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Lo scrittore Matteo Bussola: “Diventare papà non toglie libertà, regala un nuovo modo di usare il tempo”

Dalla paura di perdere la libertà alla scoperta di una nuova prospettiva regalata dalla genitorialità, Matteo Bussola ha raccontato a Fanpage.it la sua esperienza di padre e scrittore, riflettendo sui pregiudizi ancora esistenti e sulla necessità di scardinarli: “Anche i papà hanno diritto a del tempo di qualità da passare con i figli”.
Intervista a Matteo Bussola
Scrittore, fumettista e conduttore radiofonico.
A cura di Niccolò De Rosa
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Matteo Bussola
Matteo Bussola

Matteo Bussola aveva immaginato per sé una vita del tutto diversa. Architetto, con un impiego stabile in Comune, single convinto, lontano dall’idea di mettere su famiglia e diventare il fumettista – nonché scrittore di successo – che è oggi. Poi l’incontro con la donna della sua vita ha cambiato ogni cosa, portandolo a scoprire l’inaspettata gioia della paternità nello stesso periodo in cui ha deciso di lasciare tutto per dedicarsi alla sua passione artistica. Da quel momento, la genitorialità, le relazioni familiari e il rapporto con i figli sono diventati non solo un’esperienza personale, ma anche alcuni dei temi più importanti delle sue opere letterarie.

Il prossimo 5 aprile Bussola parteciperà all’evento "Parola ai Padri" a Rimini per discutere di adolescenti, genitori e di come il concetto di paternità stia evolvendo e di quanto sia ancora necessario scardinare i pregiudizi che la legano a un modello ormai superato. Fanpage.it lo ha intervistato per approfondire questa trasformazione e il rapporto tra padri e figli, soprattutto nell’adolescenza, quando la presenza paterna si fa ancora più complessa e necessaria.

Oggi sembra che tutti attendano il momento giusto per fare un figlio, ma forse il momento giusto non esiste. Sei d'accordo?

Il momento giusto non esiste mai. Anzi, credo che probabilmente per fare i figli ci vorrebbe anche un briciolo di incoscienza in più. Se stai a guardare il momento perfetto, con il lavoro perfetto o la casa più adatta, quel momento non arriverà mai. Io non avevo previsto di avere figli, non era nei miei piani, soprattutto perché venivo da una narrazione della paternità profondamente sbagliata – ma purtroppo comune a molti maschi – per cui la genitorialità viene vista come qualcosa che toglie: toglie tempo, toglie risorse, toglie la libertà.

Immagine di repertorio
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E invece?

Invece un uomo che non voleva avere figli si è messo con una donna che non poteva averne (la fumettista e scrittrice Paola Barbato, ndr). E ha avuto tre meravigliose bambine. Questa cosa ha cambiato completamente i miei piani, la mia visione del mondo, la mia idea su che cosa sia un padre e ha cambiato totalmente tutte le mie priorità.

Come è cambiata la tua prospettiva sulla paternità?

La nascita delle mie figlie mi ha regalato un’eterna presenza, come se la paternità mi avesse sprofondato improvvisamente in un presente che mai avrei pensato di vivere. Anche se facciamo tanti moderni, la società cospira ancora oggi per estromettere i padri dalla vita dei figli e infatti in Italia i congedi di paternità sono di appena 10 giorni. Io sono stato fortunato perché quando è arrivata la prima figlia ho deciso di licenziarmi dal posto fisso in comune per fare i fumetti. Ho così cominciato a lavorare da casa, e questo mi ha permesso di vivere un’esperienza che molti papà lavoratori non possono assaporare…

Quale?

Essere esposto 24 su 24 ai bisogni delle mie figlie, sia quando erano molto piccoline, sia quando poi hanno cominciato ad andare a scuola. In quegli anni io ero un papà sempre disponibile per le loro domande e mentre lavoravo mi trovavo a spiegare i Fenici alla più grande mentre la piccola mi chiedeva panini con la cioccolata. Altro che togliere: la paternità mi ha dato tantissimo, a partire da un nuovo modo di ottimizzare e far fruttare il tempo che ho a disposizione.

Non percepisci in questi ultimi anni un cambiamento nella percezione del ruolo paterno?

