“Da quando geolocalizzo i miei figli sono diventato un papà ansioso”: i danni dell’iperprotezione

Un papà ha raccontato all'Huffpost di essere diventato schiavo dello strumento installato sul cellulare dei suoi figli adolescenti per controllarne gli spostamenti quando giravano per le strade della città di notte. "Ho installato l'app per sicurezza e poi non sono più riuscito ad andare a dormire senza prima aver visto la luce blu che rappresenta i miei figli tornare a casa".
L'app per controllare la posizione dei figli
L'uomo ha raccontato all'Huffpost di aver divorziato dalla moglie quando il suo figlio più piccolo aveva 3 anni e di aver scaricato l'app per conoscere i loro spostamenti e per cercare di sopperire alla sua assenza. "Osservarli da lontano era un modo per avere ancora la possibilità di stare sempre con loro" ha spiegato l'uomo. La psicoterapeuta Michelle Felder ha detto alla testata che questo pensiero del padre non è poi tanto sbagliato: "Un modo per creare una connessione con il proprio figlio, dopo una separazione, può essere quella di guardare dall'app i suoi spostamenti e scrivergli un affettuoso: ‘ei ho visto che stai tornando da scuola, spero la tua giornata sia andata bene'. In questo modo il bimbo, secondo l'esperta, non si sente controllato ma accompagnato e immagina il suo papà interessato alla sua vita.
Tuttavia l'uomo da farne un uso moderato è arrivato ad essere totalmente dipendente dall'applicazione, ora che i suoi figli sono adolscenti: "La tecnologia non aiuta i genitori a stare tranquilli, anzi, crea nuovi tipi di ansie".
Questa possibilità di monitoraggio costante ha reso infatti l'uomo un padre ansioso e incapace di fidarsi dei propri figli. "La mia compagna ha iniziato a dirmi che avrei dovuto pensare al cellulare dei miei figli come ad un dispositivo con il quale mi avrebbero chiamato in caso di bisogno, non da controllare costantemente e ho iniziato a domandarmi quanto fossi ossessionato dal dispositivo".
Dov'è il limite tra controllo e invadenza
La psicologa infantile Reena B. Patel spiega ai genitori che la cosa essenziale è farsi delle domande sull'utilizzo di questa app in grado di monitorare la posizione dei figli. "Domandatevi perché lo fate, cercate di capire se pensate davvero che vostro figlio possa essere in pericolo o se state solo rispondendo alle vostre ansie, finendo così per invadere la loro privacy, senza alcun motivo".
Secondo la psicologa per comprendere quanto l'app stia impattando sulla propria vita, senza agevolarla, bisogna cercare di comprendere se l'utilizzo della stessa impedisce la concentrazione necessaria a portare a termine le attività quotidiane. "Se certe informazioni potreste conoscerle mandando un semplice messaggio ai vostri figli e senza la necessità di guardare l'app, allora forse ne siete dipendenti" ha aggiunto l'esperta.
Il rischio di questa tendenza, sempre più in voga, è che non ci si fidi minimamente della società, in grado anch'essa di monitorare i ragazzi e si arrivi fino al paradosso di accettare in toto l'invasione della loro privacy. "Il mondo adulto per rispondere alle sue paure, finge di occuparsi della sicurezza dei figli, finendo per non crescerli autonomi o per non ritenerli mai davvero tali, neanche una volta adulti".