Allergia alle arachidi nei bambini: “Tra le cure l’assunzione già dai 6 mesi a piccole dosi dell’allergene”
In Australia è stato approvato un piano nazionale che prevede l'assunzione da parte dei bambini prima dell'anno di vita di polvere di arachide, in modo da proteggere i piccoli dall'allergia maggiormente diffusa nel Paese in età scolare.
I bimbi italiani, invece, come ha spiegato a Fanpage.it la dottoressa Francesca Mori, pediatra allergologa e responsabile della struttura ospedaliera dipartimentale semplice dell'ospedale Meyer, tendono ad essere allergici spesso alle nocciole, per diverse abitudini alimentari che li caratterizzano.
Quello che i pediatri australiani stanno mettendo in pratica è una desensibilizzazione orale, di cui la dottoressa ha spiegato il meccanismo e l'importanza per prevenire i rischi delle allergie nei bimbi.
Cos’è l’allergia alle arachidi? Quali sono i sintomi e da che età i bambini la manifestano?
In realtà l’età della manifestazione dipende dalle pratiche di ogni singolo Paese, cioè dal momento in cui si inizia a assumere l’alimento.
Questo perché le reazioni allergiche prevedono una sensibilizzazione, cioè un incontro precedente con l’allergene, che può avvenire attraverso l'assunzione (mangiare l'arachide) o per esempio nei soggetti che presentano condizioni a rischio come la dermatite atopica grave, attraverso la cute (toccando l'arachide).
I soggetti con la dermatite atopica, infatti, sono più a rischio perché la loro pelle, che comunemente dovrebbe avere la funzione di una barriera protettiva, è infiammata e lesionata, e fa diventare il bimbo più sensibile all’arachide.
Quali sono i sintomi che il bimbo sia allergico all'arachide?
Le manifestazioni allergiche possono avere una gravità variabile si va dal semplice interessamento cutaneo con orticaria o angioedema fino a una compromissione con interessamento di altri organi, come difficoltà respiratoria, vomito, fino a perdita di coscienza, il cosiddetto shock anafilattico. La condizione di anafilassi si ha quando vi è l'interessamento di almeno due organi o apparati, per esempio quando il bimbo manifesta l’orticaria e la difficoltà respiratoria o problemi alla cute e vomito. Difficilmente nel bambino si ha una reazione anafilattica se non è coinvolta la pelle, è possibile ma non è comune.
L’allergia è ereditaria?
Non si eredita l'allergia allo stesso allergene ma la predisposizione ad avere un'allergia, avere un genitore atopico espone al rischio, ma averne due fa aumentare ancora il rischio che il bimbo sia allergico. Per spiegarci, se i genitori del bambino sono allergici all’arachide il bimbo non ha più possibilità di essere allergico all’arachide, ma invece ha più probabilità di essere un soggetto allergico.
Negli USA, l’allergia alle arachidi è la più diffusa in età scolare, vale lo stesso per l’Italia?
No, le allergie alimentari più sviluppate tra i bambini dipendono dalle abitudini alimentari dei singoli Paesi, il burro d’arachidi è molto consumato fin dalla tenera età negli Stati Uniti, da noi i bambini sono più ghiotti di crema alle nocciole, dunque è a questa frutta a guscio che spesso sono allergici.
In Australia hanno iniziato a dare ai bambini polvere d’arachide prima dell’anno di vita per curare l’allergia, di che metodo si tratta e perché funziona?
In Australia viene data proprio l’arachide di per sé polverizzata, dunque non un farmaco.
Si può prevenire invece l’allergia alle arachidi?
Sì, secondo degli studi anglosassoni che hanno valutato se in soggetti a rischio allergia, quindi con dermatite atopica grave, grazie ad un’introduzione precoce dell’arachide si potesse in qualche modo evitare il rischio che diventassero allergici.
Dallo studio è emerso che l’introduzione precoce in questi soggetti effettivamente previene il rischio di sviluppare l’allergia, per quanto riguarda arachidi e uovo.
Questo perché prima si introducevano le arachidi entro l’anno, lo scopo è quello di introdurla dai 6 mesi, in modo che l’incontro costante con l’allergene è come se allenasse il sistema immunitario a tollerarlo ed evitare lo sviluppo di allergia.
Come possono i genitori di soggetti allergici educarli a corrette scelte alimentari anche quando cresceranno?
Questo lavoro viene fatto in team, dopo che i bambini hanno ricevuto la diagnosi di allergia.
Vengono date alle famiglie delle indicazioni precise dettate da un test di provocazione che viene fatto in regime di day hospital in ambiente ospedaliero. Lo scopo del test è quello di confermare l’allergia, laddove non vi fossero valori del sangue elevati e una storia recente di reazione severa.
Grazie al test è possibile capire quale dose di arachide produce manifestazioni cliniche. In questo caso bisogna anche stabilire se il bambino dovrà fare attenzione all’etichettatura dei prodotti, se per esempio non possono mangiare neanche i prodotti che recitano “può contenere tracce di arachide”.
Una volta consapevoli della soglia di reattività del bambino vengono date delle indicazioni, il genitore e l’ambiente sportivo o sociale che frequenta il bimbo vengono addestrati all’utilizzo del farmaco salvavita, ossia l’adrenalina autoiniettabile che viene data in dotazione ai soggetti allergici a rischio anafilassi.
Mano a mano che il bimbo cresce viene responsabilizzato nella gestione dell’autoiniettore salva vita, perché in alcune circostanze i genitori non saranno presenti nell’utilizzare il farmaco, piuttosto che nel porre attenzione in cosa può e non può mangiare.
L’autonomia del bambino viene acquisita da quando è piccolo mano a mano che cresce, anche in relazione alla persistenza dell’allergia all’arachide con la crescita.
Al Meyer fare la terapia della desensibilizzazione orale, cos’è?
Esattamente quello che avviene in Australia con la polvere di arachide, dopo che abbiamo valutato la soglia di reattività, diamo al bimbo una dose inferiore di allergene, poi facciamo degli incrementi, sempre in ospedale con osservazione, e a casa il bambino deve continuare ad assumere l'alimento fino al successivo controllo in day hospital con incremento della dose fino a desensibilizzazione completa.
Così il piccolo può liberarsi da una dieta priva dell'alimento oppure può aumentare la soglia di reattività del bambino, in modo che eventuali contaminazioni non risultino rischiose per la sua salute.