Sarei ipocrita se dicessi di no. Per me il sintomo principale risiede nel fatto che quando accompagno una figlia a scuola adesso vedo tanti papà che fanno lo stesso. Qualche anno fa, quando andavo ai colloqui con un insegnante, di solito eravamo io, un altro padre e 49 mamme che ci guardavano come se ci fossimo persi. Però, se andiamo a grattare con il ditino dietro la vernice dorata, tante cose sono ancora ferme agli anni ‘50…

Dove persistono questi stereotipi? 

Tuttora la figura del padre viene considerata come qualcosa che può al massimo supportare, che non può essere il vero protagonista di un rapporto pieno e profondo con i figli. Se una donna incinta cambia il proprio corpo e si mostra al mondo come madre, lo stesso non avviene per i papà. I padri vivono ancora come coloro che sono utili tanto più quanto sono lontani dalla prole. D’altronde la parola matrimonio – che affonda le sue radici nella parola “madre” – è quella che esprime i concetti di stabilità relazionale, di nascita di una famiglia. Ai padri cosa rimane? Il patrimonio – derivato da pater – ossia i soldi, i beni, tutto ciò che bisogna guadagnarsi fuori, nel mondo, lontano da casa.

Immagine di repertorio
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Cosa dovrebbe cambiare nella narrazione sulla paternità?

Mai come oggi la figura andrebbe ripensata e ricollocata non tanto come quella figura che dà le regole o che impone l’autorità: va ricentrata in senso affettivo ed emotivo. Bisognerebbe capire che anche i padri hanno diritto a una presenza affettiva. Anche i papà hanno diritto alla possibilità di avere del tempo di qualità da passare con i figli. Non solo: anche gli stessi figli hanno diritto di vivere tutto questo con il loro papà.

Crescere un figlio significa anche imparare a lasciarlo andare e tu ormai sei padre di tre teenager. Come cambia il rapporto tra padre e figlio quando arriva l’adolescenza?

Si ricomincia da capo ed è quasi un tradimento per quello che c’era stato prima, quando tuo figlio ti guardava come un supereroe e voleva stare sempre con te. Il compito dell'adolescente è invece cominciare a generare una distanza rispetto alla figura del genitore perché quella distanza gli è indispensabile per crescere, per ridefinire confini, per sottrarsi allo sguardo del genitore, per generare per sé stesso delle zone di autonomia in cui, legittimamente, il ragazzo o la ragazza si permette di fare delle cose con le quali il suo genitore potrebbe non essere d'accordo. Spesso persiste questa idea nefasta che ci porta a credere che i figli vengano al mondo per piacerci. Invece penso sia esattamente l'opposto: meno i nostri figli ci piacciono, più dovrebbe essere una buona notizia, perché significa che non hanno tradito loro stessi.

Immagine di repertorio
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Qual è l’errore più grande che un genitore di un adolescente può commettere?

Far passare il messaggio che l’amore c’entri qualcosa con il merito. Oggi questa società della performance porta a vivere anche la genitorialità come un modo per validare un risultato attraverso il successo dei figli. Ma non funziona affatto così. È facile amare le persone quando fanno le cose giuste, quando rispettano il piano. È più difficile amarle quando cadono, quando falliscono, quando perdono, quando ci stanno dicendo con ogni fibra del loro essere che loro non sono e non vogliono essere come noi. Essere genitori vuol dire amare una differenza, significa rendersi conto che l'amore per i figli, in realtà, dovrebbe essere l'unico amore che spendi addirittura quando non sai se riceverai mai nulla in cambio.

C'è un consiglio che daresti a un padre che si sente insicuro nel suo ruolo?

Non ho consigli, solo riflessioni. La genitorialità non è un rapporto a senso unico, dove il genitore parla e il figlio viene educato. Essere genitori è un rapporto che prevede reciprocità, poiché anche noi impariamo tanto dai nostri ragazzi. Per rendersi conto di questo valore bisogna però ascoltarli, bisogna non sottovalutare le loro domande, bisogna non ridicolizzarli o sminuirli quando ci mettono di fronte a problemi che magari a noi possono sembrare certamente poca cosa rispetto alle complessità che che noi adulti. Ecco, questo penso sia il passo più importante. E fa niente se non lo si capisce subito. Tanto essere genitori significa anche essere destinati a fare errori.

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