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Andrea racconta il coming out di suo figlio: “Non bastano dei pronomi diversi a cambiare l’amore di una mamma”

Andrea Pigey ci ha raccontato cosa ha significato per lei sentirsi dire da suo figlio “Mamma sono un ragazzo trans” e provare a farsi carico di un dolore che non potrà mai comprendere fino in fondo. Grazie a suo figlio ha deciso di mettersi in contatto con l’associazione AGEDO Milano, e alla fine è entrata a far parte del consiglio direttivo, battendosi per i diritti delle persone LGBTQIA+.
A cura di Sophia Crotti
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alexein e Pigey

Andrea Pigey non ha voluto sapere in anteprima il sesso di suo figlio, lo ha scoperto alla nascita, prendendolo in braccio, sapeva solo che se fosse stato maschio lo avrebbe chiamato Alessandro, poi è nata una bambina.

15 anni dopo durante una sera d'ottobre quello che da lì in avanti avrebbe chiamato figlio e non più figlia, gli ha detto: "Mamma, sono un ragazzo trans", lei è rimasta in silenzio, perché in realtà per lei il coming out di suo figlio era iniziato molto prima.

Le aveva sempre dato idea di desiderare un altro corpo, ma lei ha atteso con pazienza e vicinanza che completasse un percorso di accettazione personale. "Quando in ospedale mi ha detto che era non binario gli ho chiesto di spiegarmi cosa volesse dire perché non lo sapevo, poi ho chiesto al parrucchiere di tagliargli quei capelli lunghi che odiava e appena ci hanno dato un permesso l'ho accompagnato ad acquistare vestiti maschili che desiderava".

Gesti semplici, che cercano di attutire un dolore immenso, di cui Andrea Pigey è cosciente e vorrebbe farsi carico, per sgravare suo figlio da ciò che prova.

Quando ci racconta il coming out di Alexein, ci spiega:

"All'inizio è come elaborare un lutto, poi ti accorgi che chi hai davanti è sempre lo stesso, ha cambiato solo nome e pronomi, e non bastano quelli a cambiare il tuo amore di mamma, perché quello non cambia mai".

Come è stata la gravidanza?

Sono rimasta incinta quasi inaspettatamente, nel senso che desideravo tanto un bambino ma mai mi sarei aspettata di rimanere incinta dopo solo 6 mesi di tentativi.

All’inizio la gravidanza è stata complicata, ho avuto un'emorragia e sono dovuta stare immobile a letto per 6 settimane, facendo delle specifiche punture. Superato il primo trimestre poi sono stata benissimo e ho potuto fare di tutto.

Poi è arrivato il giorno del parto e io sono stata davvero felice di diventare mamma, infatti ho fatto di tutto per crescere Alexein in serenità, in modo che avesse continui stimoli, e  che sapesse di essere una persona libera.

E quando era piccolo che figlio è stato?

Era scontroso, è stato complesso fargli accettare ciò che proponevo senza che si trasformasse per forza in una battaglia.

È sempre stato curioso e molto espressivo, e fin da subito molto "maschiaccio", amava i giochi fisici e quei giocattoli che stereotipicamente si associano ai maschi, anche se noi l’abbiamo sempre lasciata libero di giocare a ciò che preferiva.

Pigey

Attorno ai 4 anni mi ha chiesto quando gli sarebbe cresciuto il pene e me lo ha ripetuto per giorni, in continuazione, fino a che esasperata gli ho detto che a 18 anni, se avesse voluto, avrebbe potuto fare l’operazione che desiderava.

Quindi avevi già iniziato a sospettare della sua transessualità?

Sinceramente no, sebbene conoscessi una persona transgender e quindi bene o male sapessi del suo percorso di affermazione, non avevo mai sospettato che anche mio figlio lo fosse.

Ricordo che quando aveva 13 anni pensavo che fosse lesbica, e avrei voluto chiederglielo, semplicemente per farle capire che per me non c’erano problemi ma non volevo che si sentisse in difficoltà perché la stavo mettendo alle strette.

Cercavo di essere il più inclusiva possibile, anche a partire dal linguaggio, così che si sentisse sempre accolta.

Come è stata invece la sera del coming out?

Innanzitutto è arrivato in un momento molto delicato, dopo un periodo molto lungo di ricovero in ospedale di mio figlio, perché aveva tentato di uccidersi.

Già mentre era in ospedale mi aveva detto che gli piacevano le ragazze, secondo me per comprendere la mia reazione, che è stata molto pacata e accogliente.

