“Cara Giulia non sarai mai una mamma perfetta” la pedagogista spiega perché non esista augurio migliore
Paola Turani e Giulia Valentina hanno abbandonato per qualche attimo il loro ruolo di influencer, per utilizzare i loro profili Instagram come due amiche qualsiasi che, trovandosi a vivere per la prima volta l'esperienza di diventare madri a poco tempo di distanza, si scambiano dolci consigli.
"È il manifesto della maternità questo post" scrive un utente sotto alla lunga didascalia che Turani ha dedicato all'amica Valentina, augurandole di essere una madre imperfetta: "Non ti ho risposto che sarai una mamma perfetta, perché scoprirai ben presto da sola che le mamme perfette esistono solo nelle favole (o su Instagram) anche se ognuna di noi aspirerebbe sempre ad essere impeccabile in ogni circostanza, ma la verità è che è impossibile. E va bene così, perché l’imperfezione ti renderà speciale" scrive nel post.
Abbiamo chiesto alla professoressa di pedagogia presso l'Università di Milano Bicocca, Anna Granata, di spiegarci cosa significa essere mamme imperfette e perché la società spinga un po' le madri a rincorrere una perfezione irraggiungibile.
Paola Turani nel post parla del desiderio di essere mamme perfette, perché quando nasce un figlio si vuole essere persone migliori?
Sicuramente c'è un aspetto positivo, perché tutte le esperienze della vita, ma soprattutto la genitorialità che è molto coinvolgente e segna un prima e un dopo, ci spronano a cambiare e a porci nuove domande, su di noi e sul mondo. La verità è che però nessuna donna nasce sapendo fare la madre, infatti impara a diventare una mamma solo nel momento in cui si trova davanti al proprio neonato che è tutto da interpretare. Quel momento quindi è un inizio accompagnato da momenti di sospensione, domande, tentativi ed errori che fanno parte dell'imparare a diventare genitori. Questa esperienza fatta anche da errori e quindi da imperfezione è fondamentale per il bambino.
Quindi l'imperfezione materna fa bene ai figli?
Certo, la letteratura psicologica ci dice che i bambini hanno bisogno di madri imperfette. Winnicott per primo disse che i bambini hanno bisogno di madri sufficientemente buone, concetto molto simile all'imperfezione. Più sono piccoli e più i bimbi hanno bisogno di cure, di accudimento, di emotività al positivo, poi crescono e hanno bisogno anche di qualche spazio libero. Proprio in quegli spazi vuoti, assenze che talvolta le mamme si recriminano, i bambini in realtà costruiscono la loro autonomia, autodeterminazione e la capacità di fare da soli senza l'aiuto del caregiver, costruendosi come soggetti distinti rispetto alla madre.
La donna che vive la maternità da una parte ha l'istinto alla cura e all'accudimento necessario per la sopravvivenza del bambino nei primi anni di vita, dall'altra ha la spinta a ricercare spazi di vita propri, curando il proprio corpo, le proprie relazioni, riconquistando lo spazio pubblico, il lavoro e la carriera.
La cosa interessante è che il bambino ha bisogno di quello spazio libero che la mamma si prende, perché lì impara a cavarsela da solo. È solo questa presenza-assenza che riesce davvero a crescere i nostri figli. Un bimbo poi che vede la propria madre uscire per andare al lavoro felice, sarà in grado di immaginarsi come lei nel futuro e la società dovrebbe smettere di far sentire le madri in colpa perché non riescono a partecipare a tutti gli appuntamenti dei figli.
Paola Turani accenna al fatto che solo sui social esistano le mamme perfette. Quanto incide la narrazione dei social su questo desiderio materno di perfezione?
Molto, i social sono pieni di immagini di donne perfette e performanti poche ore dopo il parto, immagini che non corrispondono alla realtà. Perché sui social ognuno proietta una parte di sé che non restituisce la sua intera persona. Un post come quello di Paola Turani è molto importante sui social perché celebra l'imperfezione materna, un tema che il nostro Paese nonostante sia l'ultimo al mondo in merito alle nascite, essendo dominato dal mito della maternità, non conosce. C'è un paradosso, da una parte si pensa che le donne non possano realizzarsi a pieno se non diventano madri, cosa non vera, dall'altro lato si pensa che diventando madri debbano rinunciare a tutto il resto. Questo crea un'aspettativa sociale molto forte rispetto al materno, le donne pensano appunto di dover essere perfette quando arriva il loro primo bambino, con le condizioni economiche ottimali, che però potrebbero non presentarsi mai.
Quanto gli errori che le madri commettono possono aiutare i figli?
Molto, soprattutto in una società come la nostra che punta sulla performatività e finisce per far stare male anche i figli che una volta adolescenti non reggono più quella corsa alla competizione. Se abbiamo madri che invece sbagliano e in maniera autoironica lo raccontano, smontando il modello di perfezione, regalando ai figli un modello autentico di persona che anche con il passare degli anni e la crescita dei figli continua a pensare di dover imparare, si esce da questo loop.
Ad un certo punto nel post Turani scrive "è normale dire non ce la faccio". Perché è così complesso per i genitori ammettere di aver bisogno di aiuto?
Perché la società per prima fatica ad accettare che una donna da sola oggettivamente non riesce a crescere i propri figli, gestire il lavoro, avere un'autonomia economica, prendersi cura della casa, dal momento che c'è un grosso sbilanciamento sulla figura femminile. Di conseguenza è chiaro che una donna lavoratrice con bambini piccoli non riesca a gestire questa complessità di vita, in un contesto in cui i servizi per l'infanzia sono disponibili per un bambino su 4. Manca un welfare dunque o le donne sono tra le poche privilegiate che hanno l'aiuto dei nonni o sono obbligate a scegliere se e quando avere dei figli, oggi in Italia crescere un figlio e condurre la propria vita è un privilegio di poche donne.
Una mamma che rincorre a tutti i costi un desiderio di perfezione può fare del male a suo figlio?
Sì perché da pedagogista mi rendo conto che spesso accade che le madri proiettino sui figli i desideri e i progetti che non sono riuscite a realizzare come donne e madri. Di conseguenza si spingono i figli ad essere i migliori in qualsiasi ambito, a riempire tutti i pomeriggi per sviluppare ogni competenza, una corsa alla scuola migliore per raggiungere i migliori obiettivi della vita. La rincorsa alla perfezione crea nei figli adolescenti poi l'obiettivo non solo di realizzarsi nella vita ma anche di rassicurare i genitori che i loro desideri verranno portati a compimento. Per questo ben vengano le madri imperfette che sanno sbagliare, chiedere scusa e imparare dai propri figli.
Un utente ha commentato il post dicendo "è un manifesto della maternità", è così secondo lei?
Sì perché è bello che una persona influente abbia raccontato con tono leggero e profondo le fatiche di crescere un bambino piccolo, ma anche la bellezza di questo difficile mestiere del genitore. È un bel messaggio per normalizzare la maternità pensandola come qualcosa che attraversa le vite ed è un'opportunità per tutti.