Come funziona il metodo Ferber per insegnare al neonato ad addormentarsi da solo
Tra poppate e pianti disperati, vivere con un neonato significa mettere in conto di passare parecchie notti in bianco. Se però molti genitori si rassegnano al loro destino, cercando di ritagliare qualche istante di riposo qui e là durante la giornata, altri provano ad "addestrare" il sonno del neonato, seguendo strategie mirate a far sì che il bimbo impari a dormire da solo.
Tra le tecniche più note, pediatri ed esperti del sonno consigliano spesso il metodo Ferber, che prende il nome dal medico Richard Ferber, cofondatore del Center for Pediatric Sleep Disorders del Boston Children's Hospital.
A differenza del metodo cry it out, che prevede di lasciare il bambino a piangere fino a quando non si addormenta da solo, il Ferber method offre un approccio più graduale e delicato, abituando piano piano il pupo a prendere sonno senza la presenza fisica di un adulto vicino alla culla.
Come funziona il metodo Ferber
Il metodo consiste nel seguire la normale routine della nanna e lasciare il bambino nella sua culla. Una volta fuori dalla stanza, si aspetta un periodo di tempo prestabilito prima di rientrare per rassicurarlo brevemente, cantando una canzone o accarezzandolo, senza però mai prenderlo in braccio.
Questo processo viene ripetuto più volte, allungando gradualmente gli intervalli tra una visita e l'altra. Dopo alcuni giorni, il bambino dovrebbe iniziare a imparare a calmarsi e ad addormentarsi senza la presenza costante dei genitori.
Quali intervalli scegliere?
La dottoressa Melanie Franklin, psicologa del sonno pediatrico al Children's Hospital of Philadelphia, è recentemente intervenuta sul sito americano Today per sottolineare l'importanza di scegliere intervalli di tempo che funzionino sia per il bambino che per i genitori.
Si inizia con tempi brevi – di solito si consiglia di partire con tre minuti – e progressivamente si aumenta la durata: cinque, sette, dieci minuti, fino all'arrivo del sonno. Questi intervalli possono essere prolungati durante la stessa notte o nel corso di più notti.
Secondo Lori Strong, consulente certificata del Family Sleep Institute, in questo processo è fondamentale rimanere ligi e ferrei nell'applicazione del metodo: se i genitori passano troppo tempo nella stanza parlando o si mostrano troppo "fisici" nei momenti in cui si rassicura il bimbo (troppi baci, troppi abbracci), il bambino potrebbe confondersi, sentirsi stimolato e, di conseguenza, finire per piangere ancora di più.
Quando iniziare il metodo Ferber
Stando agli esperti, è cruciale non iniziare questa sorta di sleep training prima che il bambino sia pronto.
Secondo Strong, l'età ideale per iniziare si aggira tra i quattro e i sei mesi, ma il metodo può essere applicato anche a bambini più grandi e persino ai bebè che passano dalla culla al lettino. Tuttavia, non esiste un momento ben definito per iniziare: se i genitori preferiscono continuare a cullare il proprio bambino fino a farlo addormentare, non c'è bisogno di cambiare approccio.
L'aspetto più importante, afferma la dottoressa Franklin, è che il bambino dorma a sufficienza e in un ambiente sicuro, possibilmente senza privare i genitori del sonno.
A volte il metodo necessita di tempo prima di funzionare
Il metodo Ferber non è la panacea di tutti i problemi del sonno neonatale e come avviene con tutti i cambiamenti comportamentali, a volte la situazione addirittura peggiora prima di migliorare.
Se un bambino è abituato a essere cullato o preso in braccio appena piange, potrebbe infatti sentirsi confuso e reagire con rabbia di fronte alla mancata interazione con i genitori. Ci vuole del tempo prima che il piccolo si adatti alla nuova routine e capisca che dovrà imparare a dormire da solo.
Il metodo è sicuro per la crescita del piccolo?
Il Ferber method, come sottolinea Franklin, è considerato estremamente sicuro dal punto di vista comportamentale e non causa traumi a lungo o a breve termine, né per i bambini né per i genitori. Anzi, può essere particolarmente utile per quei bambini che devono imparare a dormire autonomamente, come nel caso dell'inserimento all'asilo nido.
Tuttavia, ci sono casi in cui il metodo potrebbe non risultare particolarmente appropriato, come quando i neonati devono svegliarsi di notte per la poppata o quando un piccolo soffre di problemi medici come reflusso o apnee notturne. In questi casi, è importante consultare un medico prima di iniziare qualsiasi tipo di sleep training.
Consigli pratici
Secondo Strong, uno degli errori più comuni che i genitori commettono è passare troppo tempo nella stanza del bambino. Per questo l'esperta ha segnalato alcuni accorgimenti da adottare ogni volta:
- Limitare la permanenza nella stanza a circa 60 secondi.
- Non prendere il bambino in braccio, ma fornire solo rassicurazioni verbali o tocchi leggeri.
- Essere costanti con gli intervalli e non cambiare il tempo di attesa.
- Se il bambino sembra troppo stanco, anticipare l'orario della nanna.
- Creare un ambiente favorevole al sonno, mantenendo la stanza buia, fresca e tranquilla.
- Perseverare per vedere i risultati
Insomma, come in molti altri aspetti della genitorialità, la costanza è la chiave del successo con il Ferber method. Anche se i primi giorni possono essere difficili, i risultati dovrebbero arrivare con il tempo, regalando notti più tranquille sia ai bambini che ai loro genitori.