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Cosa significa prendersi cura di una persona cara malata? La psicologa sulle sfide dei caregiver in famiglia

I caregiver sono persone che si prendono cura di un figlio malato, di un genitore non più autosufficiente o di un compagno che fronteggia una brutta malattia. Si pensa che queste persone non abbiano bisogno d’aiuto e invece, come ci ha spiegato la psicologa e psicoterapeuta Latella, esperta e caregiver a sua volta, hanno bisogno di essere aiutate per superare le loro paure, i sensi di colpa e la solitudine in cui la società le relega.
Intervista a Francesca Latella
Psicologa e psicoterapeuta e fondatrice del gruppo di incontri "Ricomincia da te"
A cura di Sophia Crotti
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caregiver

La nostra redazione riceve lettere e testimonianze relative a storie che riguardano la famiglia, l’essere genitori e le difficoltà che comporta prendersi cura di una persona cara malata. Se avete una storia da raccontarci, o leggendo queste parole pensate di avere vissuto una situazione simile, potete scriverci cliccando qui.

Donne, sole e piene di sensi di colpa è questa, in estrema sintesi, la descrizione di un caregiver che in famiglia si deve prendere cura di un genitore anziano, di un figlio malato o di un compagno, colpito per esempio da una malattia degenerativa.

A far luce sulla salute mentale di queste persone, che finiscono sempre per vivere in funzione del loro ruolo in famiglia sono state le parole della supermodella statunitense Emma Heming che ha commentato, attraverso un video postato sui suoi canali social, la tragica scomparsa dei coniugi Hackman.

La donna si sta prendendo cura del marito, Bruce Willis, affetto da una forma di demenza dal 2023, e ha spiegato che spesso si crede che i caregiver, proprio perché si prendono cura, stiano bene e abbiano tutto sotto controllo, quando invece non è così. Abbiamo chiesto alla psicologa e psicoterapeuta Francesca Latella, che dopo anni trascorsi a prendersi cura del suo bambino, mancato lo scorso 31 gennaio, svolgendo il ruolo di caregiver, ha fatto del dolore e della desolazione che circondando questa figura, dei temi da trattare durante i gruppi di incontro dal nome"Ricomincia da te". "C'era bisogno di una star di Hollywood per parlare delle difficoltà dei caregiver, intanto, nel silenzio a cui le istituzioni le obbligano, moltissime donne combattono le loro battaglie, dopo aver rinunciato a tutto per prendersi cura di chi un giorno non ci sarà più".

Francesca Latella, psicologa e psicoterapeuta e fondatrice del gruppo di incontri "Ricomincia da te"
Francesca Latella, psicologa e psicoterapeuta e fondatrice del gruppo di incontri "Ricomincia da te"

Dottoressa, è vero che nessuno si occupa della salute dei caregiver?

É verissimo e lo posso dire sia da terapeuta che da caregiver. La prima volta che mi sono trovata a prendermi cura di qualcuno in famiglia avevo 16 anni ed era una mia zia ad avere bisogno di me, all'epoca pensavo fosse del tutto normale stare male e provare emozioni forti e contrastanti. È stato invece diventare mamma di un bambino che aveva bisogno di assistenza quotidiana, a causa di una grave disabilità a farmi capire che davvero nessuno si occupava del benessere dei caregiver, poiché al centro c'era sempre e solo il malato.

Quali sono le sfide emotive e psicologiche che affronta chi si prende cura?

Innanzitutto vivono fortissimi fattori di stress che li portano a disconoscere la propria identità, ad un certo punto si finisce per perdere anche il proprio nome e diventare solo "il caregiver di …". Andare in terapia è essenziale per ricominciare ad amarsi nonostante la malattia della persona di cui ci si sta prendendo cura, ritrovando il proprio potere personale. Solo così la cura funziona grazie alla presenza di un equilibrio emotivo, psichico e psicofisico. Un altro problema legato ai caregiver è infatti che spesso si ammalano poiché non riescono a delegare e a ritagliarsi dello spazio per sé finendo per accumulare così tanta tensione da iniziare a soffrire di patologie psichiche, di depressione, fibromialgia o malattie autoimmuni. Il terzo problema dei caregiver, in particolare in Italia, è che sono lasciati completamente soli anche dalle istituzioni, ce lo ha dimostrato la pandemia, che ci ha lasciati chiusi in casa con i nostri figli disabili, senza alcun appoggio.

