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Abbiamo visto la serie tv “Adolescence” con un’esperta di social media e adolescenza, ecco cosa è emerso

La serie Adolescence presente su Netflix in 4 episodi indaga la relazione tra figli adolescenti incapaci di gestire la rabbia e intrappolati sui social e genitori non in grado di comprenderli. Con l’esperta Stefania Garassini ne abbiamo indagato ogni aspetto.
Intervista a Stefania Garassini
Professoressa di content management e digital journalism presso l'Università Cattolica di Milano, direttrice di Orientaserie.it e scrittrice di "Lo schermo dei desideri: come le serie tv cambiano la vita"
A cura di Sophia Crotti
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Jamie e suo papà Eddie Miller

"Di padre in figlio" è un motto che molte tifoserie di squadre di calcio, quello sport che il padre di Jamie sperava lo rendesse un po' più "forte", utilizzano per parlare di come la passione per il pallone si tramandi di generazione in generazione. La serie Adolescence, presente su Netflix in 4 episodi, mette in luce come "di padre in figlio" si possano trasmettere anche ansie, paure e incapacità di rapportarsi ai limiti e alle emozioni più negative dell'umano.

Così Eddie Miller, papà di Jamie Miller, 13enne accusato nella serie di aver ucciso con sette coltellate una coetanea, si stranisce nel vedere quel figlio tanto bravo a scuola, a cui lui e la moglie hanno dato tutto, nel video catturato dalle telecamere di sicurezza fare del male ad una ragazza.

Eppure quella rabbia incontrollabile, aggressività verbale e fisica che il ragazzo mette in atto a più riprese è la stessa del suo papà che, cresciuto da un uomo manesco, non ha mai imparato a gestire certe emozioni. Eddie e la moglie si arrovellano nel tentativo di cercare di capire cosa hanno sbagliato, loro che hanno una figlia meravigliosa, che si fa carico dei loro dolori e un figlio assassino. La risposta vera, profonda e colorata delle mille sfaccettature che un figlio, altro dai genitori e nel pieno dell'adolescenza può avere, ce l'ha data la docente di content management e digital journalism presso l'Università Cattolica, Stefania Garassini, responsabile del sito orientaserie.it e scrittrice del libro "Lo schermo dei desideri: Come le serie tv cambiano la nostra vita". Ciò che è certo è che una visione "di padre in figlio" di questa serie tv è consigliabile, per salvare i propri figli da quegli errori che ogni genitore comunemente fa.

Stefania Garassini (professoressa di content management e digital journalism direttrice di Orientaserie.it e scrittrice di "Lo schermo dei desideri: come le serie tv cambiano la vita"
Stefania Garassini (professoressa di content management e digital journalism direttrice di Orientaserie.it e scrittrice di "Lo schermo dei desideri: come le serie tv cambiano la vita"

Partiamo da una delle prime scene, quando Jamie viene sottoposto in caserma a una serie di visite, tra di loro ci sono gli esami del sangue, il papà dice che il ragazzo non le ha mai sopportate. In realtà Jamie è molto tranquillo a temerle davvero sembra proprio essere il suo papà. Questa scena ci parla delle paure dei genitori?

Certo, questa scena mette in luce proprio un aspetto tipico delle paure dei genitori, ossia la tendenza a proiettarle sui figli. Se l'adulto ha paura di qualcosa o ha vissuto un'esperienza negativa legata, in questo caso durante esami del sangue, quando è il figlio a dover vivere la stessa situazione fatica a non lasciarsi coinvolgere e a non proiettare su di lui le stesse ansie, senza lasciare al figlio la possibilità di vivere quella situazione anche con un impatto diverso. Questa scena mette anche in luce la stima reciproca, però, Jamie guarda il suo papà, cerca di farsi forza grazie a lui e forse non ne comprende le preoccupazioni. Questo perché tra loro c'è un enorme non detto, Eddie, il papà di Jamie, vuole che suo figlio stia bene ma non ha le competenze emotive essenziali a comprendere cosa gli sta succedendo.

A proposito di questa incomprensione fra i due, nella scena finale il papà di Jamie si chiede cosa ha sbagliato con suo figlio, lo ha iscritto a calcio, a box, gli ha dato tutto eppure lui è diventato un assassino. Erano soluzioni valide?

