Claudia, mamma di una bimba trans: “Cresco mia figlia dicendole di sentirsi libera di essere se stessa”
Claudia, insieme ad altri genitori ha partecipato alla campagna social realizzata da Arcigay "Chiedimi se sono felice" volta a dare voce alle famiglie di bambini transgender.
Claudia ci ha raccontato il percorso di affermazione dell'identità di sua figlia Viola, che quando è nata si chiamava Damiano ma che fin da piccolissima è sempre stata sicura di essere una femmina. Viola nel video realizzato per arcigay, con un sorriso in faccia e piglio deciso, prende la parola e dice "Io lo dico subito chi sono alle persone, così se mi accettano bene se no, no".
La sicurezza che mostra è frutto, ci spiega la sua mamma, di un percorso di vita privo di ostacoli, fino ad ora, fatto di accoglienza, per lei che è stata anche l'apripista per le carriere alias nella scuola elementare della sua città e che ha sempre avuto a fianco due genitori molto aperti e desiderosi di fare il possibile perché lei fosse semplicemente se stessa.
A chi si oppone all'assunzione di farmaci che sospendono lo sviluppo puberale, a chi non lascia sua figlia essere se stessa Claudia risponde in maniera molto semplice:
"Passiamo la vita a dire ai figli, che devono essere liberi, che non devono farsi mettere i piedi in testa dagli altri, poi mia figlia mi dice che non si riconosce nel genere in cui è nata e io, sua madre, dovrei arrogarmi il diritto di dirle “No sei nata Damiano e resti Damiano”. Ma con che diritto?"
Claudia, ci racconti come è avvenuto il coming out di tua figlia Viola?
Siamo stati uno dei pochi casi anche che ho avuto modo di sentire finora, in cui è avvenuto tutto con estrema naturalezza.
Viola quando è nata si chiamava Damiano. Poi quando aveva appena 3 anni, ed eravamo in macchina, mentre guidavo Viola mi disse:“Mamma tu ti sei sbagliata, quando sono entrata nella tua pancia mi hai fatto uscire con il pisellino, ma io volevo la patatina, adesso rientro nella pancia e dici a Gesù di farmi uscire con la patatina”.
Io le risposi che non era possibile e lei si mise a piangere, allora fermai l’auto e gli dissi di non preoccuparsi. Lo sentii proprio tirare un sospiro di sollievo.
Voi da lì in avanti come vi siete comportati con lei?
Noi abbiamo lasciato sempre Viola libera, ricordo che le rasavamo i capelli a zero e la vestivamo da maschio, allora lei si metteva la federa del cuscino sulla testa o gli asciugamani per far finta di avere i capelli lunghi e acconciarseli.
Si metteva le gonne di tulle, addobbava la cameretta di rosa, riempiva le pagine dei quaderni di glitter. Insomma si comportava come Viola, e la lasciavamo libera di farlo anche se noi ancora la gestivamo come Damiano.
Quando avete capito che bisognava iniziare un percorso di transizione?
In seconda elementare abbiamo iscritto Viola in una nuova scuola e quando si passa da un istituto ad un altro bisogna presentare il proprio figlio alle maestre. Mio marito per presentare nostro figlio disse: “Damiano è speciale perché ama i glitter e il rosa, ed è felice così”. Un insegnante si rivolse a mio marito dicendogli “quindi è un bimbo trangender?” e lui rispose che non lo sapeva, ma che era felice.
Quella parola per la prima volta entrò nella nostra casa e nella nostra vita e io iniziai ad informarmi. Una tra le sue insegnanti aveva un nipote transgender che stava affrontando il percorso di transizione e mi propose di portare Viola a fare una consulenza al San Camillo di Roma. Dopo la prima consulenza fu chiaro che Damiano era un bimbo transgender.
E Damiano come ha preso questo percorso, queste consulenze?
Dico solo che a pochi mesi dall'inizio degli incontri venne da me e mi disse “Mamma ma ti sembro Damiano io? A me questo nome non piace, non mi fa stare bene”, parlammo con le dottoresse e mia figlia scelse di essere chiamata Viola.
Viola è stata subito accolta anche dalla comunità?
Sì, siamo stati i primi della provincia del Lazio ad avere la carriera alias nella scuola primaria, l'abbiamo avuta all’inizio della quinta elementare, è stato tutto scorrevole, non abbiamo mai incontrato difficoltà, se non al Careggi di Firenze, quando hanno bloccato la triptorelina.
Fino a quel momento lei era stata accolta da tutti, in ogni circostanza, dalla quinta elementare lei era Viola, così risultava sul registro scolastico, entrava nel bagno delle femmine, dormiva con le ragazze durante le uscite del campo scuola.
Quando ha fatto coming out hai subito capito che avreste intrapreso un percorso di transizione con lei?
No, all’inizio io pensavo che potesse essere gay, conoscevo il mondo delle persone transessuali ma lo collegavo alla vita adulta, non immaginavo si potesse avere questa consapevolezza coì piccoli.
