Anemia nei primi mesi di gravidanza aumenta il rischio di problemi al cuore nel neonato: lo rivela uno studio

Ogni giorno, nel Regno Unito, nascono in media 13 bambini con una malformazione cardiaca. Sono numeri che impressionano, soprattutto se si considera quanto poco si sappia ancora sulle cause precise di queste patologie congenite. Un recente studio dell’Università di Oxford apre ora un nuovo scenario che potrebbe offrire importanti indicazioni sulla prevenzione e la gestione di determinate condizioni cardiache nei più piccoli. Secondo la ricerca, pubblicata sul British Journal of Obstetrics & Gynaecology, l’anemia materna che compare nelle prime fasi della gravidanza potrebbe infatti aumentare significativamente il rischio che il bambino sviluppi un difetto al cuore.
Anemia precoce e rischio aumentato
Analizzando i dati di oltre 16.000 donne, i ricercatori hanno scoperto che l’anemia nei primi 100 giorni di gravidanza è associata a un rischio del 47% più alto di avere un figlio con una cardiopatia congenita. Una percentuale rilevante, se si considera che il rischio medio è di circa 1 su 100. Tale aumento è stato confermato anche dalle verifiche successive che hanno tenuto conto di tutti gli altri fattori di rischio, come l’età delle gestanti o altre patologie pregresse.

Il dato più sorprendente però riguarda il tempismo: non è infatti l’anemia in generale a destare preoccupazione, ma quella che si manifesta all’inizio della gestazione, proprio quando il cuore del feto sta iniziando a formarsi. Finora, le complicazioni legate all’anemia in gravidanza – come basso peso alla nascita o parto prematuro – erano note soprattutto negli ultimi mesi. Ma questo studio punta i riflettori su un periodo molto più precoce e delicato.
Un problema globale
Secondo le stime, circa il 25% delle donne incinte nel Regno Unito è affetta da anemia. A livello globale, però, la percentuale sale a oltre un terzo. In molti paesi a basso o medio reddito, la carenza di ferro – causa principale dell’anemia – è ancora più diffusa, e con essa anche il rischio di cardiopatie nei neonati potrebbe essere maggiore.

Il professor Duncan Sparrow, responsabile dello studio, ha sottolineato quanto questi risultati possano fare la differenza: "Sapere che l’anemia precoce è così dannosa può cambiare le carte in tavola", ha dichiarato. "Se si conferma che la carenza di ferro è il fattore determinante, la somministrazione di integratori di ferro alle donne in gravidanza – o che cercano una gravidanza – potrebbe prevenire molti casi di cardiopatia congenita prima ancora che si manifestino".
Dati e ipotesi da approfondire
Lo studio ha confrontato oltre 2.700 madri di bambini con cardiopatie congenite con un gruppo di quasi 14.000 madri che avevano partorito figli senza problemi cardiaci. I ricercatori hanno analizzato gli esami del sangue effettuati nelle prime settimane di gravidanza: tra le donne i cui figli presentavano un difetto cardiaco, il 4,4% era anemico; tra le altre, solo il 2,8%.
Un dato che suggerisce un’associazione, ma non ancora una causa certa. Per questo gli stessi studiosi hanno chiarito la necessità di approfondire la questione attraverso Servono ricerche più ampie per capire quali tipi di cardiopatia siano eventualmente legati alla carenza di ferro. Qualora però le future ricerche dovessero confermare che è proprio la carenza di ferro la responsabile dell’aumento di rischio, la strada allora sarà segnata e somministrare integratori nelle prime settimane di gravidanza – o anche prima – potrebbe diventare una misura di prevenzione semplice, economica ed efficace per tutelare la salute cardiaca dei neonati.