Io credo che qui appaia un'altra tendenza del mondo adulto, quella di risolvere i problemi dei figli non mettendosi in relazione con loro ma cercando una soluzione pratica o tecnica. Ecco che per socializzare o rafforzarsi Eddie iscrive Jamie a calcio e a box, senza mai chiedergli prima, evidentemente, se queste attività gli piacciono o gli interessano e finendo così per non comprendere i problemi del figlio né per risolverli.

Jamie poi cerca lo sguardo del papà quando gioca a calcio e soffre nel vederlo girarsi dall'altra parte ogni volta che sbaglia…

Certo, perché sente su di sé le aspettative del mondo adulto, sa che suo padre desidera che sia bravo e non vuole deluderlo. I ragazzi sentono enormemente il peso delle ambizioni che i loro genitori hanno per loro e sentono altrettanto l'incapacità dei genitori di gestire la delusione che provoca in loro il fatto che il proprio figlio non sia bravo nell'attività che gli avevano proposto. Il padre di Jamie vive l'insuccesso del figlio negli sport che non gli piacciono come un fallimento personale, non capisce che al centro ci sarebbe dovuta essere l'indole di suo figlio, un'indagine su come era fatto. Per comprenderlo avrebbe dovuto sintonizzarsi emotivamente con lui, ma non lo ha fatto e ha preferito, come spesso preferiscono gli adulti, una scappatoia tecnica che ha posto in subordine il valore del figlio. Eddie è una persona buona, mossa dalle migliori intenzioni, ma non si è mai sforzato di capire davvero suo figlio.

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A proposito delle migliori intenzioni di Eddie, lui dice una frase molto forte, che non ha mai usato con il figlio la violenza fisica che suo padre aveva usato con lui, come si era ripromesso. Eppure la violenza con cui sia lui che Jamie rispondono alla rabbia è la stessa, cosa è mancato in questa famiglia nella capacità di comprendere le emozioni?

Eddie è un padre che lodevolmente ha evitato con il figlio la violenza subita in infanzia ma che non lo ha aiutato ad imparare a gestire le emozioni, abilità che i bambini devono acquisire grazie a delle relazioni sane, perché non ce l'hanno in automatico alla nascita. La verità è che entrambi non sanno come incanalare la rabbia, e più in generale che il mondo adulto non sa come insegnare ai ragazzi a rispondere alle emozioni negative. Lo dimostra la psicologa, durante il colloquio che ha con Jamie nella terza puntata, visibilmente terrorizzata dal ragazzo, non a caso lui le dice: "Ti sei spaventata quando ho urlato? Sono un bambino di tredici anni, non credo di essere terrificante". E invece gli adulti sono terrorizzati anche dai bambini di 13 anni o meglio dai loro sentimenti negativi e dall'espressione degli stessi. I genitori dovrebbero dunque mettersi in relazione con i figli, assorbire i loro sentimenti negativi, senza temerli ma aiutandoli a dirigerli nella giusta direzione.

Se un ragazzo non riesce a esprimere i suoi sentimenti con mamma e papà li convoglia online? 

Esattamente, il mondo online è una scorciatoia in cui i ragazzi si sfogano, scrivono mossi dalla rabbia, senza elaborarla, senza riflettere insulti sotto ai post, condividono foto delle ragazze, finendo per alimentare altra rabbia e violenza.

Dal colloquio con la psicologa emerge anche il rapporto che Jamie ha con la sessualità, sembra gli debbano piacere per forza le femmine e debba provare per forza piacere nel guardare certe foto o nel fare certe cose. Gli manca forse una corretta educazione sessuale?

Innanzitutto Jamie mostra di adattarsi ai modelli, sente che le ragazze gli devono piacere, quando la psicologa gli chiede se vorrebbe fidanzarsi risponde che è certamente così per lui come per tutti. Si tratta ancora una volta di un approccio meccanico e non elaborato, basato sui modelli presenti in rete, sulla pornografia. E io credo che a lui manchi non tanto un'educazione sessuale quanto più una vera e propria educazione affettiva che la scuola dovrebbe proporgli, permettendogli così di imparare a gestire le sue emozioni, per la responsabilità relativa alle sue azioni.

