Alexein e il suo coming out: “Mamma è rimasta in silenzio, poi mi ha capito e mi ha salvato la vita”
“Mia mamma è rimasta in silenzio, non un silenzio che giudica ma un silenzio che accoglie e poi mi ha detto “sei mio figlio, affronteremo questo percorso insieme”.
È questa la prima immagine che viene in mente ad Alexein Ezra Aghib, quando gli chiediamo di raccontarci il suo coming-out: sua mamma in giardino con lui, che fatica a comprenderlo ma si impegna con tutta se stessa, e senza saperlo, come ci dice lui, gli salva la vita.
Alexein è un ragazzo che non passa inosservato quando esce di casa, forse per i suoi capelli verdi o per il volto pieno di piercing, ma alla fine, ci racconta, lui ha sempre amato farsi notare, da piccolo facendo un gran baccano, oggi gridando a gran voce il suo coming-out.
Dietro questo ragazzo, dall’aspetto sicuro e forte, si nasconde però un intricato gomitolo di fragilità, incomprensioni e di ricordi che hanno segnato profondamente la sua vita. Dai pianti sconsolati da piccolo, quando non si spiegava perché pur sentendosi un maschio non lo fosse esteriormente, alle compagne che alle scuole medie lo escludevano, alla festa di fine anno delle superiori, quando pur di zittire i suoi compagni ha indossando un vestito, sentendosi morire dentro.
Dolori grandi, immensi, che lo hanno portato anche a tentare un suicidio. Al ritorno dall’ospedale ha trovato il coraggio per dire a sua mamma chi era veramente. Così da quel sera di ottobre 2018, fatta di silenzio, sguardi e abbracci è iniziata la sua rinascita.
“Mia mamma non potrà mai capire il mio dolore fino in fondo, ma so che sta facendo il possibile e io sono orgoglioso di lei”.
Ciao Alexein, che figlio sei stato e che figlio sei?
Io sono sempre stato un bambino molto attivo, diciamo che la mia presenza in casa non è mai passata inosservata, perché ho sempre adorato fare molto casino.
Sono anche sempre stato molto scontroso, soprattutto con mia mamma, litigavo sempre con lei sia per cose più stupide che per cose che, col senno di poi, posso dire che lo erano meno. A dire il vero io e lei ancora oggi a volte ci scontriamo. Tuttavia ci amiamo molto e con lei so anche essere molto affettuoso.
Quali erano le cose “non poi così stupide” per le quali vi scontravate?
La prima cosa che mi viene in mente è il vestiario, mia mamma mi proponeva di mettermi vestiti e gonne che non ho mai apprezzato.
È sempre stato naturale per me oppormi a queste convenzioni sociali, ai dogmi, per vestirmi come desideravo, ma ad un certo punto mi sono accorto che a comportarmi così ero solo io.
Ho reagito chiudendomi in me stesso, iniziando a comunicare meno con gli amici e con mia madre, temendo che non sarei stato compreso.
Durante la tua crescita ci sono stati dei momenti difficili?
Alle medie c'è stato il primo grande cambiamento della vita, lì ho iniziato a soffrire veramente, le mie compagne non erano cattive, ma mi avevano etichettato come diverso e mi escludevano, lasciandomi sempre solo.
Passavo i miei pomeriggi a casa. In terza media è iniziato proprio il mio periodo depressivo, in casa i miei genitori si stavano separando con una separazione davvero brutta e in classe mi sentivo esiliato, ho iniziato a non voler più andare a scuola, sono stato a casa per mesi trascorrendo le mie giornate a letto e non volevano ammettermi agli esami per le mie assenze.
Quel periodo coincideva anche con un mio rapido sviluppo corporeo, cosa che non accettavo.
Quindi non è stato semplice accettare la tua sessualità?
No, perché non ne sapevo nulla. Io sono cresciuto, come tutti, in un mondo fatto di stereotipi, nonostante i miei genitori fossero entrambi molto aperti e la prima volta che ho capito cosa si intendesse per transessualità è stato a 13 anni, guardando un video su Youtube.
