Bronchiolite, l’esperta spiega perché non sta per arrivare un’epidemia tra i bambini
In Italia è già scattata l'allerta in vista della prossima stagione di bronchiolite nei bambini, l'infezione respiratoria che di solito inizia a circolare nel periodo tra novembre e marzo. Nella maggioranza dei casi questa malattia è causata dal virus respiratorio sinciziale (VRS) un patogeno molto contagioso che ogni anno, nel mondo, causa la morte di circa 100mila bambini con meno di 5 anni.
Nell'ultimo anno però è stato approvato un nuovo farmaco che potrebbe segnare una vera svolta nella prevenzione della malattia. Si tratta del nuovo anticorpo monoclonale Nirsevimab, ritenuto capace di ridurre fino al 90% il numero dei ricoveri infantili.
Il Ministero della Salute ha quindi deciso avviare i contatti con l'Agenzia Italiana del Farmaco per rendere disponibile in tutto il Paese, anche se la prima circolare ministeriale aveva escluso dal provvedimento tutte le Regioni del Sud, scatenando una pioggia di polemiche.
Ma cosa sta accadendo di preciso? Per quale motivo tutta questa confusione intorno al nuovo farmaco? E qualora fosse finalmente disponibile, a chi dovrebbe essere somministrato?
Per offrire un quadro più chiaro della situazione Fanpage.it ha intervistato Susanna Esposito, Direttrice della Clinica pediatrica dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma e responsabile del Tavolo tecnico Malattie infettive e Vaccinazioni della SIP.
Professoressa, che cosa sta succedendo?
Innanzitutto è bene non creare allarmismi. Il caos di cui stiamo leggendo non è dato da un'improvvisa e anticipata epidemia di bronchiolite, ma dalla corsa di Stati e Regioni per aggiudicarsi un quantitativo sufficiente di un farmaco, il Nirsevimab, che se somministrato prima che il virus inizi a circolare, potrebbe fornire un'elevata protezione alla popolazione di neonati e lattanti.
Cosa è accaduto?
Nel novembre 2022 è stato approvato questo anticorpo monoclonale dalla FDA e dall’EM per l'impiego in pediatria, capace di ridurre il rischio di infezione e anche piuttosto economico, poiché efficace già con una singola dose, a differenza dell’anticorpo monoclonale contro il VRS disponibile sul mercato, che necessita di un richiamo mensile durante il periodo di circolazione del virus (circa 5/6 mesi). Alcuni Paesi, come gli Stati Uniti, la Spagna e la Francia, già dalla scorsa stagione hanno provveduto a dotarsi del prodotto per la fascia del primo anni di vita, mentre altri hanno preso tempo.
E in Italia?
In Italia gli unici ad avere introdotto il Nirsevimab è stata la Val d'Aosta, che grazie al suo status di Regione autonoma ha implementato la profilassi universale con questo l'anticorpo già dalla stagione 2023-2024, riuscendo a fornirlo ai cittadini con risultati più che soddisfacenti: tra i neonati di quell'anno non c'è stato nemmeno un ricovero da VRS.
Arriviamo alla situazione attuale…
L'aspettativa era che, con una stagione di ritardo, il resto del Paese si muovesse per tempo e in modo compatto. Così non è stato: alcune Regioni, come la Lombardia, Il Veneto, la Toscana e la Sicilia, si sono mosse per tempo, con procedure di bando per l’acquisto concluse nei mesi estivi, mentre altre sono rimaste in attesa di risposte da parte del Ministero della Salute.. Ciò ha portato alla circolare del 18 settembre scorso in cui si diceva che le Regioni in piano di rientro dal disavanzo sanitario non potevano garantire l'erogazione gratuita del Nirsevimab perché il farmaco non era incluso nei Livelli essenziali di assistenza a livello nazionale.
E ora?
Per fortuna il giorno successivo si è cercato di mettere una pezza e il Ministero proverà a rendere disponibile il farmaco senza costi a tutti i nuovi nati alla loro prima stagione di circolazione del VRS e nei bambini con patologie croniche sottostanti che li rendono vulnerabili alla infezione da RSV gravi nella loro seconda stagione. Ora però è una corsa contro il tempo e la burocrazia è articolata per riuscire a fare rientrare nei LEA già da novembre questo anticorpo che, è giusto chiarirlo, non è un vaccino.
Qual è la differenza?
Un vaccino stimola il sistema immunitario a produrre anticorpi in modo autonomo contro un'infezione specifica. Un anticorpo monoclonale, invece, è una molecola prodotta in laboratorio e somministrata direttamente per neutralizzare un agente patogeno.
Quale sarebbe l'importanza di dotarsi di un anticorpo del genere?
Prevenire la malattia prima di tutto significherebbe tutelare la salute dei bambini più piccoli, ma vorrebbe dire anche ridurre il numero di ricoveri in terapia intensiva pediatrica e visite al pronto soccorso, alleggerendo un sistema sanitario già molto carico.
Perché la bronchiolite è così temuta dai pediatri?
Si tratta di una patologia che ogni anno determina migliaia di ricoveri e che nei mesi di picco del contagio può arrivare ad occupare l'80% dei posti letto nei reparti di terapia intensiva neonatale. Nei casi più seri questa malattia può causare un'insufficienza respiratoria acuta che obbliga il piccolo al ricovero e, nelle circostanze più gravi, anche a misure di ventilazione invasive.
Chi si dovrebbe sottoporre all'anticorpo?
Tutta la fascia di bambini entro il primo anno di vita e i bambini sotto i due anni valutati a rischio di complicanze respiratorie.