Lei tiene un gruppo di incontri per caregiver che si chiama "Ricomincia da te", in che senso chi si prende cura di un malato deve partire da sé?

Bisogna ripartire da se stesse, riprendersi in mano la propria vita, dopo la diagnosi, perché altrimenti è impensabile tenere in braccio un figlio ore e ore, avere la lucidità per ascoltare le parole dei medici, di imparare a fare le veci di un professionista tra le mura di casa e prepararsi alle lotte con le istituzioni e il senso di solitudine che ne seguiranno.

La solitudine è un sentimento centrale per i caregiver?

Sì, proprio per questo nel 2023 ho iniziato con il ciclo di incontri "Ricomincia da te", e il secondo anno mi sono occupata dell'importanza per i caregiver di costruire una rete di supporto. È proprio Emma Heming a ricordarci quanto siamo soli, perché prima che ne parlasse lei a nessuno interessava il tema dei caregiver eppure è pieno il mondo di esseri umani che passano l'intera giornata a prendersi cura di qualcuno. Questi incontri sono un luogo fisico in cui tanti genitori nella stessa condizione possono incontrarsi e possono confrontarsi sulle sfide che vivono, scoprendo che sono comuni.

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Si prova quasi un senso di colpa a chiedere aiuto quando ci si sta prendendo cura di qualcuno?

Certo, il senso di colpa è una costante, un'emozione fondante della funzione di cura, ci si sente in colpa se si è sereni, se ci si prende cura di sé mentre il proprio caro sta male. Ciò accade innanzitutto perché non ci si riesce a vedere come altro se non il curante, in secondo luogo per la solitudine. Un caregiver diventa infermiere, fisioterapista, logopedista e pediatra, senza più essere se stesso. Le coppie di genitori, per esempio, smettono di essere tali, si sentono in colpa all'idea di godersi una serata in serenità, di dedicare tempo ad un altro figlio sano presente in famiglia.

Perché i caregiver faticano a delegare?

Parlando in particolare delle madri caregiver spesso non accettano neanche che una persona gli vada a buttare la spazzatura per loro a causa di una rottura interna che la disabilità del figlio ha causato in loro.
Ci sentiamo genitori di figli "rotti" e guardare ogni giorno quel bimbo ci ricorda che siamo stati noi a dare questa vita "rotta" a nostro figlio. Da qui si instaura un senso di colpa che porta a credere che si debba vivere per lui. Lo stesso accade ai figli di genitori molto anziani, finendo per ricoprire il ruolo di genitori dei genitori a volte si sentono in colpa anche all'idea di andare a farsi una doccia.

Si tratta di persone che spesso si prendono cura di parenti che un giorno non ci saranno più, quanto è importante che inizino a ragionare sul "dopo"?

Anche il concetto del "dopo" è fondamentale quando si parla della figura del caregiver, che dovrebbe analizzare la morte sotto due punti di vista, pensando sia alla propria vita una volta che il genitore o il figlio malato non ci sarà più, che alla vita del figlio se invece è il caregiver a mancare prima. So che la paura della morte pietrifica, ho perso mio figlio lo scorso 31 gennaio, dopo 7 anni da caregiver ma bisogna pensare che la vita va avanti nonostante la morte. Quindi educhiamo i caregiver a continuare a provare piacere a essere creativi, intessere rapporti al di là della malattia, a viaggiare, a vivere. Non a caso l'ultimo tema che abbiamo trattato nel 2024 durante l'incontro "Ricomincia da te" è stato proprio quello di riprendere in mano la propria vita, i propri rapporti di amicizia e la propria felicità. Mio figlio se n'è andato in un momento della nostra vita molto sereno e questo è stato estremamente importante.

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