Ricordo che il protagonista del video era un ragazzo trans che spiegava di aver avuto dei problemi in aeroporto a causa dei suoi documenti, ma io non ne capivo proprio il motivo.
Allora ho cercato la parola trans su internet e ho trovato interi glossari che mi hanno fatto capire che esistevano tantissime realtà. Attorno ai 14 anni poi ho compreso che questo mondo mi interessava così tanto perché stavo iniziando a capire chi davvero fossi io.
Quindi hai riconosciuto la tua identità di genere a 14 anni?
No, io ne sono sempre stato consapevole, mia mamma mi ha raccontato di un episodio avvenuto quando avevo solo 3 anni e io piangendo le ho chiesto quando mi sarebbe cresciuto il pene. Lei mi ha detto “mai, sei una bambina" e io ho iniziato a piangere in maniera inconsolabile, allora lei dopo ore mi ha calmato dicendomi che a 18 anni avrei potuto operarmi e fare ciò che volevo.
Poi sono sempre stato attratto dalla mascolinità, sentivo che fosse qualcosa che volevo ma non potevo avere, nei giochi di ruolo cercavo sempre di fare il fratello o il papà. All’asilo ho chiesto al mio parrucchiere di tagliarmi i capelli cortissimi.
Mia mamma pensava che lo facessi per assomigliarle, perché anche lei aveva sempre portato i capelli corti, ma non era così. A scuola mi hanno tutti preso in giro e io sono scoppiato a piangere, non tanto perché dicevano che assomigliavo a un maschio quanto più perché mi canzonavano.
Accettare di essere trans come è stato?
Dopo aver capito di essere trans sono subentrate una serie di altre paure, ossia che in fondo non avrei mai potuto esserlo. Pensavo al costo dell'operazione e delle cure ormonali, temevo il momento in cui avrei dovuto comunicarlo a tutti e soprattutto mi sentivo solo, perché non conoscevo direttamente altre persone trans.
Addirittura durante il liceo per la paura di non essere accettato, decisi di presentarmi alla festa di fine anno con un vestito, ma desideravo solo sparire e l’ho fatto solo perché avevo sentito dei brutti commenti da parte dei miei compagni di classe.
E invece ti va di raccontarci il tuo coming-out in famiglia?
Certo, era ottobre 2018, faceva freddo, ma io ero in giardino a fumare. Era un periodo molto complicato e delicato per me, ero appena stato dimesso dalla psichiatria dopo aver tentato il suicidio. Io ero in giardino a fumarmi una sigaretta, quando mia mamma è uscita per chiacchierare, non sapevo che avrei fatto coming-out in quel momento, non avevo programmato nulla, ma è stato tutto naturale.
Le ho detto che credevo di essere un ragazzo e lei è rimasta in silenzio, ma non parlo di un silenzio brutto, quanto più di un silenzio che accoglie. Poi mi ha detto “Sei mio figlio e noi affronteremo questa cosa insieme”.
Poi si è rivolta ad Agedo, un’associazione di genitori, parenti e amici di persone LGBTQIA+ omosessuali, alla quale lei si è avvicinata per chiedere aiuto e per la quale adesso è lei che accoglie i nuovi membri.
Sono molto fiero di lei e del percorso che ha fatto, anche se non glielo dico spesso.
Ti sei sempre sentito capito da tua mamma?
No, ancora oggi non mi sento capito o compreso e provo delle sensazioni conflittuali.
So che mia mamma mi ama e mi da tutta se stessa, come cerco di fare anche io, so anche che fa del suo meglio per accogliermi ma in alcuni momenti non mi può capire, solo io e le altre persone trans sappiamo come ci si sente.
In quei momenti mia mamma non può capirmi, mi può solo offrire il suo supporto emotivo e a volte questa cosa crea un po’ di conflitto, perché lei vorrebbe capirmi a pieno ma non riesce e io vorrei solo dirle che anche se non mi capisce va bene così, io in quel momento ho solo bisogno di essere ascoltato.
