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Carta nuovi nati in manovra, il commento dell’esperta: “I bonus non aumentano la natalità”

Nella nuova legge di bilancio per il 2025 arrivano nuovi aiuti per supportare le famiglie e incentivare la natalità, ma al di là di sgravi e piccoli incentivi, continuano a mancare interventi strutturali per aiutare i cittadini a costruirsi una famiglia. La demografa Angese Vitali: Se si vuole davvero risolvere il problema della denatalità, la politica deve uscire dalla logica del bonus”.
Intervista a Agnese Vitali
Professoressa di Demografia presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento.
A cura di Niccolò De Rosa
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MEF e famiglie: il commento dell'esperta

Dopo l'approvazione del Consiglio dei Ministri della nuova legge di bilancio per il 2025 nella notte del 15 ottobre, il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti ha illustrato i punti principali della manovra finanziaria da circa 30 miliardi che ora dovrà passare dai voti di Camera e Senato prima del via libera definitivo.

Tra i provvedimenti volti a diminuire la pressione fiscale il sostegno alle imprese, il piano presentato dal Governo Meloni prevede anche nuove misure a sostegno della famiglia e della natalità, un argomento che l'esecutivo ha sempre ritenuto d'importanza prioritaria all'interno della sua agenda politica.

Tra le novità anticipate dal MEF, le più importanti riguardano l'introduzione di una nuova "Carta nuovi nati" che destinerà alle famiglie con ISEE inferiore ai 40.000 euro un contributo di mille euro alla nascita del bimbo. A ciò si aggiungono nuovi benefici in termini fiscali (l'assegno unico verrà scorporato dal computo dell'ISEE e sarà rafforzato il bonus per la frequenza all'asilo nido), un maggior peso al numero dei familiari nel conteggio delle detrazioni fiscali (chi ha più figli pagherà meno tasse) e un potenziamento del congedo parentale, con l'aggiunta di un terzo mese di astensione dal lavoro retribuito all'80% (prima erano solo due, con i restanti pagati al 30% dell'ultima busta paga del genitore).

Ma quanti effettivi benefici porteranno simili misure per la vita delle famiglie italiane? La manovra volge davvero in direzione di un aumento delle nascite per un Paese alla disperata ricerca di figli? Per capirlo Fanpage.it si è rivolto ad Agnese Vitali, Professoressa di Demografia presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento che da anni si occupa di studi e ricerca su natalità e ruolo delle donne all'interno della società.

Professoressa, qual è il suo primo giudizio su queste anticipazioni della prossima manovra finanziaria?

Ovviamente bisognerà attendere la pubblicazione del testo definitivo per conoscere bene i dettagli, tuttavia le parole del ministro Giorgetti sembrano delineare un quadro abbastanza chiaro di ciò che ci aspetta. L’unica sorpresa, a mio avviso, è questo cosiddetto bonus neonato che darà mille euro per ogni bimbo nato nel 2025. Speravo che come comunità fossimo riusciti ad andare un po’ oltre la logica del bonus che, come dimostrato da qualsiasi studio e dai tanti altri casi analoghi nel mondo, dove anzi spesso le somme sono ancora più generose, non risolve in alcun modo il problema della natalità.

Ritiene il bonus una misura poco utile?

L’incentivo o il contributo una tantum sono misure sociali, non provvedimenti utili per dare uno sprint alla natalità. Non fraintendiamoci, dare i soldi ai cittadini che possono beneficiare di un aiuto in più è sempre un bene, però bisogna essere chiari su ciò che si vuole ottenere: se l’obiettivo del bonus neonati è supportare le famiglie e spingere gli italiani a fare più figli, la misura è inefficace.

Agnese Vitali

Perché?

Dare mille euro a una coppia – presumibilmente solo eterosessuale – cosa cambia? Forse ci compri un passeggino e qualche pacco di pannolini. L’unico effetto che può sortire è spingere una coppia che già aveva intenzione di fare un figlio a metterlo al mondo già nel 2025, così da poter almeno usufruire di questo piccolo sostegno. Chi però non è sicuro di diventare genitore o, al contrario, pur desiderandolo non compie questo passo per una serie di difficoltà oggettive, di certo non cambierà idea per provvedimenti come questo. Questa è una certezza.

Quali sono queste difficoltà su cui invece bisognerebbe agire?

Innanzitutto bisogna pensare che i figli, non sono tali solo quando sono bambini piccoli. Dare alla luce un bambino significa dover provvedere al suo benessere – con tutte le spese che ciò comporta – almeno per una ventina d’anni e spesso anche di più. Poi, al di là dell’aspetto squisitamente economico, basterebbe andare a vedere ciò che le stesse persone indicano come ostacoli per la costruzione di una famiglia numerosa: la difficile conciliazione lavoro-famiglia e i problemi che l’arrivo di un figlio può comportare per la carriera, soprattutto per una donna.

La manovra però sembra interessarsi ad alcuni di questi aspetti, con il rafforzamento del bonus nido e un ritocco al congedo parentale

Vero, e dal punto di vista metodologico può essere sicuramente apprezzabile, perché ci si rende conto della presenza di alcuni problemi, ma in che direzioni andranno questi interventi? Si parla di asili nido in termini economici e di sgravi fiscali, ma nel 2021/22 il 63% dei bimbi in età da nido è in lista d’attesa per poter accedere in un asilo pubblico. La nuova manovra punterà ad aumentare questo tipo di offerta? E ancora: il MEF parla di un mese di congedo parentale in più retribuito all’80%, ma quando si inizierà seriamente a rivedere il congedo obbligatorio dei padri per includerli maggiormente nella crescita dei figli e redistribuire il carico di cura? E i congedi per le partite IVA?

Quali sarebbero secondo lei altri provvedimenti su cui si dovrebbe puntare nel medio-lungo termine per aiutare davvero le famiglie?

Si potrebbe iniziare a rendere più semplice la vita dei genitori lavoratori, non solo aumentando il numero di posti negli asili, ma garantendo su tutto il territorio nazionale il tempo libero a scuola. Poi ci sarebbe da rivedere le logiche di un mercato del lavoro con contratti sempre più precari e stipendi non adeguati. Insomma, servirebbero tanti interventi strutturali che però richiederebbero uno sforzo enorme e una seria volontà politica, non solo di questo esecutivo, ma di tutte le forze in campo.

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