Poi un’altra volta sempre in ospedale mi ha detto “mamma non solo mi piacciono le ragazze ma sono anche non binario”, io gli ho chiesto di spiegarmi cosa significasse e ne abbiamo parlato molto serenamente.

Pigey

Poi mi ha detto che si sentiva a disagio con i capelli lunghi, allora ho chiesto all’ospedale di far entrare un parrucchiere che gli tagliasse i capelli e così è stato fatto.

Poi mentre era ricoverato, durante un giorno di permesso, siamo usciti dall’ospedale per andare in centro e acquistare i vestiti che preferiva, camice, pantaloni, felpe. Era felicissimo del cambio look, poteva finalmente vivere il suo non-binarismo come preferiva.

Quando siamo tornati a casa dall’ospedale è avvenuto poi il coming out vero e proprio, è stato lì che Alexein mi ha detto “mamma sono un ragazzo trans”, io nel frattempo mi ero confrontata con altri genitori quindi mi sentivo abbastanza preparata.

Inizialmente però sono stata in silenzio, era una pausa di riflessione, priva di ogni giudizio e poi gli ho detto che ci sarei stata e avremmo affrontato tutto insieme.

Non gli hai mai chiesto se fosse davvero sicuro di voler affrontare il percorso che vi aspettava?

No, non gli ho mai fatto questa domanda che forse a molti potrebbe sorgere spontanea, perché conoscevo la sua sofferenza e dopo il percorso che aveva fatto fino a quel momento, ero convinta che mai avrebbe fatto coming-out se non ne fosse stato sicuro.

E tu non hai mai avuto paura?

Certo, ero terrorizzata, ho subito pensato a quanto mi sarei dovuta informare, per capirlo e aiutarlo, e poi ho temuto che la società non lo integrasse.

Nonostante ciò ho cercato di essere calma per dimostrargli che ce l’avremmo fatta. Penso che una delle caratteristiche dei genitori in generale sia proprio quella di nascondere le proprie paure per rasserenare i figli.

Poi non so se ne sono mai stata davvero in grado.

Alexein ci ha detto che per quanto tu ti possa sforzare, non potrai mai comprendere la sua sofferenza fino in fondo, come ti fa sentire questa cosa?

Male, penso che ogni genitore se potesse solleverebbe i figli dalla propria sofferenza, per farsene carico.

Infatti indipendentemente dal fatto che Alexein sia transgender, io penso che comunque non avrei mai potuto capirlo fino in fondo, perché figli e genitori sono separati dall’età e dall’esperienza.

Io non mi sono sentita capita dai miei genitori fino in fondo, però mi hanno sempre supportata e così ho fatto io.

Certo la sofferenza che prova Alexein e che ha provato in passato sarà sempre troppo profonda perché io possa anche solo immaginarla, molto diversa da quella che per esempio potrà provare sua sorella.

Alexein

L’impazienza per poter essere chi davvero si è, in un Paese dalla burocrazia lunghissima non fanno che aumentare la sofferenza.

Alexein ha cambiato nome, eppure il nome è qualcosa che i genitori scelgono per i figli, come ti sei sentita a riguardo?

Quando un genitore ha un figlio o una figlia transgender vive un periodo di lutto, per il bambino o bambina che suo figlio o figlia era.

Poi questa fase finisce e ci si rende conto che la persona è esattamente la stessa, cambiano solo il nome e i pronomi.

Quindi inizialmente ho dovuto accettare anche questo cambiamento di nome, imparare ad usare i pronomi corretti, a non usare il suo dead name e ad abbreviare il suo nome nel modo giusto.

Poi devo dire che ha scelto un nome molto simile a quello che gli avrei dato io se alla nascita fosse stato maschio, io l’avrei chiamato Alessandro e lui ha scelto Alexein.

È bello sentire che quando tuo figlio ha fatto coming out la prima cosa a cui hai pensato è stata che dovevi informarti e conoscere. Pensi che ti abbia reso una persona migliore?

Sì mio figlio con il suo coming out mi ha fatto conoscere un mondo intero, fatto di persone meravigliose, io oggi sono molto impegnata con l’associazione AGEDO Milano, qui ho avuto occasione di incontrare molte persone  e di essere arricchita.

pride

Così sei stata accolta da AGEDO Milano e oggi accogli tu, anche questo è molto bello…

Sì, io ho contattato AGEDO Milano per chiedere aiuto e ho trovato accoglienza e una seconda famiglia, è stato normale diventare attivista, socia e parte del direttivo.

È diventato parte della mia vita battermi per i diritti delle persone LGBTQIA+ e per fare in modo che la nostra società diventi più accogliente.

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