accertata la morte del bimbo all'interno dell'utero, secondo la letteratura scientifica, spiega la dottoressa Smid è meglio che avvenga con un'induzione farmacologica. Un taglio cesareo, infatti, segna il corpo già provato dal trauma e rende più difficoltosa l'elaborazione del lutto.  "So che può sembrare un'azione compassionevole quella di suggerire alle donne di partorire in maniera naturale ma è la cosa migliore per quanto riguarda l'elaborazione del lutto. La donna in quel momento realizza di star facendo comunque qualcosa per il bambino".

lutto

Una volta conclusosi il parto, viene suggerito alla coppia di guardare il loro bambino e di tenerlo in braccio, se lo desiderano: "Per molte famiglie, vedere il bambino anche se è nato morto è un passo cruciale nel riconoscimento della realtà della perdita. Questo aiuta a concretizzare l'esperienza, che altrimenti potrebbe sentirsi irrisolta o immaginaria. Inoltre, offre ai genitori la possibilità di dire addio, un passaggio importante nel processo di lutto" spiega la psicologa Di Mattei, ricordando però che il personale medico rispetta in ogni caso la volontà dei genitori.

Se i genitori lo desiderano, a questo punto, vengono seguiti dagli psicologi dell'ospedale anche dopo la degenza nella struttura ospedaliera che, salvo complicazioni, non dura mai più di due giorni.

Il bambino viene sottoposto a autopsia fondamentale per comprendere le cause del decesso:"Vengono effettuate indagini genetiche, infettivologiche e immunologiche sul bambino e sulla mamma nel tentativo di trovare, se c'è, una causa per evitare che un evento simile si ripeta" dice la dottoressa Smid. La famiglia viene richiamata in ospedale qualche settimana dopo il parto per commentare i risultati delle analisi e comprendere il livello di elaborazione del lutto.

La memory-box: l'importanza di ricordare il bambino

Sembra paradossale, perché dinnanzi ad un trauma spesso il cervello umano mette in atto un meccanismo salva-vita, cercando di dimenticarlo, ma per elaborare il lutto appena vissuto, ripensare a quel bambino, dare lui un nome e un volto è estremamente importante. "Psicologicamente, avere dei ricordi del bambino può aiutare i genitori a concretizzare la loro esperienza, che altrimenti potrebbe sembrare surreale o troppo breve. I ricordi aiutano a stabilire un legame duraturo con il bambino, che è importante per il processo di lutto. Senza ricordi tutto resta sospeso e il lutto diviene più difficile da elaborare. Ricordare ha un valore immenso nell’elaborazione." spiega la psicologa Di Mattei.

lutto bambino

Ai genitori viene dunque lasciata una memory-box, ossia una scatola contenente le foto del bambino, le impronte di manine e piedini impresse su carta o delle copertine, tutti oggetti che, spiega sempre la psicologa, non sono solo fondamentali per elaborare il lutto ma anche per trovare conforto nei momenti di tristezza che seguono l'evento. Questi oggetti, poi, servono anche a quei genitori che non si sentono pronti a vedere il bimbo alla nascita, per poter prendere coscienza di quanto accaduto, quando se la sentiranno.

"È importante che non passi il messaggio che quel bambino non sia mai esistito – dice la ginecologa Smid– altrimenti il rischio è che i genitori vivano per sempre nell'attesa come chi aspetta una persona dispersa. Nessuno parlerà mai di quel bambino, oltre a loro, perché nessuno lo conoscerà, per questo avere dei ricordi di lui è importante".

Tornare a casa senza il bambino

Quando sta per nascere un bambino tutti si mobilitano, e la casa si riempie in fretta di tutine, cappellini, mussole, lenzuolini, preparandosi ad accogliere il nascituro. Questi oggetti, quando la coppia rientra a casa senza il piccolo tra le braccia possono essere fonte di forte dolore.  "Il ritorno a casa può essere particolarmente difficile, soprattutto se la casa è stata preparata per accogliere il nuovo bambino. È utile che gli operatori sanitari preparino i genitori a questa realtà, suggerendo anche di modificare la stanza del bambino prima del ritorno a casa, se ciò può aiutare a gestire il dolore" suggerisce la psicologa Di Mattei.

Una gravidanza dopo il lutto

Il bimbo dopo il parto viene sottoposto a diverse indagini, per individuare, se c'è, la causa del suo decesso e lo stesso si fa con la mamma. Dopo un paio di mesi l'ospedale richiama la coppia per discutere i risultati delle analisi: "Sapere cosa è andato storto è utile per evitare che riaccada in una gravidanza successiva, per la quale tuttavia si suggerisce alle coppie di aspettare di aver elaborato il lutto" dice la dottoressa Smid.

lutto

Non esiste però, spiega la psicologa Di Mattei, un tempo standard prima di considerare una nuova gravidanza: "Idealmente, però, una nuova gravidanza dovrebbe essere considerata solo quando entrambi i partner si sentono psicologicamente pronti ad accogliere una nuova vita".

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