Bambini multilingue: uno studio rivela che nel giusto contesto i piccoli possono imparare anche sei lingue contemporaneamente

Mentre studenti e adulti devono spesso sudare sette camicie per imparare una lingua diversa da quella natia, i bambini più piccoli sembrano possedere una predisposizione naturale al multilinguismo. Dopo un recente studio australiano che ha dimostrato come già a quattro mesi i bebè siano in grado di riconoscere suoni appartenenti a lingue mai sentite prima, ora una ricerca condotta da un team di psicologi dell'Università di Potsdam sembra confermare le sorprendenti potenzialità d'apprendimento dei più piccoli.
L'indagine è stata realizzata in un autentico crogiolo di etnie e culture come il Ghana, nell'Africa Occidentale, e ha dimostrato come i bambini che crescono in un ambiente tanto multilingue possano arrivare a parlare fino a sei lingue diverse, senza alcun pericolo di confondersi o apprendere meglio una lingua a discapito di un'altra.
Un'educazione linguistica naturale
Lo studio, pubblicato su Cognitive Development, ha coinvolto 121 neonati di età compresa tra i tre e i dodici mesi nella capitale del Paese, Accra, evidenziando come la loro esposizione linguistica sia straordinariamente varia. In Ghana, infatti, la lingua ufficiale è l'inglese, ma in tutto il Paese si parlano oltre 40 parlate locali. Tale diversità porta i bambini non solo ad ascoltare più lingue, ma a interagire regolarmente con numerosi adulti, ognuno dei quali utilizza idiomi differenti.

Un elemento chiave di questa esposizione, hanno spiegato i ricercatori, è probabilmente da ricercarsi nella struttura abitativa tipica delle comunità ghanesi: molte famiglie vivono infatti in edifici composti da più unità, dove i cortili comuni diventano spazi di interazione continua tra parenti, vicini e amici.
Un modello culturale diverso da quello occidentale
Secondo Paul O. Omane, primo autore dello studio, l'idea che un bambino impari una sola lingua da un solo genitore è tipica delle società occidentali, ma non si applica a molte altre realtà. "In Ghana, i bambini sono circondati da un ricco spettro di input linguistici fin dall'inizio", ha spiegato Omane, evidenziando come in questo Paese, il contatto con molteplici lingue sia parte integrante della crescita. Ed è proprio la distinzione tra input linguistici diretti e indiretti a rappresentare uno degli aspetti più importanti della ricerca.

Nel caso ghanese, ad esempio lingue locali, come l'Akan, il Ga e l' Ewe, vengono trasmesse ai bambini principalmente attraverso il contatto diretto con i familiari e le figure ricorrenti della quotidianità. L'inglese, invece, rappresenta la lingua delle comunicazioni ufficiali e nei media e viene appreso più frequentemente in modo indiretto, attraverso radio, televisione e conversazioni di sottofondo. Sebbene il contatto diretto sia considerato essenziale per l'acquisizione linguistica, la studiosa Natalie Boll-Avetisyan (altra firma dello studio) ha evidenziato come anche l'input indiretto svolga un ruolo significativo.
In un contesto urbano come Accra, dove l'influenza dei media è forte, i bambini vengono poi esposti a una tale molteplicità di stimoli linguistici da contribuire enormemente al loro sviluppo, consentendo la crescita di individui in grado di cambiare con naturalezza il proprio registro linguistico in base alla situazione.
Un nuovo approccio alla ricerca
Gli autori dello studio hanno invitato la comunità scientifica a rivedere le proprie prospettive sull'apprendimento delle lingue. Le ipotesi formulate in contesti occidentali non rispecchiano infatti la realtà di molte altre culture, dove il multilinguismo è una condizione naturale e imprescindibile. Secondo i ricercatori, infatti, non conta solo il numero di lingue a cui un bambino è esposto, ma anche la varietà di persone e situazioni che contribuiscono a modellarne le competenze linguistiche.