E tu ti sei mai messo nei suoi panni?
No, questa domanda mi apre un mondo, quando ho fatto coming-out ho solo pensato che da quel momento in avanti le avrei capovolto il mondo.
Però se mi sforzo di mettermi nei suoi panni sento tanta paura per me, anche quando esco io non mi nascondo di certo, faccio di tutto per farmi notare, è il mio modo di essere provocatorio, ma lei sa che tutto questo nasconde un’estrema fragilità di cui ha paura. Penso anche che abbia paura di quello che per strada la gente possa dirmi.
E da cosa deriva la tua fragilità? Dalla società?
Se penso alla società io sono molto geloso dei maschi etero bianchi cis, penso che vorrei essere loro perché sarebbe tutto più facile per me, perché sarei socialmente più accettato.
Ma non deriva da questo la mia fragilità è una cosa che mi porto dentro, non è stata la società a rendermi fragile. Certo che se io non fossi un ragazzo trans, non sarei chi sono oggi.
E il modo di fare di tua madre, molto accogliente, ha fatto la differenza?
Certo, mia mamma mi ha salvato la vita. Se non fosse stato per ciò che fa tutti i giorni per me, per la rete di persone che ha costruito, per il modo in cui cerca di aiutarmi, non so come sarebbe andata. Con il resto della famiglia io non sono mai riuscito a fare coming-out, è stata lei a farlo per me, perché sebbene tutti oggi siano dalla mia parte e mi difendano, ho avuto paura.
Pensi che per tua mamma sia stato facile capire che chi pensava essere sua figlia era suo figlio?
Io penso che a livello affettivo non sia stato difficile, è stato complesso per lei rompere con gli automatismi. Imparare a chiamarmi con il mio nome e ad usare i pronomi giusti ha richiesto del tempo. Spesso le capitava di chiamarmi al femminile o di usare il mio dead name, ma solo per abitudine.
Lei si è molto impegnata e io l'ho corretta tanto, dandole contro, pur di proteggere la mia identità. Un tempo correggevo e litigavo con tutti, poi ho imparato a scegliere le mie battaglie.
Il tuo nome, Alexein Ezra, lo hai scelto tu o hai chiesto aiuto a tua mamma?
Mi piace dire che sono stato completamente autonomo, ma un po' sento di essere stato influenzato.
Alexein Ezra, so che sono nomi che non si sentono spesso. Alexein l'ho letto nel vocabolario di greco durante una versione, scoprendo che significava "guerriero e protettore" e io mi ci sono visto dentro. Ezra, invece, è un secondo nome ebraico, che ho scelto perché i miei genitori sono ebrei e nonostante io non pratichi e mi definisca ateo, ho voluto portare queste origini con me, e significa "scrittore".
Hai mai sentito un po' di invidia per il fatto che tua sorella non abbia mai dovuto fare coming out per essere se stessa?
Mia sorella è più piccola di me e ha 17 anni, e io sono sempre stato molto protettivo nei suoi confronti nonostante i tanti litigi che abbiamo avuto durante la crescita. Mi ha sempre difeso contro tutti, è sempre stata paladina delle mie battaglie, per questo sebbene io provi questa gelosia per gli estranei, per lei non lo provo affatto.
Ci sarà un momento in cui non si dovrà più fare coming out, perché sarà normale che i figli siano chi sentono di essere e amino chi desiderino amare?
Io mi auguro che questo mondo, per ora davvero utopico, un giorno possa esistere, però al momento penso sia necessario e importante fare coming out, non per gli altri ma per se stessi.
Non tutti hanno bisogno di fare coming out, tante persone non vogliono alcuna etichetta, ma quando io dico "sono un ragazzo trans e omosessuale" è come se lo stessi gridando, per affermare chi sono e per dire a tutti che sono molto fiero di me stesso.
Il coming out per me, nonostante la paura che lo ha preceduto e il fatto che ricorderò quel momento per sempre, è un momento di fierezza, voglio che le persone sappiano chi sono.