Come imparano a parlare i bimbi con disturbi dell’udito? Uno studio svela l’importanza di alcune parole
Come fanno a imparare a parlare i bambini sordi o con grosse difficoltà dell'udito? E soprattutto, riescono a mettersi in pari con i loro compagni di classe udenti nella prima infanzia? Da questi interrogativi è partita la ricerca di un gruppo di studiosi dell'Università di Miami, pubblicata sulla rivista scientifica Developmental Science, che ha scoperto l'importanza dei cosiddetti nomi basati sulla forma per i bambini che per tornare a sentire necessitano di un impianto cocleare.
Lo studio sullo sviluppo del linguaggio dei bambini
Un gruppo di ricercatori dell'Università di Miami ha coinvolto nel proprio studio un gruppo di bambini di età compresa tra i 5 mesi e i 5 anni, di cui 163 sordi o con problemi di udito e 87 udenti. I piccoli sono stati sottoposti dai ricercatori a test per comprendere da quante parole fosse composto il loro linguaggio, ogni 6 mesi peri i 3 anni successivi all'inizio dello studio, periodo durante il quale qualcuno di loro è stato operato per poter migliorare il proprio udito grazie all'impianto cocleare.
Dalla ricerca è emerso che per i più piccoli, soprattutto nei primi anni di vita, quando iniziano ad associare le parole agli oggetti concreti, che li circondano, sono essenziali i nomi basati sulla forma. Si tratta di nomi che diventano per i più piccoli delle macro-categorie, pensiamo alla parola sedia che per un bambino indica sia l'oggetto con le 4 gambe in legno che sta sotto al tavolo, che una poltrona, che uno sgabello, che qualsiasi oggetto utile per sedersi o la parola tazza che indica indistintamente qualsiasi oggetto dalla forma simile a quella di un bicchiere.
Solo crescendo i piccoli impareranno a distinguere, attribuendo nomi differenti ad ogni oggetto, questi oggetti per il materiale, le dimensioni e i colori che li compongono. Dai test che i ricercatori hanno sottoposto ai bimbi sordi, subito dopo l'impianto del dispositivo cocleare e a 3 anni dall'intervento, è stato evidente che i piccoli che dopo l'impianto avevano imparato molte parole basate sulla forma, erano anche quelli con maggiore sviluppo del linguaggio 3 anni dopo il primo test.
Questa correlazione era molto più forte per i bambini con impianto cocleare che per i bambini udenti, a dimostrazione del fatto che la mancanza di un input uditivo nei primi anni di vita, fondamentale per sviluppare il linguaggio, può essere in qualche modo sostituita dall'insegnamento precoce dei nomi legati alla forma.
"Imparare dei nomi basati sulla forma ha influenzato il numero di parole che i bambini con impianto cocleare conoscevano, le loro competenze grammaticali ed altri aspetti del linguaggio, così tanto che queste differenze di competenze linguistiche si protraevano anche 3 anni dopo il primo test" ha spiegato la professoressa Lynn K. Perry, la prima firmataria dello studio.
Agli studiosi, infatti, è risultato evidente che nonostante ad oggi l'impianto cocleare sia una misura standard per curare i bambini con una sordità importante come l'ipoacusia bilaterale grave o profonda, non tutti dopo l'intervento riescono con la stessa velocità a recuperare l'inevitabile scarto con i loro coetanei udenti.
"Sapere che le parole basate sulla forma sono così importanti sia per i bambini udenti che per quelli sordi è molto importante per genitori e insegnanti che impareranno così a supportare al meglio ciascuno di loro" ha concluso Perry.