Jamie e la psicologa durante il colloquio
Jamie e la psicologa durante il colloquio

Anche la scuola fallisce la sua missione educativa in questa serie?

Sì, la scuola penso faccia una figura anche peggiore della famiglia, che seppur non ha la competenze di comprendere fino in fondo il ragazzo, almeno gli vuole bene. Invece con questo ragazzo falliscono tutte le istituzioni del mondo adulto, né la scuola, né la psicologa riescono a capirlo e a fornirgli, senza paura, l'educazione di cui necessita.

In che senso anche la psicologa fallisce?

Se all'inizio cerca di empatizzare con Jamie, poi se ne va, gli dice che ha raccolto i suoi dati, non cerca davvero di instaurare un rapporto con lui. Se anche gli adulti si spaventano dei ragazzi, questi crederanno di essere dei mostri, di non poter gestire le proprie emozioni. Certo che questa rabbia, questa aggressività, un omicidio, sconvolgono ma gli adolescenti hanno bisogno di adulti che non si spaventino davanti a loro. Jamie dovrebbe capire che è altro da ciò che ha fatto, per quanto terribile e mostruoso.

La psicologa ad un certo punto però si siede accanto al ragazzo e fogli alla mano, gli chiede di spiegargli il gergo dei social, è ciò che dovrebbero fare anche i genitori per comprendere il mondo in cui i loro figli trascorrono molto tempo?

Decisamente sì, ed è qualcosa che si fa davvero poco. Gli adulti, come la psicologa fa, si dovrebbero mostrare interessati realmente e desiderosi di conoscere il linguaggio dei social dei loro figli, così da riuscire ad accompagnarli e supportarli, facendosi anche delle proprie opinioni. In questo modo si instaurerebbe un dialogo che riguardo i social manca, perché gli adulti tendono a porsi in maniera molto giudicante quando si parla dell'attività online dei figli oppure a sminuire i loro dolori. Invece bisognerebbe indagare perché per i figli un dettaglio che a noi pare insignificante è importantissimo.

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Jamie chiede di continuo alla psicologa se lei lo trova bello, se è stato bravo, cosa manifesta con queste domande?

Manifesta di non essere stato riconosciuto dal mondo adulto, desidera qualcuno di adulto che gli dica che lui vale qualcosa, dal momento che questo qualcuno non lo ha trovato in famiglia e neanche online.

È un errore da parte dei genitori rinchiudere i propri figli nelle loro camerette e pensare che lì siano al sicuro?

Certo è un errore enorme pensare che nella sua cameretta un ragazzo stia al sicuro perché tutto dipende sempre da cosa c'è in quella cameretta. Se lì dentro c'è un device collegato a internet, vuol dire che c'è anche un mondo che risponde a delle logiche adulte, che propone contenuti per adulti e che ha bisogno di maturità adulta. L'errore dei genitori di Jamie è evidente quando la sua mamma dice di aver visto la luce accesa in camera di suo figlio a notte fonda e di avergli chiesto di spegnerla, senza chiedergli cosa stesse facendo. Il ragazzo dovrebbe avere dei limiti di utilizzo dei device, o dei limiti in generale, elemento che li aiuterebbe anche a contenere la rabbia.

Le colpe dei genitori sono molte, però con una frase i due sembrano anche cercare di allontanarle da sé, guardano a loro figlia così forte e risoluta e si chiedono come abbia fatto a nascere da loro, esattamente come ha fatto Jamie, si rispondono…

Esatto perché al di là di quello che la famiglia può trasmettere c'è una forte influenza anche da parte di di quei modelli che i ragazzi incontrano nel mondo virtuale o reale. Modelli educativi su cui i genitori hanno poco controllo, e che trasmettono ai ragazzi degli insegnamenti diversi da quelli dei genitori. I due fratelli dunque hanno atteggiamenti diversi, pur essendo stati cresciuti dagli stessi genitori, forse perché la sorella ha avuto la fortuna di incontrare una vita relazionale migliore, non possiamo saperlo. Ciò che è certo è che i genitori dovrebbero indagare davvero la psiche dei loro figli, andando oltre le apparenze.

Consiglierebbe questa serie a figli e genitori?

Certo, consiglio proprio una visione condivisa a ragazzi più grandi di 14 anni e ai loro genitori. È un'occasione per comprendersi di più gli uni gli altri.

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