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L’indagine sul maltrattamento dei minori in Italia: “Al sud le famiglie hanno più difficoltà, ma meno aiuti”

È stata presentata in Senato la sesta edizione dell’Indagine sul maltrattamento dei minori condotta dall’Associazione Cesvi. Dai risultati emerge che i bambini a rischio di subire violenza fisica o psicologica si trovano soprattutto nel sud Italia ma che i servizi per aiutare le famiglie e contrastare il fenomeno si trovano invece al nord.
Intervista a Stefano Piziali
Direttore Generale Cesvi
A cura di Sophia Crotti
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violenza sui minori

I bambini vengono ancora maltrattati, subendo soprusi che si declinano in tanti modi diversi, da un linguaggio aggressivo da parte degli adulti che si prendono cura di loro, alla violenza fisica. A questo si somma la mancanza, in alcune regioni, di quei servizi che sarebbero essenziali alla cura dei più piccoli.

L’associazione Cesvi, che con le sue Case del Sorriso supporta le famiglie in difficoltà, da 6 anni a questa parte mette in luce nel suo report annuale “L’Indice regionale sul maltrattamento e la cura all’infanzia in Italia” i punti di forza e debolezza delle regioni italiane quando si parla di tutela dell'infanzia e supporto alle famiglie. Quest'anno il focus è stato sulla violenza psicologica che arriva ai bambini attraverso le parole.

Dai dati emerge una enorme spaccatura tra nord e sud Italia, con Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Lombardia e Veneto ai primi posti della classifica e Calabria, Puglia, Sicilia e Campania agli ultimi.

Abbiamo intervistato Stefano Piziali, il direttore generale dell'associazione, che ci ha spiegato l'importanza di avere dei dati che mettano in mostra i livelli di violenza contro i minori perché si trovi una soluzione al problema.

"Il paradosso nel nostro Paese è che si rifuggono i dati, ci spaventano le classifiche, ma senza queste non sapremmo che i bambini più a rischio vivono al sud, ma le maggiori risorse per aiutarli si trovano al nord".

Stefano Piziali (direttore generale CESVI)
Stefano Piziali (direttore generale CESVI)

Quali sono gli obiettivi della ricerca legata alla violenza sui minori in Italia?

Ormai siamo alla sesta edizione ma fin dal principio l’obiettivo principale che ci siamo sempre preposti è stato quello di smuovere l'attenzione delle istituzioni e di chi si occupa di tematiche afferenti alla tutela dell’infanzia in ogni regione italiana. Solo raccogliendo e condividendo dei dati ben precisi riguardo alle forme di violenza perpetrate sui minori si possono poi favorire delle politiche che vedano la cooperazione di attori pubblici e privati.

Fonte: Indice regionale sui maltrattamenti e la cura all'infanzia in Italia 2024, variazione nei fattori di rischio dal 2022 al 2024
Fonte: Indice regionale sui maltrattamenti e la cura all'infanzia in Italia 2024, variazione nei fattori di rischio dal 2022 al 2024

È importante che ci si renda conto dell'entità delle problematiche, perché non si può cambiare ciò che non si conosce. I dati poi aiutano a stilare delle classifiche, le quali so che spaventano, ma dobbiamo ricordare sempre che hanno dei limiti, la regione che si trova in prima posizione ha degli aspetti positivi che l’ultima in classifica non ha ma l’ultima potrebbe avere delle risorse che mancano alla prima. Confrontandosi poi possono migliorarsi vicendevolmente.

Tra i fattori di rischio per la violenza sui bambini rientrano la monogenitorialità e l’insoddisfazione legata alla propria vita, le famiglie se abbandonate a se stesse rischiano di mettere in atto atteggiamenti violenti?

Sì, la solitudine ma non solo è un forte fattore di rischio e la pandemia, che è stato per tutti un periodo di solitudine e isolamento, ce lo ha insegnato. Ha portato con sé un significativo aumento delle malattie legate alla salute mentale, fase che non è ancora del tutto superata e si è intrecciata in modo molto forte con l’impatto che oggi hanno i media di comunicazione sociale, che creano situazioni che gli adulti non sanno gestire perché non sono formati.

