Alessia racconta le fatiche dell’infertilità: “Ad ogni gender reveal penso che il mio turno non arriverà mai”
"Non ce la faccio più" dice tra le lacrime Alessia D'Oria, una ragazza italiana che vive in Germania, mostrando un test di gravidanza che recita l'inequivocabile scritta "Non incinta". Il suo video è diventato virale su TikTok, riscontrando tanti commenti di donne che stanno affrontando il doloroso e lungo percorso dell'infertilità, ma che spesso si sentono sole e, come ci dice lei: "rotte o peggio mal funzionanti".
Alessia ha raccontato a Fanpage.it il suo percorso, iniziato con un desiderio di genitorialità che dopo mesi di tentativi non dava mai l'esito sperato, con la presa di consapevolezza delle difficoltà che mai avrebbe immaginato, le incomprensioni che la coppia si trova ad affrontare e i tabù che invadono la società. "Io sono stanca di sentirmi dire che sono ossessionata dal desiderio di avere un bimbo, perché mi sono sottoposta alle tecniche di PMA, non è così. Ma sono giovane e finché avrò la forza voglio lottare".
Ci racconti quando tu e il tuo compagno avete iniziato a pensare che avreste voluto un bambino?
Abbiamo iniziato a pensare che avremmo voluto un bimbo a circa un anno dal matrimonio. Io ero ancora in cerca di un lavoro che mi offrisse un contratto a tempo indeterminato, ma abbiamo deciso di iniziare ad avere dei rapporti non protetti, senza particolari aspettative ma con la speranza di gettare le basi per vedere cosa sarebbe successo.
Hai sempre desiderato diventare madre?
Sì, io arrivo da una famiglia molto piccola. Siamo sempre state sole io e mia madre, quindi sono cresciuta sognando “la famiglia ideale”, composta da tanti bambini e da una coppia di genitori uniti. Sognavo di vivere in età adulta le relazioni che non ho potuto vivere durante l’infanzia. Ci tengo a dire però che diventare madre non è per me il fine ultimo della vita, è un arricchimento alla mia vita personale.
Quando avete iniziato a capire che qualcosa non andava?
Dopo 4-5 mesi di tentativi per provare ad avere un bambino. So che molto spesso in termini clinici-ginecologici si dice di aspettare almeno 9 mesi o 1 anno prima di darsi per vinti, ma io ho subito capito che qualcosa non andava.
Avevi mai pensato alla possibilità dell’infertilità nella tua vita?
Onestamente no, o meglio, mai in maniera troppo seria, perché non ho mai avuto alcun tipo di problema ginecologico. Alcune ragazze mie coetanee per esempio avevano un ciclo molto irregolare, problemi all'endometrio, l’ovaio policistico, oppure si erano bombardate per anni con anticoncezionali. Io da quel punto di vista non avevo mai avuto problemi e mai avevo considerato la possibilità dell’infertilità.
Quando hai capito che un bimbo non sarebbe arrivato, come ti sei mossa?
Dopo un anno ho capito che le classiche visite ginecologiche non erano sufficienti, inizialmente mi hanno proposto integratori, acido folico, un farmaco che aiuta a controllare l’ovulazione, i vari test di ovulazione e alla fine ho deciso di rivolgermi a una clinica privata.
Quali visite avete fatto nello specifico?
In realtà non ci sono state fatte tantissime visite, e questo per me è sempre rimasto un grande dilemma. Innanzitutto io e mio marito abbiamo dovuto fare degli esami del sangue, anche per valutare delle problematiche legate a combinazioni genetiche, poi io ho fatto una visita ginecologica interna, a mio marito è stato fatto uno spermiogramma. Penso che ciò dipenda dalla nostra giovane età.
Quali cure stai facendo?
Al momento nulla, sto facendo la ICSI, ossia la fecondazione in vitro. Mi prelevano degli ovociti e li fecondano in laboratorio attraverso lo sperma di mio marito. La tecnica è abbastanza invasiva, io sono al terzo tentativo e anche quest’ultimo non è purtroppo andato a buon fine.
Perché hai deciso di raccontare la tua esperienza su TikTok?
Perché c’è troppa disinformazione riguardo le tecniche di PMA e in generale l’infertilità. Ad avermi aperto gli occhi è stata la frase di una mia cara amica, detta in buona fede: “Ma lo sperma è di tuo marito?”. A me infastidiva l’idea che la gente desse per scontato che per qualsiasi tecnica i gameti venissero donati, quando non è così.
Un’altra cosa che mi infastidisce è che molte donne si sentano costrette a vivere l’infertilità come una vergogna o qualcosa da nascondere, oppure il fatto che nel nostro Paese, per una morale troppo cattolica, si vedano questi tentativi come qualcosa “contro-natura”, “contro la volontà di Dio”, e io volevo creare maggiore sensibilizzazione sull’argomento.
E non hai avuto paura che i commenti riaprissero delle ferite?
Sì, ne ho avuta tantissima, ma sapevo di espormi per una giusta causa, che sarebbe arrivata alle orecchie giuste. Ho scoperto che tantissime donne sono alle prese con questo problema, alcune critiche che ho letto arrivano o da donne che non sono riuscite, nonostante le tecniche, a diventare madri e dunque mi incolpano di starci provando troppo ostinatamente, oppure donne che non vogliono figli e che mi deridono per il dolore che provo, dandomi della donna che vuole solo e unicamente essere madre.
