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“Mia figlia ha la sindrome di Rett, ma i pugni della malattia non ci hanno messo al tappeto”

Un padre racconta a Fanpage la storia della figlia Alessia, impossibilitata alla parola ma che comunica con lo sguardo: “I brutti pensieri? Ci sono, ma li ho chiusi in un cassetto”.
A cura di Niccolò De Rosa
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Lionello e Orietta sono una coppia bresciana che vive sulle sponde del Lago d'Iseo. Da 17 anni la loro vita è riempita dall'amore per Alessia (nome di fantasia), la loro unica figlia che però non riesce ad esprimere con le parole tutto l'affetto e la curiosità che la contraddistinguono.

Alessia è infatti affetta dalla la sindrome di Rett, una rara malattia genetica che colpisce quasi esclusivamente le bambine e causa ritardo cognitivo, problemi motori e, soprattutto, compromette quasi del tutto i meccanismi del linguaggio. La condizione viene infatti chiamata anche "la malattia delle bambine dagli occhi belli" perché spesso chi ne è soggetto riesce a comunicare solamente attraverso lo sguardo.

Anche Alessia sfrutta i suoi occhi per aprirsi una finestra sul mondo e papà Lionello ha raccontato a Fanpage.it cosa significhi vivere con questa malattia ancora poco conosciuta.

"Come spesso accade con i bimbi affetti da Sindrome di Rett, i segnali della condizione attendono qualche tempo prima di manifestarsi" ha spiegato. "Per questo ci siamo accorti di alcune anomalie quando Alessia aveva più o meno due anni e mezzo".

Quali erano le avvisaglie che vi hanno insospettiti?

Dopo uno sviluppo apparentemente normale, sembrava Alessia che si stesse lentamente scollegando dal mondo circostante. I sintomi erano simili a quelli dell’autismo: crisi di pianto improvviso, azioni ripetute, assenza di curiosità verso oggetti e persone nuove. Notammo una certa regressione anche dal punto di vista motorio. Nostra figlia iniziava a non voler più compiere determinate attività e spesso tratteneva degli oggetti con le mani per poi rilasciarli improvvisamente.

Aveva già iniziato a parlare?

Stava iniziando a vocalizzare le prime parole quando ha progressivamente cominciato a perdere le poche abilità acquisite, fino a smettere totalmente di comunicare verbalmente.

Come avete indagato la questione?

Dopo queste prime avvisaglie il problema è diventato davvero evidente durante il primo anno di asilo, quando le maestre si sono subito accorte che c’era qualcosa che non andava. A questo punto ci siamo mossi con l’ATS e le prime visite neuropsichiatriche. Dopo una serie di esami e un risolutivo test genetico, i medici ci hanno detto che la piccola aveva la sindrome di Rett.

Lionello, Orietta e loro figlia.
Lionello, Orietta e loro figlia.

Qual è stata la vostra reazione?

È stato come prendere un pugno in pieno volto. Eravamo al tappeto, storditi e pieni di dolori. Nel pugilato però per non perdere l’incontro bisogna rialzarsi prima che l’arbitro finisca di contare e dunque sia io che mia moglie ci siamo rimboccati le maniche per affrontare questa situazione. La prima cosa è stata ovviamente informarsi su Internet e cercare eventuali cure, anche a costo di compiere viaggi della speranza all’estero. Passato questo momento però, occorre di affrontare la cosa in modo un po’ più razionale. Fortunatamente abbiamo conosciuto l’AIRETT, l’Associazione Italiana Rett, la quale ci ha fornito dei validi consigli per riorganizzare il nostro quotidiano.

Come vi siete organizzati?

Abbiamo smesso di fare progetti a lungo termine e ci siamo messi a vivere alla giornata. Abbiamo attivato tutti i sostegni possibili e la scuola in particolare si è dimostrata molto ricettiva e inclusiva: alle elementari e alle medie non abbiamo mai avuto problemi né con gli insegnanti, né con gli altri bambini. I piccoli i bambini hanno una solidarietà spontanea e per quanto possibile hanno sempre fatto gruppo con mia figlia.

Come è evoluta la malattia?

Negli anni Alessia è sempre più soggetta a crisi epilettica e ha maturato problemi motori, nonché un certo ritardo cognitivo. Con l’aiuto di fisioterapisti, logopedisti ed esperti di comunicazione aumentativa (un approccio che instaura il dialogo attraverso le immagini, ndr) nostra figlia è riuscita a mantenere una certa capacità espressiva, anche senza poter usare le parole. Oggi Alessia non parla e non usa le mani, però deambula correttamente ed è riuscita a non perdere il contatto visivo per interagire con il mondo che la circonda: attraverso lo sguardo e i movimenti sa farci capire quando un cibo le piace, se le va di fare una determinata attività o se sente un dolore da qualche parte.

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Qual è il rapporto di Alessia con gli altri?

È molto curiosa e si avvicina anche a chi non conosce bene. Se poi la persona le va a genio può anche sedersi in braccio. Per comunicare invece si deve creare una connessione molto empatica fatta di sguardi, gesti ed espressioni facciali. Quando sorride, ad esempio, significa che vuole dare una risposta affermativa. Se si gira, invece, sta esprimendo il proprio dissenso. Purtroppo ultimamente i rapporti con gli altri sono un po’ diminuiti…

Come mai?

Negli ultimi due anni le crisi epilettiche si sono intensificate, diventando quasi giornaliere, e Alessia ha dovuto iniziare a frequentare un servizio di didattica domiciliare.

Come è cambiata la vostra vita dal giorno della diagnosi?

Quasi tutto il nostro tempo è naturalmente dedicato a nostra figlia. Mia moglie ha anche lasciato il proprio lavoro per occuparsi di lei. Ogni tanto scappa una pizza con amici o colleghi, ma si tratta di una rarità.

Questo però non vi impedisce di essere felici…

Quando nostra figlia sta bene è allegra, vivace e riempie la casa. Noi abbiamo la fortuna di abitare sul lago, quindi se ci sono le condizioni usciamo a farci delle bellissime passeggiate: prendiamo il gelato, incontriamo persone e ci godiamo tutti insieme questi preziosi frammenti di serenità.

Cosa piace fare a Alessia?

Le piace ascoltare la musica contemporanea, soprattutto quella italiana e guardare video sul tablet. Poi ama i quiz: sa riconoscere tutti i presentatori più famosi e ultimamente segue Reazione a Catena. Quando però non è in forma preferisce stare a casa, sdraiarsi e riposare nel silenzio.

Vi siete mai sentiti soli?

In questo ci ha molto aiutato l’esser entrati a far parte di un’associazione. Alessia ha così avuto modo di conoscere altre persone con la sindrome di Rett. Questa estate siamo anche stati selezionati per un campus dove le ragazze vengono seguite da assistenti e terapisti e passano le giornate a fare attività  di potenziamento cognitivo all’aperto e in piscina.

Quali sono le vostre prospettive per il futuro?

Quando i medici ci hanno dato la diagnosi sono stati molto chiari: tutto era incerto e anche una semplice polmonite avrebbe potuto portarci via nostra figlia. Da quel momento ho preso quel pensiero e l’ho riposto in un cassetto. Sono passati già 17 anni. Per ora dunque viviamo il presente, senza troppa programmazione, cercando di fare il possibile per farla stare bene ogni giorno della sua vita.

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