video suggerito
video suggerito

Perché non riusciamo a ricordare che siamo stati bambini? Uno studio svela dove finiscono i ricordi d’infanzia

Vi capita di chiedervi come mai guardando le foto d’infanzia non riusciate a ricordare con precisione il momento immortalato dallo scatto? Un team di ricercatori della Yale University sta cercando di capire come mai ci dimentichiamo l’infanzia ed è giunto alla conclusione che quei ricordi esistano, ma che una volta adulti non ricordiamo più come accedervi.
A cura di Sophia Crotti
0 CONDIVISIONI
ricordi di infanzia
Immagine di repertorio

Guardando le foto ingiallite che i nostri genitori hanno conservato per noi, ci scopriamo paciocconi, imbranati nel muovere i primi passi, incapaci di completare un pasto senza sporcarci completamente, attorniati di amici e parenti mentre spegnevamo le candeline del nostro primo compleanno. Eppure niente di quei momenti riesce a tornarci alla testa.

Cosa abbiamo provato indossando il grembiulino il primo giorno di scuola dell'infanzia e come abbiamo visto il mondo la prima volta che per fare una foto sciocca i nostri genitori ci hanno fatto indossare gli occhiali da sole? Un gruppo di scienziati dell'Università di Yale si è interrogato a riguardo, riuscendo a capire come mai proprio non è possibile ricordare l'infanzia, nonostante l'abbiamo vissuta.

É nel cervello il motivo per cui fatichiamo a ricordare l'infanzia

Una risposta alla domanda "Perché non ricordiamo con precisione momenti che abbiamo vissuto durante l'infanzia?" la scienza l'aveva già trovata, ma con uno studio i ricercatori dell'Università di Yale hanno ribaltato ogni sicurezza.

Si pensava, infatti, che gli esseri umani non riuscissero a ricordare con precisione quanto vissuto in infanzia a causa della parte del cervello responsabile di immagazzinare i ricordi, ossia l'ippocampo, il quale, essendo ancora in formazione tra infanzia e adolescenza, non riusciva proprio a codificare i ricordi dei primi anni di vita.

Sulla rivista Science i ricercatori della Yale hanno però mostrato i loro risultati, ben diversi da questa falsa credenza. Gli studiosi hanno voluto indagare a fondo l'amnesia infantile, caratterizzata da ricordi episodici, che saltano alla mente offuscati e spesso senza alcun filo logico, partendo dai primi ad avere ricordi: i neonati. Hanno quindi reclutato un gruppo di 26 bebé di età compresa tra i 4 mesi e i due anni di vita che, non essendo in grado di parlare, hanno dovuto rispondere ad alcuni stimoli. I ricercatori hanno quindi mostrato ai neonati delle immagini, di un volto nuovo, un oggetto mai visto da loro o una scena del tutto nuova, in seconda battuta agli stessi neonati è stata mostrata accanto ad un'altra immagine nuova, una già vista precedentemente. "Se un bimbo si sofferma per più tempo su un'immagine già vista, rispetto a quella accanto, con molta probabilità la sta riconoscendo come familiare" ha spiegato Nick Turk-Browne, professore di psicologia presso la Facoltà di Arti e Scienze di Yale.

Per dare una validità scientifica, e comprendere se effettivamente fosse lo sviluppo dell'ippocampo a impedire ai piccoli di ricordare, gli studiosi hanno effettuato una risonanza magnetica funzionale sui neonati svegli, per poterne misurare l'attività dell'ippocampo, mentre guardavano le immagini.

Nick Turk-Browne (a sinistra) prepara un bambino partecipante e un genitore per uno studio di risonanza magnetica infantile presso il Brain Imaging Center (ora BrainWorks) della Yale University.
Nick Turk-Browne (a sinistra) prepara un bambino partecipante e un genitore per uno studio di risonanza magnetica infantile presso il Brain Imaging Center (ora BrainWorks) della Yale University.

I piccoli in cui la parte di cervello responsabile dei ricordi lavorava più intensamente alla vista di una nuova immagine erano anche quelli più portati a fissare l'immagine più a lungo quando riappariva davanti ai propri occhi. Questo meccanismo si ripeteva identico in tutti i neonati ma con più frequenza in quelli di età maggiore o uguale ad un anno. "È evidente dunque che la memoria episodica si sviluppi più in là durante l'infanzia, attorno all'anno di vita, prima si sviluppa l'apprendimento statistico" ha spiegato Turk-Browne. Il professore ha dunque detto che ciò accade dal momento che l'apprendimento statistico è volto a catturare quelle strutture del mondo che circonda i neonati: "Si tratta del meccanismo base per imparare a parlare, a guardare, a comprendere i concetti e in quella fase della loro esistenza è molto più importante della memoria episodica, che permette di ricordare cosa hanno mangiato il giorno prima".

Dove vanno a finire i ricordi d'infanzia?

I ricercatori hanno visto che, seppur meno sviluppata, la memoria episodica, quella legata ai singoli ricordi d'infanzia si sviluppa a partire da un anno in tutti i piccoli. Dove vanno a finire allora quei ricordi? A spiegarlo è stato sempre il professor Turk-Browne:

  • i ricordi maturati durante la primissima infanzia non vengono poi raccolti in un archivio a lungo termine, quindi non durano a lungo.
  • i ricordi della prima infanzia in realtà sono ancora lì, fermi nel nostro cervello, ma una volta adulti, perdiamo la chiave di accesso a questo mondo incantato.
ricordi d'infanzia

Il professore propende per la seconda possibilità e con il suo team sta cercando di testare neonati, bambini piccoli e più grandicelli per comprendere se, guardando video amatoriali di quando erano più piccoli, riescano a ricordare quel momento dal loro punto di vista. "Dalle prime prove sembra che questi ricordi riappaiano fino a quando il bimbo è in età pre-scolare, per poi scomparire, in ogni caso noi stiamo indagando e continueremo a lungo, sono convinto che questi ricordi esistano anche nell'età adulta, solo che non sappiamo più come accedervi" ha concluso il professore.

0 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views