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Come affrontare con i figli la morte di un animale domestico: i consigli della psicologa

Chiarezza, tempismo e l’adozione di una routine “del distacco” sono elementi fondamentali per aiutare i più piccolo ad elaborare il lutto. Prendere un altro animale? Sì, ma non subito.
Intervista a Francesca Cavallini
Docente di Psicologia presso l'Università di Parma e Presidente del Centro Tice
A cura di Niccolò De Rosa
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Come spiegare ai bambini la morte di un animale domestico

Affrontare il tema della morte con i bambini può essere una sfida delicata, soprattutto quando si tratta della perdita di un animale domestico amato. Cani, gatti, pesci, criceti e conigli infatti occupano spesso un posto speciale nel cuore delle famiglie, diventando compagni fedeli e membri a tutti gli effetti.

Quando viene il momento di dire addio a questi amici speciali, è dunque importante trovare il modo giusto per spiegare la situazione ai più piccoli, aiutandoli a elaborare il dolore e a comprendere il ciclo della vita. Un compito non facile, anche perché a volte il dolore mentale fa più paura di quello fisico.

"Quando un bambino si sbuccia un ginocchio, il genitore non ha problemi a stargli vicino per confortarlo" spiega a Fanpage.it Francesca Cavallini, docente di Psicologia presso l'Università di Parma e Presidente del Centro Tice. "Se però la ferita è emotiva, i grandi si fanno molti più problemi".

Ma allora qual è il modo migliore per confortare e allo stesso tempo aiutare i bambini a superare il dolore? Per l'esperta, la chiave non risiede nel sapere cosa dire, ma anche nel conoscere il tempo e il luogo più adatto a trattare certi temi.

"Immaginate di trovarvi di fronte ad una ferita fisica: stare accanto al dolore è accettare che esso non possa sparire, così come una ferita non può essere rimossa subito, ma rimane lì e brucia finché non passa".

Dove e quando parlare della morte dell'animale

Le tempistiche e le circostanze per comunicare ai figli piccoli la scomparsa dell'amato animale possono risultare determinanti nel processo di metabolizzazione dell'evento. Per la dott.ssa Cavallini, infatti, è meglio non parlarne alla sera o alla mattina, ma prediligere il pomeriggio.

"Affrontare l'argomento al mattino, magari prima di andare a scuola, rischia di lasciare il bambino a rimuginare tutto il giorno, tra l'altro senza avere vicino una figura di riferimento. Farlo alla sera, invece, potrebbe costringerlo ad andare a letto con questo pensiero triste e angosciante" argomenta la psicologa.

Francesca Cavallini
Dott.ssa Francesca Cavallini

Il pomeriggio rappresenta pertanto il momento ideale, poiché permette di avere un certo lasso di tempo per elaborare la notizia e ricevere il conforto del genitore.

Per quanto riguarda il luogo invece, la scelta migliore ricade su uno spazio che garantisca una certa intimità, senza troppe persone esterne e in totale assenza di giudizio sociale per le eventuali reazioni del piccolo. Comunicare la notizia a casa risulta dunque l'opzione migliore.

I pianti sono normali, ma non devono essere prolungati

Anche la durata dell'eventuale pianto è poi meritevole di attenzione da parte di mamma o papà. Oltre i 30 minuti di lacrimoni continuativi infatti, il pianto non è più uno sfogo, ma una sorta di disperazione che si auto-alimenta.

"É del tutto normale che un bambino pianga, anche più volte se necessario, tuttavia il pianto continuativo non può durare troppo perché lo disregola e gli impedisce di recuperare il proprio equilibrio emotivo" sottolinea Cavallini.

In questi casi è quindi meglio trovare una distrazione per cambiare argomento, come leggere un libro, fare insieme un gioco o guardare il cartone animato preferito.

Il linguaggio

Stabilito il tempo e il luogo, è utile capire come spiegare ai bambini la morte del loro amico animale. Per evitare incomprensioni, il consiglio più utile è quello di essere chiari e utilizzare senza problemi la parola "morte", evitando dunque perifrasi o metafore che potrebbero confondere o, peggio ancora, alimentare vane speranze di un ritorno che invece non avverrà mai.

"Dire che l'animale è andato via o è volato lontano non aiuta il piccolo a comprendere come la scomparsa del suo amico sia definitiva" afferma Cavallini. Ciò però non significa che non si possa offrire una prospettiva un po' più ottimistica facendo leva sul grande mistero dell'esistenza.

Lutto animale domestico

"Pur senza stravolgere la realtà, un genitore può offrire una narrazione coerente con la visione spirituale o religiosa della famiglia, suggerendo come l'animale possa essere andato in cielo o stia facendo compagnia ad altre figure scomparse, come un nonno o un caro defunto".

Le mamme e i papà possono anche optare per una spiegazione più "scientifica", dicendo ai bambini che il gatto o il cane che non c'é più andrà a trasformarsi in qualcos'altro che sarà sempre intorno a noi, come un fiore o un albero.

Come aiutare a superare il dolore

Di fronte alla morte di un animale domestico, alcuni bambini si riprendono subito, altri sprofondano in una tristezza più duratura.

"Se non è possibile praticare la sepoltura dell'animale, il mio consiglio è di mantenere per almeno il primo mese una ritualità che aiuti il bambino in questa fase di transizione" spiega la professoressa. Tali riti devono essere molto semplici – come iniziare la giornata salutando una vecchia foto dell'animale o portare un fiorellino sulla vecchia cuccia – ma sono fondamentali per evitare che il bimbo si sottragga alla tristezza o al ricordo del compagno perduto.

Anche per questo motivo prendere subito un altro animale potrebbe non sortire gli effetti desiderati.

"Quando un animale muore, va benissimo proporre la prospettiva di una nuova vita che potrebbe tornare a gironzolare per casa, ma non deve essere una cosa immediata. Il mio suggerimento è di aspettare almeno sei mesi prima di portare un nuovo animale in casa".

Non nascondere le proprie emozioni

La morte dell'animale di casa però non è un evento doloroso solo per il bambino. Anche gli adulti possono ragionevolmente soffrire molto per la perdita. Che fare dunque? Nascondere il proprio sentimento per non influenzare i figli o mostrarlo apertamente?

"Se una persona è riservata nelle proprie emozioni può continuare a mantenere il proprio stato d'animo per sé. Non c'è nulla di male". In linea generale però, spiega l'esperta, mostrare al bambino la sofferenza e anche la reazione al dolore offre ai piccoli un modello comportamentale importante.

"Un genitore che scoppia a piangere non deve nascondersi, ma può raccontare al bambino ciò che sta provando, dandogli così una chiave di lettura per comprendere cosa sta accadendo". In questo modo il bambino capisce quanto sia normale soffrire e aver bisogno di un po' tempo prima di tornare a sentirsi bene.

Così facendo poi un bimbo può imparare la variabilità delle espressioni del dolore, il quale inizia con la negazione, prosegue con una fase di rabbia seguita ad un periodo di tristezza, e si conclude con l'accettazione e l'elaborazione del lutto, che si completa quando il figlio riesce a pensare all'animaletto defunto senza provare più una fitta al cuore.

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