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Bullismo a scuola, i consigli dell’esperta ai genitori: “Mettere da parte la rabbia e capire con i figli come possiamo aiutarli”

Il bullismo nelle scuole è una piaga e, come dimostra il suicidio di un quindicenne di Senigallia, può comportare consgeuenze gravissime. Giovanna Pini, pedagogista e presidente di Bulli Stop, ha spiegato a Fanpage.it le caratteristiche del fenomeno e come i genitori possono intervenire per salvaguardare la salute mentale e fisica dei propri figli.
Intervista a Giovanna Pini
pedagogista e presidente del Centro Nazionale contro il Bullismo - Bulli Stop.
A cura di Niccolò De Rosa
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Bullismo

Il bullismo nelle scuole è una piaga che, negli ultimi anni, sembra colpire sempre più giovani, causando ferite psicologiche profonde e talvolta dagli esiti drammatici. Il tragico suicidio del quindicenne di Senigallia, toltosi la vita probabilmente a causa delle continue persecuzioni dei suoi coetanei, ha riportato al centro del dibattito pubblico l’urgenza di affrontare questo fenomeno con tempestività ed efficacia.

Gestire una situazione così complessa non è però affatto semplice e il rischio di agire precipitosamente o, al contrario, prendere troppo sottogamba la questione è sempre dietro l'angolo. Fanpage.it ha quindi contattato Giovanna Pini, pedagogista, saggista e Presidente del Centro Nazionale contro il Bullismo – Bulli Stop, per aiutare i genitori a capire quali siano gli indizi da osservare per cogliere un disagio e sapere come muoversi quando ci si accorge che il proprio figlio è vittima di bullismo.

Quali sono i segnali che un genitore può cogliere per capire che il figlio è vittima di bullismo?

I segnali che possono palesare un profondo disagio sono tanti, specialmente in famiglia. Di solito i ragazzi tendono a isolarsi, iniziano a ripetere di non voler più andare a scuola e rimangono ore e ore nelle loro camerette, spesso davanti al computer e senza comunicare con nessuno. I bambini più piccoli, invece, possono tornare a bagnare il letto o fare i capricci al momento di prepararsi per la scuola.

Segnali di malessere possono essere intercettati anche dagli insegnanti?

I docenti più consapevoli di solito si rendono conto delle situazioni a rischio. Normalmente la vittima scelta dal bullo è uno studente timido, sensibile, spesso un po’ più isolato dalle dinamiche del gruppo classe, magari che rimane da solo al momento della ricreazione o del pranzo.

Giovanna Pini, pedagogista e presidente del Centro Nazionale contro il Bullismo - Bulli Stop.
Giovanna Pini, pedagogista e presidente del Centro Nazionale contro il Bullismo – Bulli Stop.

Quando si parla di bambini e ragazzi, non tutte le prese in giro sono persecuzioni e non tutti i litigi sono atti di violenza. Qual è il limite tra il semplice scherzo e il bullismo?

C’è una grande differenza tra uno scherzo o atto di violenza estemporanea (sia essa fisica o verbale) e un atto di bullismo. Quest’ultimo si caratterizza da tre aspetti in particolare: intenzionalità, ripetitività e assimetria. Il primo elemento si verifica perché il bullo sceglie strategicamente il bersaglio, puntando chi non reagirà e non avrà amici pronti a difenderlo. La ripetitività, invece, è data dal fatto che la vittima viene continuamente presa di mira, sia a scuola che fuori. La singola presa in giro può ferire ma finisce lì. Se però lo scherno avviene tutti i giorni, allora si trasforma in un tormento che umilia e isola chi lo subisce. Il terzo fattore, l’asimmetria del potere, si manifesta perché quasi sempre il bullo è più forte, più spigliato o più inserito nel gruppo sociale di riferimento rispetto al bullizzato.

Se un figlio racconta di essere vittima di un bullo, cosa deve fare un genitore? 

Molti pensano che la reazione più giusta sia prendere subito di petto la situazione, fronteggiare il bullo e la sua famiglia e precipitarsi a denunciare tutto a scuola. Il primo passo di un genitore, invece, dovrebbe essere quello di respirare, mettere da parte la rabbia, farsi spiegare dal figlio con tranquillità tutto ciò che sta vivendo. Dialogando con calma, il genitore deve dunque cercare di capire come il ragazzo si sente e, soprattutto, come vorrebbe essere aiutato dal genitore. Molte vittime di bullismo, ad esempio, hanno il terrore che la cosa si venga a sapere a scuola e se un ragazzo che già si vergogna per ciò che gli accade vede che il padre o la madre inizia ad alterarsi, sbraitare e dare di matto, spesso finisce per provare ancora più ansia e, non di rado, pensa perfino di essere lui ad aver sbagliato denunciando la situazione.

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Quali sono i passi successivi?

Il mio consiglio è contattare subito il centro nazionale contro il bullismo Bulli Stop, il quale fornisce un primo supporto gratuito dal punto di vista legale, psicologico ed educativo. A volte parlare con gli esperti può aiutare la famiglia a rasserenarsi e capire l’effettiva gravità di ciò che sta subendo il bambino o il ragazzo. Dopo naturalmente è bene denunciare l'accaduto e muoversi con la scuola ed, eventualmente con un legale.

Quali sono le contromisure che la scuola prevede per combattere un episodio di bullismo?

Con la Legge 71 del 2017 ogni scuola deve essere dotata di un referente per il bullismo, il quale ha il compito di proporre progetti e momenti d’ascolto per sapere cosa accade nelle classi ed essere al corrente di eventuali situazioni a rischio. Una volta scoperto un episodio di bullismo, però, è importante che l’istituto non chiuda gli occhi e non abbia paura di ledere al buon nome della scuola affrontando il problema. Presidi e insegnanti, dopo aver valutato la questione, devono denunciare e sanzionare il bullo, sia per tutelare la vittima, sia per iniziare il percorso di cambiamento del bullo stesso.

In che modo un bullo può essere aiutato? Basta la punizione esemplare o piuttosto serve un percorso rieducativo?

La pena esemplare serve a far capire ai bulli quanto il loro comportamento sia sbagliato, anche perché, come abbiamo visto dalla cronaca più recente, certi atteggiamenti possono avere conseguenze irreparabili. Le punizioni devono esserci e devono essere severe. Solo dopo si può, anzi, si deve pensare alla rieducazione attraverso incontri con specialisti e servizi socialmente utili.

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