Che figli saranno i bambini della Generazione Beta? L’esperta sui nuovi “nativi artificiali”
I bambini della generazione Beta, non sono ancora nati e già fanno parlare di loro. Si tratta dei bimbi che vedranno la luce tra il 2025 e il 2035, scalzando la generazione Alpha con cui condivideranno la totale immersione in tecnologie sempre nuove e la nomenclatura iniziata dal ricercatore sociale Mark McCrindle.
Ciò che ad oggi è certo, come specificano i dati ISTAT sulla previsione della popolazione, è che a popolare asili e scuole saranno sempre meno, visto il trend di denatalità imperante.
I piccoli Beta, saranno anche più consapevoli della generazione Z di tematiche come il cambiamento climatico, le crisi e le guerre, che McCrindle, si augura possano cessare per ridare fiducia nel futuro a questa generazione nascente. Vivranno in un mondo che ha a lungo combattuto per valori quali l’inclusione e la valorizzazione della diversità, che si spera diventeranno tematiche assodate.
Soprattutto, i piccoli della generazione beta, non solo saranno nativi digitali ma i primi nativi dell’intelligenza artificiale, o nativi artificiali. che caratterizzerà la loro quotidianità fin dalla nascita, per tanto abbiamo chiesto alla docente Giovanna Mascheroni, professoressa ordinaria in Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi presso la Facoltà di Scienze Politiche e Sociali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, che spesso si occupa con le sue ricerche del rapporto tra bambini e IA, di spiegarci quali implicazioni sull’ educazione e crescita dei bimbi avrà nascere nell’epoca dei comandi vocali e dell’intelligenza artificiale.
Cosa significa per la generazione beta, essere la prima nativa dell’intelligenza artificiale?
Innanzitutto la nomea di “nativi” è fuorviante, come lo è stata per i cosiddetti “nativi digitali”, poiché sottende l’idea che siano esperti delle nuove tecnologie, non é così. Questi bambini probabilmente avranno sempre maggior facilità nell'utilizzo delle tecnologie ma non le competenze, ed è importante ricordarlo. Così definire nativi artificiali i membri della generazione beta, rischia di far pensare al mondo adulto che i piccoli siano più esperti di loro e che quindi non ci sia nulla da insegnare loro e nessun motivo per cui intervenire. Così facendo nell'immediato si espongono i bambini a più rischi.
L'intelligenza artificiale che permeerà sempre più le vite dei bimbi, comporta dei rischi?
Sì, il primo sta nel nome dell’intelligenza artificiale, che come spiega nel suo libro il collega Simone Natale storico dei media, è un inganno utilizzato dagli studiosi di informatica per farci accettare queste nuove tecnologie. Se pensiamo infatti allo strumento più comune dell’IA generativa, quello di tipo testuale, sarebbe meglio definirlo come una forma di comunicazione artificiale più che di intelligenza, dal momento che non è una forma intelligente, è solo in grado di simulare la capacità di conversare degli esseri umani.
I bambini dunque, crescendo a contatto con queste tecnologie da un latto corrono rischi di tipo emotivo, faticano infatti a stabilire esattamente la natura dell'entità con cui interagiscono, perché si accorgono che chi genera il testo o la voce non è umano ma è molto simile all’umano e non si spiegano cosa sia. In una ricerca che ho fatto qualche anno fa sui dati e algoritmi nella famiglia abbiamo trovato tante famiglie che usano gli smart speaker, i bambini si accorgono che non sono persone in carne ed ossa ma tendono a replicare le stesse modalità interattive che hanno con Alexa, per esempio, anche con gli amici, con i genitori.
Quindi i membri della generazione beta potrebbero imparare a comunicare grazie a queste realtà tecnologiche?
Potrebbe accadere. Una mamma, che ha partecipato ad una nostra ricerca, ha affermato di aver preso un sistema di smart speaker per evitare che il figlio usasse il suo cellulare per ascoltare la musica, ma alla fine lo ha dovuto togliere perché il bimbo aveva imparato che poteva comportarsi con amici e parenti esattamente come faceva con Alexa, dando ordini con frasi brevi. C’è un grosso problema sui confini tra umano e non umano che non è una cosa ma è più simile ad un animale domestico.
Per quanto riguarda la verifica delle fonti, la generazione Beta saprà distinguere ciò che è vero da ciò che è una fakenews?
Un altro elemento sociologicamente problematico per adulti e bambini è l’accesso alla conoscenza, escono sempre più articoli sul tipo di informazione che restituisce l’intelligenza artificiale come ChatGPT o GeminiAI, le quali ricorrono a fonti web non sempre trasparenti. Questo toglie un criterio di competenze digitali di tipo critico che noi per anni abbiamo considerato valido per verificare l’accuratezza delle fonti. La modalità comunicativa con cui l'IA presenta le informazioni è spesso fuorviante perché tende a ripetere sempre la domanda dell’interlocutore e quando non sa come rispondere rimane sul vago in modo che se qualcuno cerca di verificare la disinformazione in realtà spesso esce ancora più convinto delle sue credenze false. I bambini vanno educati all'importanza di verificare se qualcosa è vero o no.
Si sente di dare qualche consiglio ai futuri genitori della generazione beta? Come si devono approcciare a questi mezzi nelle mani dei loro figli?
I genitori dovranno senz’altro informarsi riguardo agli strumenti che utilizzano i loro figli, senza spaventarsi e spaventarli. Anche quando si parla di regole e limiti da dare ai figli bisogna stare cauti è importante che non siano mosse dalla paura ma dal raziocinio, le ricerche ci confermano che l’imposizione di restrizione va a discapito dell’acquisizione di competenze digitali. Ad oggi si può osservare come l’intelligenza artificiale e generativa sia applicata in pratiche di bullismo, cyberbullismo, revenge porn, dunque non si possono lasciare i ragazzi liberi di fare ogni cosa, bisogna sensibilizzarli e responsabilizzarli su questi temi, esattamente lo si fa con i limiti nella vita reale. Per farlo, dal momento che i genitori hanno sempre meno tempo da trascorrere con i figli e adolescenti e preadolescenti tendono a chiudersi e non comunicare, la migliore strategia è sempre quella della comunicazione anche in forme di mediazione all’incontrario: si potrebbe chiedere ai figli di spiegare come funziona l’IA e come loro la utilizzano, per poi instaurare un dialogo che porti a gli adolescenti ad acquisire le competenze che non hanno ancora acquisito o di tipo critico e sociale relazionale.