Invece poi ho capito che mia figlia fin da quando è nata era mia figlia, si è sempre mossa come una bambina, ha sempre avuto una voce molto femminile.
Anzi ancora oggi se lei non lo dicesse immediatamente, sarebbe difficile per gli altri pensare che lei sia un maschio.
Ti sei mai sentita in colpa o inadeguata davanti al dolore che tua figlia poteva provare?
No, ma semplicemente perché lei è sempre stata felice, anche perché ha manifestato da subito il suo essere e non ha incontrato freni o limiti. Anche confrontandoci con le altre famiglie è stato evidente che Viola non abbia provato disagio o dolore perché non si è mai scontrata con realtà che non la volessero per quella che era, noi siamo sempre stati aperti, la scuola è sempre stata aperta, gli amici, i conoscenti, tutti l’hanno accolta.
Il percorso che tua figlia affronta e continuerà ad affrontare non ti ha mai spaventata in alcun modo?
La mia unica paura è legata al fatto che se un giorno mia figlia mi dirà che vuole operarsi, immaginarla in sala operatoria non è proprio semplice, ma penso che sia una paura di tutti i genitori questa, a prescindere dal motivo per cui i figli si devono operare.
Sicuramente l’intervento di vagino-plastica è molto importante, e io in generale le auguro quasi di non sentire il bisogno di farlo e di maturare nel tempo un bel rapporto con il proprio corpo. Se decidesse di farlo noi comunque ci saremo.
Hai altre preoccupazioni legate alla sua crescita?
Sì, sono preoccupata per come la tratteranno gli altri, quando in adolescenza si approccerà alle prime esperienze di amore anche fisico.
Temo che non avrà la possibilità di approfondire la conoscenza dei ragazzi da cui è attratta solo perché in Italia non siamo consapevoli che non è il corpo a fare la differenza. Infatti le è già successo di vivere i primi amori, anche corrisposti ma di trovarsi spesso davanti a bambini che le dicono “guarda meglio di no, mi piaci ma poi ti spiego” e lei mi dice “mamma lo so che è perché sono trans, ma sono stupidi, perché se a loro piaccio, cosa serve di più”.
Il problema secondo me è che siamo in una società transfobica e se i genitori dicono certe cose, i bambini le assimilano.
Ho paura anche che si innamori di qualcuno che la prenda in giro, che diffonda le sue foto intime. Insomma le mie paure sono tutte verso il mondo esterno e non verso mia figlia che di per sé é serena.
Cosa significa doversi trasferire in un’altra città per ricevere l’assistenza necessaria?
Finché è in Italia il sacrificio si fa, ma ad oggi in Italia è tutto fermo e dobbiamo andare in Spagna, perché il testosterone di Viola è altissimo. In Italia ci dicono che è presto, che deve parlare con uno psichiatra, anche se finora è stata con le psicologhe che hanno riscontrato tutte l'incongruenza di genere in lei. Andare da uno psichiatra vorrebbe dire patologizzare mia figlia, ma mia figlia non ha una patologia.
Oggi ho aperto una raccolta fondi per permettere a mia figlia le cure necessarie, vorrei trasferirmi in Spagna ma non ho la liquidità per farlo, ci troviamo in una situazione complicata.
Cosa ti sentiresti di dire a chi diventa un ostacolo per le decisioni di tua figlia?
Di ascoltarci e convocarci, anche un solo genitore a famiglia, perché i politici non fanno che decidere per noi, senza conoscere i nostri figli, senza conoscere noi. Vorrei che conoscessero mia figlia, e poi vorrei chiedere loro: “E se fosse tua figlia, tu per la sua felicità cosa saresti disposto a fare?”.
Passiamo la vita a dire ai figli, che devono essere liberi, che non devono farsi mettere i piedi in testa dagli altri, poi mia figlia mi dice che non si riconosce nel genere in cui è nata e io, sua madre, dovrei arrogarmi il diritto di dirle “No sei nata Damiano e resti Damiano”. Si parla di suicidio, quando questi ragazzi trovano degli ostacoli lungo il loro percorso.
Tua figlia nel video dice con fierezza di essere trans…
Certo, perché quando mia figlia dice “sono trans”, non dice “sono un mostro”, lo fa per far conoscere la sua situazione. Mi hanno accusata di averla esposta troppo, ma lei mi ha detto che vuole essere esposta, lei vuole dire che dopo di lei chiunque entrerà nella sua scuola, potrà fare richiesta della carriera Alias, perché grazie a lei a Guidonia è sull’albo della scuola ormai.
Noi non combattiamo solo per lei e mia figlia non combatte solo per sé. Quando è comparsa in tv lo ha detto con grande orgoglio a tutti i suoi compagni di classe. Mia figlia ha un genere diverso da quello assegnato alla nascita è felice e questo basta. È serena, noi siamo sereni, conta solo questo.