Io ci tengo a dire che non mi sento meno donna perché non riesco a diventare madre, ma che diventarlo era un mio sogno e non vedo perché io debba arrendermi.
L’infertilità ha inciso sulla vita di coppia?
Da un certo punto di vista l’infertilità ci ha uniti, ma nel pieno del percorso i nervi sono tesi, non ci si capisce e tutto cambia anche dal punto di vista intimo.
Le terapie fanno sì che si perda la passione e la libido, anche perché il pensiero costante è che dall’unione non accadrà nulla, quel bimbo non nascerà. Un momento molto brutto è anche quello in cui si programmano i rapporti in base all’ovulazione, cambia proprio l’intimità di coppia.
Ci sono state delle domande scomode che ti sono state fatte mentre tu stavi affrontando questo dramma?
Sì ed è un altro motivo che mi ha spinta, nel mio piccolo, a cercare di sensibilizzare sul tema. Quando i nonni mi chiedevano “ma allora un bambino quando lo fate?” prima che io scoprissi delle mie difficoltà, scambiavo il tutto per una semplice curiosità e rispondevo serenamente che stavo lavorando e avevo altri progetti.
Quando però quel bimbo non arrivava, ho iniziato a soffrire di più, anche se ho sempre avuto l’intelligenza per capire che le persone in realtà non volevano ferirmi, ma ho sempre cercato di far capire che non fosse il caso di farle certe domande. Adesso, una frase che mi ferisce molto è “Ma dai non pensarci vedrai che arriverà”, perché mi fanno passare per un’ossessionata e sminuiscono il mio dolore.
Per me un futuro senza figli non è qualcosa di inaccettabile ma non sarebbe la vita che ho sempre voluto. Il mio problema non è che non sto avendo un figlio subito, quanto più la paura che non lo avrò mai.
Ti capita che qualcuno ti chieda “e allora perché non adotti”?
Sì, questo è un argomento che mi sta molto a cuore, perché per me l’adozione prescinde totalmente dalle possibilità riproduttive di una persona, e se adottassi l’adozione non sarebbe certo una risposta alla mia infertilità.
Io sarei pronta ad amare un bambino adottato ma per ora ho solo 29 anni, la diagnosi di infertilità non è definitiva e quindi mi sto concentrando su questo.
Vi è stato spiegato qual è il motivo per il quale non riuscite ad avere figli?
Sì allora il concepimento naturale non riesce per un problema tra me e mio marito, lui ha una bassa mobilità e io ho delle ovulazioni poco costanti e poco prevedibili a causa di una malattia alla tiroide, ossia la sindrome di Hashimoto, che influisce sui cicli e sulle ovulazioni. Il problema è che ora anche i 3 tentativi di concepimento assistito non sono andati bene e quindi sto indagando su un eventuale problema mio a non riuscire ad accogliere e far attecchire l’embrione.
Quindi il percorso per arrivare a una diagnosi è lungo?
Sì, perché è difficilissimo rilevare il problema, molte donne sono infertili e neanche sanno il perché. Oppure a volte semplicemente avvengono dei cambiamenti nel nostro corpo, mio marito per esempio ha fatto due spermiogrammi, il primo andava bene il secondo no.
Tu hai avuto accesso alla PMA in maniera gratuita?
No, io vivo in Germania e il primo ciclo di PMA è coperto fino al 30%, dopo di che bisogna pagare tutto di tasca propria. Inoltre tutti i medicinali preparatori che mi sono serviti per la stimolazione ovarica sono stati tutti a mie spese e parliamo di prezzi che si aggirano tra i 500€ e i 600€.
Cosa provi quando vedi delle donne incinte o con dei bambini piccoli?
Un senso di fatica, ma non sono invidiosa. Ti dico solo che proprio mentre io scoprivo di non poter avere bambini nella mia famiglia un sacco di cugine che non cercavano figli sono rimaste incinte. L’unica domanda che mi sono sempre fatta è stata “Perché non succede anche a me?”, ma ho sempre vissuto tutto con grande serenità, anche se a volte partecipando ai baby shower o ai gender reveal di parenti o amici mi chiedo quando arriverà il mio turno, con il terrore che invece non arriverà mai.
Secondo te questa tendenza a parlare poco di infertilità induce le persone che non riescono ad avere figli a sentirsi sole?
Sì, all’inizio tendevo a pensare di essere parte di una minoranza, anormale e rotta, invece mi sono accorta che l’infertilità dilaga. Ascoltare altre storie mi dà la forza di andare avanti e non perdere la speranza, alcune donne combattono anche per 10-15 anni. Io ammiro questa resilienza anche se non penso di averne la forza, e ad un certo punto lascerò andare questa eredità. In ogni caso cercherò un figlio fino a che non si trasformerà in un’ossessione.
Pensi che ad oggi sarebbe bene invitare ragazzi e ragazze più giovani a indagare la loro fertilità?
Sì, si da sempre per scontato di essere invincibili, di poter sicuramente avere dei figli e che certe cose accadano agli altri, ma non è così. Vanno sensibilizzati soprattutto gli uomini a fare più visite, senza temere che una diagnosi di infertilità li renda meno virili. E bisogna agire subito, per prevenire o intervenire presto, vista la lunghezza dei percorsi se si aspettano anni prima di agire si rischia poi che ogni cura sia inefficace, l’età gioca un ruolo fondamentale in questi percorsi.