Grandi e piccini rischiano di rimanere imbrigliati tra il linguaggio d’odio, aggressivo e violento, il cyberbullismo, isolamento, ritiro dalla vita sociale, le dinamiche di body shaming, senza cogliere le potenzialità di questi mezzi di comunicazione.

Fonte: Cesvi
Fonte: Cesvi

I servizi sociali, dalla loro, non sempre riescono a intercettare questi bisogni e le famiglie finiscono per essere sole. Per prevenire il rischio che vengano messi in atto atteggiamenti violenti contro i minori bisogna aiutare i genitori, favorendo il dialogo tra loro e con i figli, non si nasce capaci di fare le mamme o fare i papà, serve un supporto costante dall’arrivo del bambino, alla sua adolescenza, momenti che non sono semplici per un genitore.

Perché vi siete soffermati soprattutto sulla violenza verbale nei confronti dei bambini?

Perché la violenza psicologica, di cui il linguaggio è la componente principale, è la più diffusa nei confronti dei bambini anche a livello europeo. Seguono il maltrattamento fisico, quello sessuale e  la trascuratezza.

Ma il maltrattamento psicologico va dal docente aggressivo, a chi mette in atto una pedagogia autoritaria che limita al posto di aiutare i bimbi a costruirsi un percorso di vita per diventare adulti, fino ad arrivare alle forme opposte, quelle in cui bambini e adolescenti hanno introiettato, e lo riversano sui coetanei.

La parola oggi, grazie alla digitalizzazione è presente in ogni contesto, sia in forma scritta che in forma parlata, e quindi bisogna comprenderne il potenzialità. Le parole creano odio, stigma, svalutano e isolano, con un impatto a medio o lungo termine sui bambini.

Gli studi ci dicono che le forme di bullismo, cyberbullismo o baby gang hanno all'origine una situazione familiare spesso oltre che disagiata, anche che ha posto poca attenzione nell'utilizzo dei minori degli strumenti digitali, che però danno ai bambini già a 10 anni.

Come mai c'è una così forte spaccatura tra nord e sud Italia?

L'indice che abbiamo stilato è frutto di due sottoindici, l'uno legato a una situazione di contesto dei territori che presentano tossicodipendenza, mancanza di sicurezza, carenza di abitazioni sicure, e che sono soprattutto quelli del sud Italia, l'altro legato alla  capacità di risposta dei servizi pubblici alle situazioni di disagio, che sono soprattutto i territori del nord.

Fonte: Indice regionale sui maltrattamenti e la cura all'infanzia in Italia 2024, differenza tra regioni a rischio e servizi di supporto
Fonte: Indice regionale sui maltrattamenti e la cura all'infanzia in Italia 2024, differenza tra regioni a rischio e servizi di supporto

Il paradosso è proprio che in Italia le risorse per aiutare famiglie e bambini sono distribuite in maniera diseguale: laddove c'è più bisogno, ci sono meno risorse, meno servizi adeguati o di qualità e incapacità di rispondere alle situazioni di rischio, che sono maggiori al sud.

Adulti violenti che genere di traumi producono nei bambini?

I danni sono moltissimi, possiamo menzionare i più rilevanti a breve o lungo termine.

Tra i danni a breve termine si verifica spesso un precoce abbandono degli studi da parte dei bambini che provengono da contesti di disagio o violenza. Spesso le famiglie che vivono in contesti di maggiore povertà tendono a non far frequentare il nido o la scuola dell'infanzia ai propri figli, o perché mancano i servizi pubblici sul territorio o perché preferiscono lasciare i bambini con nonni, parenti o amici. Questo fa sì che i bimbi entrino in contatto tardi con figure specializzate che avrebbero potuto cogliere precocemente in loro segni di traumi o disagi.

Le conseguenze a medio e lungo termine che i ragazzi o i bambini manifestano, ci sono quelle che hanno a che fare con le diverse forme di devianza, dalla tossicodipendenza, all'alcolismo, al disagio psicologico, al ritiro sociale.

Spesso i bambini cresciuti in contesti violenti tendono a far parte di baby gang o ad usare la violenza contro i coetanei, sia fisica che psicologica.

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